Con il sottosegretario alla Salute del governo Draghi Pierpaolo Sileri analizziamo il governo Draghi, quello che verrà e le armi per risolvere la carenza di medici e professionisti sanitari che ancora permane
Viceministro della Salute dal 13 settembre 2019 al 13 febbraio 2021 durante il governo Conte II e sottosegretario alla Salute durante il governo Draghi che volge al termine. Pierpaolo Sileri è un chirurgo, un accademico e un senatore, che lascia ora il Ministero della Salute che per tre anni è stata la sua casa.
Sanità Informazione lo ha incontrato per costruire un bilancio di quelli che probabilmente sono stati i tre anni più difficili per il Ministero della Salute da molto tempo a questa parte. Anni fatti di scelte sofferte, obblighi vaccinali, green pass, impegno straordinario per salvare la popolazione italiana da una minaccia tanto inattesa quanto temibile.
Gli abbiamo chiesto se si è pentito di qualcuna delle misure adottate in emergenza, se rifarebbe tutto allo stesso modo con la consapevolezza di oggi. «Rifarei tutto quello che ho fatto senza cambiare una virgola – risponde con sicurezza ai nostri microfoni -, ma questo è già abbastanza assodato come negli scorsi 35 anni della mia vita. Quello che abbiamo fatto in questi 3 anni, di cui più di 2 occupati dalla pandemia, credo che sia sotto gli occhi di tutti».
«Chiaro che oggi c’è chi cavalca campagna elettorale su green pass e obbligo vaccinale – aggiunge – ma è anacronismo allo stato puro perché oggi non c’è nessuno dei due. Tutto ciò che abbiamo dovuto fare in un momento emergenziale non ha più ragione di esistere. Quello che abbiamo fatto è stato un lavoro molto duro: un lavoro che è diventato sempre più di squadra tra governo centrale e Regioni, portando l’Italia fuori dalla pandemia. Con dei risultati e con un libro su una gestione che nessun paese del mondo conosceva e che abbiamo progressivamente scritto. Noi come anche gli altri paesi europei, ma direi che l’impeto con la quale la pandemia si è presentata in Italia ha fatto sì che alcune decisioni siano state prese dall’Italia in primis rispetto ad altri paesi occidentali, rivelandosi poi vincenti».
In totale 177 mila morti di Covid in Italia, cresciuti a dismisura e poi scesi progressivamente nel 2021 con l’arrivo dei vaccini. Un’operazione gestita dai tecnici di Draghi, quella della vaccinazione universale, che ha portato a 141 milioni di dosi somministrate con due richiami e il terzo in corso. L’approvazione del Parlamento sembrava incondizionata e il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza realizzato con i fondi UE pareva aprire la strada a un nuovo assetto della sanità, basato sulla rinascita del territorio.
Poi, complice la guerra in Ucraina e l’arrivo di una crisi energetica senza precedenti, la fiducia nel governo Draghi è venuta meno e la caduta è divenuta l’unico risvolto possibile. Il 25 settembre ci saranno le votazioni, Sileri si augura di poter istaurare un rapporto di continuità.
«È giusto che si vada al voto – spiega – quando non c’è più una maggioranza e, nonostante io sia uno che ha creduto moltissimo nel governo Draghi, è giusto che ora la parola torni agli elettori. È chiaro che qualunque governo arriverà sarà espressione del sentire del popolo italiano. Quello che mi auguro è che chi verrà, indipendentemente dal colore politico sebbene i sondaggi già indichino una strada, sarà in grado di ascoltare chi c’è stato prima, come succede quando si avvicenda un governo. Solo così il passaggio di consegne sarà più efficace. Non c’è possibilità di migliorare se non conosci gli ingredienti precedenti».
In questi anni si è cercato di mettere riparo ad una mancanza che si è dimostrata gravissima durante la pandemia. La carenza strutturale di medici e personale sanitario ha mostrato tutta la sua violenza con turni infiniti e disturbi da stress post-traumatico nei tanti “eroi” che hanno curato i malati negli ospedali. Ministero della Salute e dell’Università hanno lavorato insieme per ampliare la platea di nuovi iscritti alla facoltà di Medicina e Professioni sanitarie. Gli effetti tuttavia, si vedranno tra 10 anni. Ad oggi, il Sistema sanitario nazionale chiede un aiuto più concreto.
«Andrebbe visto non tanto chi entra nel SSN ma quanti ne escono, dire che mancano i medici senza dire che a valle bisogna sistemare: l’imbuto formativo in maniera progressiva, le condizioni della donna in sanità in maniera completa, i salari per determinate branche, fare un arbitrato della salute per limitare il contenzioso medico-legale e tutelare il mio personale sanitario, serve a poco. Si può anche aprire medicina a tutti: continueranno a mancare i medici nel SSN perché le persone non saranno motivate».
«Attenzione a fare i conti del fabbisogno sul numero di medici abilitati, – prosegue – perché esserlo non significa lavorare nel SSN. Se non investiamo sul patrimonio della forza lavoro che abbiamo mancherà sempre qualcosa. Tanti scelgono di andare all’estero o spostarsi nel privato per garantire a sé stessi una qualità migliore della vita».
Il nuovo governo avrà il difficile compito di affrontare il problema. Il senatore Sileri, invece, cosa farà?
«Torno a fare il mio lavoro insieme ai miei colleghi medici e infermieri in sala operatoria e in corsia – dice – con turni di notte e in Pronto Soccorso. Torno al mio splendido lavoro, mancano i medici per altro, no? Ecco ne hanno uno in più adesso».
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