«Abbiamo bisogno sempre di una maggiore specializzazione e anche di una capacità di intercettare i cambiamenti tecnologici», sottolinea a Sanità Informazione l’ex ministro della Salute, oggi deputato, che sarà tra i protagonisti dell’evento celebrativo del 26 febbraio sulla Legge 42 del 1999
La ‘lunga marcia’ delle professioni sanitarie verso il pieno riconoscimento ha vissuto una tappa fondamentale con la legge 3 del 2018, che ha creato gli Ordini dei biologi, delle professioni infermieristiche, della professione di ostetrica, dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. La legge, che ha avuto una gestazione molto lunga, prende il nome dall’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che il 26 febbraio sarà uno dei relatori dell’evento “Dalla legge 42/99 alla legge 3/18: un ciclo legislativo della riforma delle professioni sanitarie, una meravigliosa avventura che continua…”, che si svolgerà alla Camera dei deputati. «Uno degli obiettivi dell’Ordine è porre rimedio ad una grande piaga italiana che è l’abusivismo professionale che è terribile in tutte le materie ma quando riguarda la salute mette veramente a rischio l’incolumità delle persone» sottolinea a Sanità Informazione l’ex titolare della Salute che poi vede nella formazione e nell’aggiornamento tecnologico una delle principali sfide per il futuro del mondo delle professioni sanitarie.
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Onorevole, un anno fa veniva promulgata la legge 3 del 2018 istitutiva del Maxi Ordine delle professioni sanitarie. Quanto è importante che si sia chiuso questo ciclo e si sia creato l’Ordine?
«È importantissimo perché l’obiettivo della legge che porta il mio nome era multiplo. Da un lato era quello di dare un percorso certo di formazione e di riconoscimento della formazione ottenuta dagli operatori sanitari all’interno di organizzazioni che fossero più moderne, più ampie e riconoscessero le nuove professioni che nel frattempo sono nate e cresciute nel nostro Paese. E dall’altro lato permettere ai cittadini di avere un rapporto certificato e riconosciuto con gli Ordini professionali evitando una grande piaga italiana che è l’abusivismo professionale che è terribile in tutte le materie ma quando riguarda la salute mette veramente a rischio l’incolumità delle persone. Evitare dunque che ci fossero operatori di serie A, operatori di serie B e operatori ‘barzotti’, che non avevano oggettivamente una certificazione di qualità rispetto alla propria professione. Inoltre la costituzione di nuovi ordini o di collegi permette anche una autodisciplina e quindi l’esercizio di quelle prassi deontologiche importantissime per la gestione di quello che è un mondo intermedio come quello delle professioni sanitarie. Ma vale anche per medici e infermieri. Quindi la possibilità di esercitare la formazione e i processi di controllo interno che lo Stato non potrà mai fare come può fare invece l’Ordine. Purtroppo devo dire che l’emendamento che è passato a dicembre mette a serio rischio questo lavoro che ricordo è stato un lavoro lunghissimo, mediato sia alla Camera che al Senato con i parlamentari e con tutte le associazioni di riferimento perché riapre le porte all’abusivismo perché uno degli elementi principali di questa norma era quello di combattere l’abusivismo professionale. Abbiamo sentito tante promesse, che si sarebbe messa una toppa a questo errore ma non le vedo al momento. Vedo invece procedere ad una specie di deregulation che è esattamente l’opposto di quello che abbiamo cercato di fare con l’istituzione di questa legge».
L’Ordine ormai è una realtà, le stime dicono che oltre il 70% dei professionisti si sono già iscritti. Quali sono ora le sfide per il futuro dei professionisti sanitari?
«Le sfide sono assolutamente quelle della formazione professionale e quello di intercettare i cambiamenti. Noi abbiamo bisogno sempre di una maggiore specializzazione e anche di una capacità di intercettare i cambiamenti tecnologici anche con le nuove tecnologie che nasceranno. Quindi è il dinamismo, intervenire sui processi formativi, sulla selezione meritocratica e anche sul controllo perché gli Ordini hanno proprio questa funzione: quella di esercitare il controllo deontologico all’interno dei propri iscritti e questo è importantissimo perché è una funzione che gli viene riconosciuta proprio dall’essere Ordine».