La senatrice Paola Binetti, membro della Commissione Sanità, chiede più attenzione per malati rari e persone fragili: «Urgente implementare cure domiciliari». Poi rilancia la rete di servizi territoriali: «Occorrono gli infermieri di famiglia ma anche gli altri professionisti della sanità»
Potenziamento delle cure domiciliari, assistenza ai più fragili, potenziamento del ruolo dei medici di famiglia e, in prospettiva, loro inserimento come dipendenti nel Sistema sanitario nazionale. Sono le tre linee direttrici che dovrà seguire la sanità italiana secondo la senatrice Paola Binetti del gruppo Forza Italia-Udc nella fase 2 della pandemia che deve essere un’occasione per riformare la sanità italiana. Al centro di questa visione c’è il medico di medicina generale, destinato, in questa prospettiva, ad assumere un ruolo sempre più essenziale.
«Abbiamo visto nei fatti – spiega Binetti – che il potenziamento della medicina territoriale è un obiettivo che non si può più differire. Il problema è come affrontarlo. Ci sono diverse linee che dobbiamo percorrere. Sicuramente una delle soluzioni che so perfettamente che solleva grandi consensi e grandi perplessità è quella che punta sul medico di medicina generale, partendo dalla sua specializzazione: occorre riportarla, come tutte le altre specializzazioni, nel contesto universitario che garantisca competenza clinica di prim’ordine. Sul territorio abbiamo bisogno di una competenza clinica specializzata che abbia però anche quello sguardo importante a tutte quelle implicazioni di natura socio-sanitaria, a tutte quelle implicazioni della medicina di comunità. Ripartiamo dagli MMG, dalla loro formazione, se necessario ripartiamo anche dal loro contratto e dalle condizioni in cui è inserito a pieno titolo nel Sistema sanitario nazionale. Ciò significa anche prendere in considerazione l’opzione di inserirlo come dipendente nel Sistema sanitario nazionale».
Ma per una medicina territoriale efficiente non basta il medico: «Naturalmente per l’assistenza domiciliare abbiamo bisogno anche degli infermieri di famiglia, di potenziare una rete di servizi che includa altre figure come per esempio il fisioterapista, il dietista, la figura del professionista che si occupa di riabilitazione. Abbiamo bisogno di creare una rete vera di servizi. Noi ci stiamo lavorando, ci sono diversi disegni di legge che spesso sono bipartisan. Sulla rivisitazione della formazione del medico di medicina generale ci sono vari disegni di legge oltre al mio, ce n’è uno dei M5S e uno di Fratelli d’Italia. L’esigenza di intervenire si sente».
La Binetti, da sempre vicina al mondo dei malati rari, non dimentica le ulteriori gravi difficoltà che questi pazienti stanno affrontando, così come tutti quelli che si trovano alle prese con una malattia cronica e con il pericolo del Covid-19. «Quello che ci ha insegnato questa epidemia – aggiunge Binetti – è che non è uguale per tutti perché ogni cittadino affronta l’epidemia a partire dalla proprie condizioni di salute. Chiaramente le persone più fragili, come gli anziani, ma anche le persone affette da una malattia rara che in qualche modo tocca il sistema cardio-respiratorio, si sono dovute misurare con una battaglia infinitamente più complicata di quella che non hanno dovuto combattere gli altri. I dati statistici che ci vengono forniti sono dati molto sintetici: pazienti ammalati, pazienti defunti, pazienti guariti. Ma i numeri non ci dicono del follow up dei pazienti guariti. Parlo dei sopravvissuti all’epidemia. Noi sappiamo che tra quelli che sono sopravvissuti all’epidemia (i malati rari in modo particolare) portano sulla propria pelle uno stigma molto più forte, molto più grave che inciderà anche nel tempo a venire. Non hanno messo un punto fermo alla loro patologia. Si troveranno alla fine di questa patologia a dover pagare un prezzo con gli interessi. Per questo noi chiediamo che a questi pazienti vengano garantite le migliori condizioni possibili anche in termini di assistenza domiciliare».
Per questi malati essere curati in casa può rappresentare una svolta importante. «Noi chiediamo di assistere queste persone nelle loro case con personale adeguato, comunque con un riconoscimento dei loro familiari che svolgono il ruolo di caregiver per cui possano essere davvero riconosciuti con quella serie di misure di protezione che dovrebbero riguardare i caregiver – insiste la senatrice Udc -. Dico dovrebbero perché il Ddl che li riguarda è ancora allo studio, esattamente come il disegno di legge che riguarda le malattie rare, che è al momento congelato alla Camera, come anche il Piano nazionale malattie rare, che stenta a decollare e che è ancora fermo al 2016. Non basta istituire una Commissione per garantire che quella Commissione produca dati che diventino operativi a vantaggio dei pazienti. Quindi la nostra battaglia in questo momento in cui sembra che stiamo in emersione dalla pandemia è cosa facciamo per quei malati che sono guariti ma che in qualche modo portano su di sé la condizione di fragilità che si aggiunge alla fragilità precedente».