Il Presidente dell’Ordine dei Medici della Capitale apre all’apporto dei privati nella sanità pubblica: «In un momento di crisi e di scarse risorse serve collaborare». E si dice ottimista sul contratto dei medici: «Prima o poi la quadra si trova, Ministro si sta impegnando»
Dal numero chiuso al contributo dei privati nella sanità italiana, dal rinnovo del contratto della dirigenza medica all’aumento del Fondo sanitario. Ai microfoni di Sanità Informazione parla a 360 gradi il Presidente dell’OMCeO Roma Antonio Magi: si dice ottimista sul futuro della sanità italiana e, prima di dare un giudizio alle politiche sanitarie del governo, preferisce «aspettare i fatti». Non si dice contrario all’abolizione del test di ingresso a medicina anche se prima «bisogna fare un’ottima programmazione. Noi eravamo iscritti in 12mila, siamo arrivati in 1500 a laurearci in quel corso di laurea. Non è giusto impedire già dall’inizio il sogno di un possibile medico che non sa ancora se è veramente quella la sua strada». Tra le novità introdotte nella legge di Bilancio, approvata ieri dal Consiglio dei Ministri, c’è anche abolizione del numero chiuso a Medicina.
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Presidente Magi, oggi parliamo di innovazione, anche gestionale, in sanità. Qual è il contributo che ci può essere da una partnership efficace pubblico-privato?
«In questo momento le risorse sono un po’ al lumicino, ma la sanità ha sempre necessità di averle per innovare e per potersi sviluppare nella maniera corretta perché ovviamente il progresso va avanti e anche la medicina e le attrezzature vanno avanti e hanno costi sempre maggiori. La possibilità di avere nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, ove questo non arrivasse, anche il contributo da parte di strutture esterne che possono contribuire economicamente anche a poter finanziare, ad esempio nelle sedi delle aziende sanitarie ospedaliere o territoriali, tutto ciò che può servire per migliorare la sanità. Nulla in contrario sotto l’aspetto generale. Importantissimo il fatto di collaborare tutti insieme in un momento di crisi economica: anche la partnership esterna può dare un grosso contributo. Sicuramente il cittadino ne può beneficiare».
Conosce esempi virtuosi di collaborazione pubblico-privato nell’ambito del suo Ordine?
«Non ancora. Nel Lazio c’è qualcosa che si sta cominciando a fare, ci sono alcune Asl che stanno cercando di implementare alcuni servizi, però stanno facendo molta attenzione perché essendo una cosa nuova stanno cercando di operare nel modo più corretto possibile, purtroppo così i tempi si rallentano. Quando le cose sono pubbliche vanno fatte nel migliore dei modi, il più trasparente possibile. Ancora non c’è qualcosa nel Lazio e a Roma in particolare in questo senso però si sta lavorando e penso che a breve qualcosa vedremo».
Parliamo di attualità. Cosa ne pensa della proposta di abolizione del numero chiuso a medicina?
«Quando mi sono laureato in medicina non c’era il numero chiuso. Il numero chiuso di fatto si svolgeva durante il corso degli studi. Noi eravamo iscritti in 12mila, siamo arrivati in 1500 a laurearci in quel corso di laurea. Non è giusto impedire già dall’inizio il sogno di un possibile medico che non sa ancora come potrà andare, se è veramente quella la sua strada. Impedirglielo all’inizio soltanto con dei quiz a crocette sicuramente non è positivo. Ma voglio dire che, nel momento in cui si apre questa facoltà, nel momento in cui bisogna fare una selezione, bisogna sapere poi a valle cosa c’è, nel senso che poi ci devono essere borse specialistiche adeguate, borse della medicina generale adeguate. Non possiamo lasciare i colleghi che si sono laureati a non sapere cosa fare. Bisogna fare un’ottima programmazione, speriamo che questo possa accadere. Poi nulla in contrario a togliere il numero chiuso».
C’è una battaglia per aumentare i fondi alla sanità, c’è anche chi parla di tagli. Ma in sottofondo c’è la questione del contratto dei medici: si aggira lo spettro dello sciopero. Pensa che alla fine si arriverà all’accordo?
«Io spero di sì. Per quanto riguarda la parte economica del contratto, sicuramente prima o poi la quadra si trova. Io penso che il MEF, come ogni volta, darà un miliardo in più che poi altro non è che l’indice di svalutazione, quindi in realtà senza aumentare il fondo sanitario. Però il Ministro ha detto che si sta dando da fare sotto questo aspetto, quindi speriamo bene, non solo per la questione dei contratti, ma senza un fondo sanitario adeguato c’è un problema di solidità del Servizio Sanitario intero. Io ritengo che prima o poi questi soldi escono. La cosa più bella è che stiamo discutendo di queste cose ma sono veramente spicci. Uno Stato non può non avere queste risorse da dare alla sanità che è un bene fondamentale, specie in questo momento in cui c’è crisi economica e i cittadini hanno necessità: c’è gente che non ha veramente la possibilità economica per curarsi. Penalizzare proprio in questo momento di crisi il Servizio sanitario sarebbe grave, ma dobbiamo vedere. Quello che contano sono i fatti, non le parole».