Il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini: «È meritorio che sia stato trovato un accordo tra Regioni e Governo». CIMO: «Il nodo reale da affrontare è il ridotto finanziamento su sanità e personale». Anaao: «È la fiera dell’ipocrisia»
Le regioni hanno approvato il nuovo Piano per la gestione delle liste d’attesa. L’intesa trovata con il Governo prevede uno stanziamento di 150 milioni per il 2019 e di cento milioni per il 2020 e 2021. «È meritorio – commenta il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini – che sia stato trovato un accordo, perché il tema dei tempi troppo lunghi per una prestazione sanitaria è un problema da provare ad aggredire. Speriamo – prosegue – che tutto quello che inizia ad essere messo in campo possa trovare una sua ragione d’essere. Siamo solo all’inizio, ma è da apprezzare il fatto che si provi a dare un’unitarietà a una sfida come questa».
IL NUOVO PIANO NAZIONALE PER LA GESTIONE DELLE LISTE D’ATTESA
È il ministero della Salute a sottolineare gli aspetti cardine del nuovo piano: le prestazioni successive al primo accesso saranno prescritte direttamente dal medico che ha preso in carico il paziente che non dovrà più tornare dal medico di famiglia per la prescrizione; i sistemi informativi aziendali e regionali potranno accedere alle agende di prenotazione delle strutture pubbliche e private accreditate, nonché a quelle dell’attività istituzionale e della libera professione intramuraria, garantendo totale trasparenza.
Ora spetta alle Regioni e alle Province Autonome di Trento e Bolzano adottare il proprio piano entro 60 giorni. «Nei Piani – prosegue il ministero – dovranno essere chiaramente garantiti e riportati i tempi massimi di attesa di tutte le prestazioni ambulatoriali e in regime di ricovero prevedendo, per esempio, l’utilizzo delle grandi apparecchiature di diagnostica per immagini per almeno l’80% della loro capacità produttiva. I direttori generali delle aziende sanitarie saranno valutati anche in base al raggiungimento degli obiettivi di salute connessi agli adempimenti dei Lea: questo significa che chi non mette l’efficienza delle liste d’attesa al primo posto del suo mandato, potrà essere rimosso dall’incarico».
IL MINISTRO DELLA SALUTE GIULIA GRILLO: «FINALMENTE TEMPI CERTI»
«Finalmente adesso avremo regole più semplici e tempi certi per le prestazioni che riportano il diritto alla Salute e quindi il cittadino al centro del sistema – commenta il ministro della Salute Giulia Grillo -. Ho già dato mandato agli uffici del ministero per attivare al più presto l’Osservatorio Nazionale sulle Liste di Attesa che avrà un ruolo determinante. Infatti, oltre ad affiancare Regioni e Province Autonome nell’implementazione del Piano, provvederà a monitorare l’andamento degli interventi previsti dal presente atto, rilevare le criticità e fornire indicazioni per uniformare comportamenti, superare le disuguaglianze e rispondere in modo puntuale ai bisogni dei cittadini», precisa Grillo.
CIMO: «IN BILICO TRA TEORIA E GIOCO DI PRESTIGIO»
«Il nuovo Piano è l’ennesimo sforzo di pura teoria che non affronta il nodo reale della questione e che, se si blocca la libera professione, aumenterà i tempi per le prestazioni». È quanto espresso dal sindacato dei medici CIMO in una nota. «Le liste di attesa – ricorda CIMO – nascono a causa dei ridotti finanziamenti sulla sanità e sul personale, che alimenta la carenza di medici specialisti a disposizione, e il concomitante aumento del fabbisogno di cure, che andrà crescendo stante il trend di invecchiamento della popolazione e l’evoluzione delle tecnologie diagnostiche».
«Se, come richiede il PNGLA, l’obiettivo è allo stesso tempo di garantire tutte le prestazioni sanitarie (in tempi accettabili) e di contenere gli oneri a carico dei bilanci delle Asl – prosegue la nota -, come CIMO ci domandiamo come possa riuscire un tale gioco di prestigio dato che l’attuale finanziamento dei LEA è del tutto insufficiente al reale fabbisogno di cure. E dato che il PNGLA prevede che ciascuna Azienda possa provvedere alla definizione di eventuali fabbisogni di personale e di tecnologie in relazione all’obiettivo della riduzione dei tempi di attesa, come potrà farlo se il limite per la spesa del personale rimane non solo bloccato a quello del 2004, ma decurtato di un ulteriore 1,4%?».
«A questo interrogativo si aggiunge quello sulla effettiva destinazione d’uso dei proventi aziendali ricavati dalla libera professione, il cui utilizzo doveva già da tempo essere funzionale a interventi per la riduzione dei tempi di attesa e non certamente a generici risparmi aziendali. Solo tra il 2010 e il 2016 le aziende hanno incassato per sé dall’esercizio della libera professione ben oltre 1,2 mld, un vero e proprio “tesoretto” con cui si sarebbe dovuto e potuto mettere seriamente mano ai problemi che l’attuale PNGLA cerca di risolvere. Eppure (guardacaso!), ad oggi non sempre si ha la rendicontazione trasparente circa l’utilizzo di tali proventi da parte delle aziende».
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ANAAO: «LA FIERA DELL’IPOCRISIA»
«Il (nuovo?) Piano Nazionale liste di attesa rappresenta un festival dell’ipocrisia», commenta Carlo Palermo, Segretario Nazionale Anaao Assomed. «Regioni e Governo si autoassolvono dalla responsabilità politica e gestionale del mantenimento e dell’allungamento delle attese, sempre più lunghe, per le prestazioni sanitarie indicando, di comune accordo, nei medici dipendenti il capro espiatorio ideale e nella loro attività libero professionale intramoenia la causa da rimuovere nel caso, non improbabile, che non si rispetti il piano delle illusioni che hanno stilato, pretendendo di definire il fabbisogno di prestazioni a prescindere dalle risorse disponibili».
«Insofferenti delle proteste dei cittadini, Governo e Regioni si auto-prescrivono la terapia miracolosa del blocco (sine die?) della attività libero professionale dei medici dipendenti in caso di sforamento (di quanto?) dei tempi di attesa massimi che hanno individuato. Contraddicendo se stessi, prevedono percorsi di tutela con il ricorso, in caso di mancato rispetto della tempistica, ad erogatori privati mentre bloccano, con la stessa motivazione, l’attività libero professionale dei medici pubblici», prosegue l’Anaao.
«Perchè, si sa, – prosegue Palermo – sono i medici pubblici a creare e mantenere le liste di attesa, per il proprio tornaconto. Non la carenza ormai strutturale di personale, non il taglio lineare di posti letto, non il mancato acquisto di dispositivi medici per l’attività chirurgica, fino alla chiusura programmata di interi reparti a fine anno, non la vetustà delle macchine diagnostiche che le tiene a lungo ferme per frequenti riparazioni».
«In questo modo le Regioni sottraggono alle loro asfittiche casse introiti pari a 1 miliardo e mezzo negli ultimi 5 anni ed ammettono il proprio fallimento organizzativo, cattivo viatico per una crescita delle autonomie. Il governo viola il suo contratto di nascita che al capitolo sanità indica la soluzione al problema in un piano assunzioni, di cui non c’è traccia in alcuno dei provvedimenti assunti. San contratto vale, evidentemente, per la Tav e le autonomie, non per le attese dei cittadini, cui si preferisce additare colpevoli piuttosto che soluzioni».