L’ematologo, alla guida del dicastero della Salute dal 2001 al 2005, punta il dito contro le regioni: «Non si sono dimostrate all’altezza». E aggiunge: «Errore la chiusura del CCM che avrebbe dovuto elaborare un piano pandemico, sconsiderati i tagli lineari in sanità». Poi attacca: «Sulla comunicazione dell’emergenza in tv tragica baraonda»
«Il Sistema sanitario è stato indebolito da dieci anni di tagli lineari sconsiderati sulla sanità. Quello di oggi è il risultato di queste politiche». È tranchant il giudizio dell’ex Ministro della Salute Girolamo Sirchia, passato alla storia come ‘padre’ della legge anti-fumo che ha vietato le sigarette nei locali aperti al pubblico.
Oggi, dall’alto della sua lunga esperienza a Lungotevere Ripa (è stato Ministro dal 2001 al 2005), guarda con preoccupazione alle difficoltà che il Sistema sanitario sta incontrando nell’affrontare il Covid. E punta il dito, oltre che contro i tagli, anche contro la regionalizzazione della sanità: «Forse abbiamo sbagliato a dare alle regioni tutta questa autonomia, non la meritavano perché non si sono dimostrate all’altezza – spiega Sirchia -. Un conto è l’autonomia amministrativa, un conto è essere Stati indipendenti che inventano modelli sanitari. Ci siamo trovati al ridicolo per cui lo Stato dice una cosa, le regioni vanno contro lo Stato, i comuni vanno contro le regioni. Il caos totale. Credo che questo vada fortemente ripensato e tutte le ambizioni di questi signori debbano essere ricondotte nell’alveo del buon senso e dell’interesse primario dei malati e non della politica».
La stagione dei tagli lineari ha purtroppo avuto un impatto importante anche sull’emergenza Covid. «Ad un certo punto – racconta l’ex Ministro – sembrava quasi che la causa di tutti i mali economici della nazione fossero la scuola e la sanità che sono state sacrificate sempre di più. Ricordo che ci siamo trovati senza medici perché era stato pensato che anche il turnover non dovesse essere coperto interamente ma parzialmente. I medici andavano in pensione ma non venivano rimpiazzati tutti. Questa storia è andata avanti per anni e a un certo punto siamo rimasti senza medici. La sconsideratezza di questa gente è stata enorme».
Il Covid-19 ha fatto inesorabilmente emergere le difficoltà di un sistema fortemente indebolito. «È mancato un piano epidemiologico – continua Sirchia -, ci siamo dimenticati che le epidemie ritornano puntualmente. Abbiamo fatto fuori la struttura che era stata creata, il Centro di Controllo delle Malattie, sempre collegato con il resto del mondo, che potesse fare risk assessment, fare la valutazione dei rischi delle epidemie che si generano continuamente, elaborare piani di contrasto, puntuali e dettagliati. Ignorando la ben nota affermazione che “non sappiamo quando, ma sappiamo per certo che una pandemia grave si presenterà nel futuro”, il Ministero ha smantellato il Centro, forse per motivi economici, in analogia a quanto hanno fatto molte Nazioni europee, specie la Gran Bretagna», rincara la dose l’ex Ministro.
La pandemia da Covid-19 ha fatto emergere il vero punto debole del sistema, la medicina territoriale. E per Sirchia ci sono alcuni punti da cui partire per ristrutturarla: «La cosa che manca è un luogo sempre aperto che può essere un ospedale di prossimità, una Casa della Salute o analoga struttura, un punto di riferimento per il territorio sempre disponibile. Perché i medici di famiglia non sono sempre disponibili e il malato si sente abbandonato. Questi luoghi sempre aperti dovrebbero anche ospitare le USCA, la continuità assistenziale protetta, che abbiano anche però degli strumenti portatili perché se vanno a casa del malato e non hanno possibilità di capire se hanno una polmonite serve a poco».
Fondamentale anche il ruolo dei medici di Medicina Generale che «devono rapportarsi sempre con il malato, con l’USCA e la Casa della Salute attraverso telemedicina e teleconferenza». Ma per Sirchia il regime di convenzione non è adatto a questo meccanismo. «Non mi convince – commenta -. Gli MMG tengono molto a rimanere nella convenzione: si può anche pensare che nello studio singolo il medico sia un convenzionato ma nelle strutture come la Casa della Salute debba essere un dipendente. In tutti i casi è fondamentale che la struttura territoriale rappresenti l’equivalente del reparto ospedaliero, con la carriera, un medico senior e uno junior che abbiano trattamenti economici differenziati. Devono essere dei dipendenti».
Secondo Sirchia un altro punto essenziale nell’affrontare l’emergenza è stata la mancanza di strutture dedicate esclusivamente al Covid con un triage preventivo che indirizzasse il paziente verso queste o verso quelle no Covid. «Avrebbe evitato la contaminazione di pazienti e operatori», spiega l’ex Ministro.
Sirchia ha poi voluto riservare una stoccata alla comunicazione “pandemica” e ai colleghi troppo spesso in tv: «La comunicazione istituzionale è stata drammatica. Hanno parlato sempre persone diverse. Ci sono stati degli spettacoli televisivi. È stato devastante per la popolazione che non ha capito più cosa dovesse fare. La gente era spaesata. Arrivare a questo punto è demenziale. La comunicazione è la cosa più importante da fare. C’è stata una tragica baraonda».
Infine arriva la sua previsione sulla pandemia: «Aprire le scuole è stato un errore. Comunque se a Natale faremo come questa estate sarà inevitabile una terza ondata a febbraio».
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