«L’attività medica libero professionale è assolutamente marginale, basta colpevolizzare i camici bianchi», afferma La Torre che apre a meccanismi di controllo: «Regolamentiamo le parcelle e riorganizziamo le strutture». Il deputato Misiti (M5S): «Problema è legato a esami strumentali, non al gesto chirurgico. Serve digitalizzazione delle liste»
Tra intramoenia e liste d’attesa non c’è nessun collegamento. Lo dicono in modo chiaro i chirurghi del CIC – Collegio italiano dei chirurghi che hanno analizzato la tematica dal loro specifico punto di vista e chiedono alla politica di ascoltare le loro proposte. Il tema è di quelli che da anni divide l’opinione pubblica e su cui i medici sono decisi a tenere il punto. La discussione è ripresa dopo le recenti limitazioni alla libera professione intramuraria in Toscana e Puglia, senza dimenticare la prima bozza del Decreto Semplificazione che prevedeva “l’interruzione dell’attività libero professionale intramoenia in caso di difformità rispetto a quanto stabilito dal Piano Nazionale Liste d’Attesa ed in particolare in caso di superamento dei limiti temporali previsti per l’erogazione di prestazioni ambulatoriali e ricoveri”.
«Il dibattito è fuorviante», sottolinea a Sanità Informazione il Presidente del Collegio italiano Chirurghi Filippo La Torre: «In primis c’è una colpevolizzazione, una distorsione della figura del professionista. In secondo luogo si addebita all’attività intramoenia il prolungamento delle liste d’attesa. Terzo, si sente parlare di abolizione dell’intramoenia, anche questa è una chiacchera, non sappiamo quanto corrisponde al vero».
Tutti elementi che vanno contro la realtà dei fatti, secondo il CIC: l’attività intramoenia rappresenta solo il 6% del totale oltre ad essere un’importante introito per le Asl (più di un miliardo di euro di incassi), in parte destinati, paradossalmente, anche all’abbattimento delle liste d’attesa.
«L’attività intramoenia – continua La Torre – è un’attività assolutamente marginale, non inficia sul prolungamento delle liste d’attesa. La riorganizzazione della sanità italiana nel corso degli ultimi 20 anni ha ridotto risorse e strutture nel campo della salute. Riducendo risorse e strutture naturalmente la richiesta del cittadino, pur rimanendo uguale, diventa esuberante rispetto a quella che può essere l’offerta. Può una quota marginale dello zero virgola, che è quella dell’attività libero professionale, inficiare il prolungamento delle liste d’attesa? Non è assolutamente così. Quello che possiamo regolamentare sono i costi, i prezzi, le parcelle che i professionisti chiedono, l’impegno nella struttura e la riorganizzazione delle stesse, assegnare personale in modo tale da far sì che si riducano i tempi d’attesa: questo è un dibattito corretto».
In un documento il CIC lancia anche alcune proposte per affrontare il problema: introdurre un meccanismo premiale per le strutture ad alta attrattività per un superamento “interno” delle liste di attesa attraverso l’assegnazione di personale e un pieno utilizzo delle strutture, instaurare un meccanismo adeguato di controllo per il pieno impiego del personale e delle apparecchiature in dotazione, rivedere i carichi di lavoro del personale per singola struttura in modo da adeguarlo all’offerta. Inoltre si sottolinea la necessità di una regolamentazione nazionale dell’ALPI da prevedere nel nuovo contratto di lavoro.
Tutte proposte a cui la politica non è sorda: a raccoglierle l’onorevole Carmelo Massimo Misiti, ortopedico e deputato del Movimento Cinque Stelle che è pronto a portare un documento al governo per aiutarlo a legiferare in questo delicato ambito. «Le liste d’attesa non dipendono dall’intramoenia come alcuni sostengono – afferma Misiti – Sono più che altro legate alle richieste di esami strumentali di alta tecnologia come possono essere le risonanze magnetiche, l’ecodoppler o la colonscopia, che non sono esami legati al gesto chirurgico. Quindi non è un problema legato all’urgenza o alle branche chirurgiche ma legato più che altro alla diagnostica, quindi a tempi di attesa dovuti per lo più da una cattiva organizzazione».
Uno strumento per superare le liste d’attesa può essere la digitalizzazione, su cui punta molto il Ministro della Salute Giulia Grillo. «Abbiamo visto – sottolinea Misiti – come grazie alla digitalizzazione in Friuli Venezia Giulia non c’è nessun tipo di ritardo. Per questo il governo punta molto sulla digitalizzazione del Sistema sanitario