A un anno dalla nascita della Fondazione, tante le attività di ricerca portate avanti. Ricciardi (Comitato scientifico): «Il Paese necessita l’elaborazione delle linee guida; di fatto, la pratica clinica oggi è purtroppo molto eterogenea non solo tra regioni ma anche all’interno delle stesse aziende sanitarie locali»
La Fondazione Italia in Salute compie un anno. Ed è il presidente Federico Gelli, padre della legge sulla responsabilità professionale che porta il suo nome, a trarre un bilancio di questi primi mesi di attività a margine del convegno “Il ruolo delle linee guida: dalla pratica clinica alle aule giudiziarie” che si è svolto ieri al Senato: «Abbiamo lavorato su tanti settori di ricerca, dall’elaborazione dei Quaderni della Fondazione sui due anni dall’applicazione della Legge 24/2017 passando per gli approfondimenti nell’ambito delle sentenze di San Martino della Corte di Cassazione, con una particolare attenzione sul fronte delle linee guida in sanità e sui profili di ricerca legati all’innovazione tecnologica. In attesa degli ultimi decreti della Legge – ha precisato Gelli – ci siamo soffermati sul mondo assicurativo, con una ricerca sul mercato assicurativo nel nostro Paese».
Un’attività che Walter Ricciardi, ex presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e presidente del Comitato Scientifico della Fondazione, definisce «intensa per essere una Fondazione giovane. L’abbiamo concentrata su quella che è l’eredità che l’onorevole Gelli ha lasciato al Paese: il sistema nazionale delle linee guida. Abbiamo accertato la straordinaria necessità di elaborare le linee guida perché di fatto, la pratica clinica, oggi, configura un effetto taxi: salendo sulla vettura, al cliente può capitare di incontrare un conducente gentile e educato o, addirittura, prendere un pugno in faccia dal tassista come è capitato recentemente a Roma. Ecco, questo paradosso, applicato alla sanità, significa che alcuni pazienti hanno un’ottima assistenza e altri invece rischiano la vita e noi questo non ce lo possiamo permettere».
La pratica clinica è «purtroppo molto eterogenea non solo tra regioni ma anche all’interno delle stesse aziende sanitarie locali o anche dello stesso ospedale» ha specificato Ricciardi. Per questo, le linee guida hanno un ruolo cosi centrale: «Devono servire a sviluppare, con i professionisti sanitari, tutte quelle che sono le migliori strade per curare i pazienti; a partire dall’evidenza scientifica, unita all’esperienza dei singoli medici. Ogni paziente ha una sua storia personale – ha concluso Ricciardi -. Le linee guida non vanno “passivamente” bene per tutti, ma sono una base da cui non si può prescindere per evitare di fare errori. In un mondo in perenne e continuo mutamento, anche la medicina cambia in modo rapido e i medici non possono affidarsi solo alla propria esperienza personale che è importante, è vero, ma deve affiancarsi all’aggiornamento professionale sulle ultime novità per dare al paziente un’assistenza migliore e completa».