Il ministro Lorenzin sul referendum costituzionale: «Serve un livello assistenziale uguale per tutti. La riforma non uccide il federalismo ma lo rende vero e attuale. Non è giusto che a pagare il prezzo dell’inefficienza siano i cittadini»
Referendum costituzionale, il 4 dicembre si vota per il Sì e per il No. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ai microfoni di Sanità Informazione commenta il voto e i nuovi rapporti che si instaurerebbero, soprattutto in materia sanità, tra Stato e Regioni.
Ministro, in che modo la riforma della Costituzione cambierebbe la sanità?
«Questa Costituzione incide sulla vita di tutti. Con la riforma del titolo V, a cui si imputa da sempre la responsabilità delle problematiche in materia sanità, qualcosa cambierà. Il voto è per il nostro futuro: la scelta per un cambiamento. Riguardo la materia concorrente, cioè quando sulla stessa questione Regioni e Stato esprimono la loro opinione, si verificano veti e i contro veti che hanno finora caratterizzato il sistema sanitario almeno negli ultimi 17 anni. Con il Sì al referendum le funzioni di programmazione spetteranno in modo esclusivo allo Stato insieme alle disposizioni generali per il bene comune e la tutela della salute. Le Regioni si occuperanno, invece, di organizzazione. Le disposizioni le darà lo Stato, dettando quindi anche l’indirizzo generale per garantire l’accesso alle prestazioni in modo uguale a tutte le Regioni. Questo permetterà di assicurare lo stesso livello di qualità di assistenza. Questa dinamica, ad oggi, viene attuata con grande fatica e tutto deve sempre essere approvato d’intesa. Senza l’applicazione dei LEA, lo Stato ha pochissimi strumenti con cui intervenire per poter esercitare un diritto sostitutivo, cosa che invece potrà fare se passa la riforma costituzionale. Volendo fare un esempio concreto, se una persona ha il diabete e ce l’ha in una Regione in piano di rientro o una Regione del nord, con la riforma costituzionale ha diritto ad avere accesso allo stesso livello di prestazione, di diagnosi, di terapia, di device che potrà utilizzare ad uno stesso livello, che è un livello alto. Le Regioni virtuose e efficienti potrebbero avere delle deroghe in più. Questa non è una riforma che uccide il federalismo, ma lo rende vero, attuale. Insomma chi può fare di più può farlo, ma gli altri non devono fare di meno e il prezzo delle inefficienze non lo devono pagare i cittadini».
Nel recente appuntamento “Insieme Sì Cambia per la Sanità” a cui ha partecipato insieme al ministro dell’Interno Angelino Alfano e al ministro per gli Affari Regionali Enrico Costa, è stato messo in evidenza quanto la riforma proposta dal referendum possa incidere sul rapporto tra Stato e Regioni proprio nell’ambito sanitario.
«La maggior parte del contenzioso e delle norme che vengono impugnate per un eccesso di competenze da parte delle Regioni riguarda proprio la sanità, ma c’è anche il tema delle professioni sanitarie. Su questo tema ci sono, infatti, dei casi in cui quando in una Regione viene appunto disciplinata una professione sanitaria, non è detto che questa valga anche per le altre Regioni. Ne consegue che quella determinata professione può essere esercitata limitatamente. Questo chiaramente genera una enorme confusione. La riforma costituzionale interviene proprio su questo disordine, rendendo il percorso più agile, veloce e snello anche per semplificare la vita quotidiana dei cittadini».
Lei ha definito il Sì “un voto politico nel senso buono del termine”. Perché?
«Si tratta del voto per il nostro futuro e in questo senso è prettamente politico: è la scelta rispetto ad un cambiamento. Io spero che i cittadini sappiano bene cosa votare, bisogna leggere bene la riforma costituzionale e prendere una scelta libera ma cosciente».