Il Segretario del Sindacato dei Dirigenti Medici commenta le risorse stanziate per la sanità nella bozza del Recovery Plan: «Per interventi strutturali, finanziamento nuovi contratti e informatizzazione ne sarebbero serviti almeno 50». Anche il Ministro Speranza si dice deluso
Il 4,3% delle risorse del programma europeo Next Generation riservate alla sanità italiana corrisponde ad un investimento «troppo basso rispetto alle nostre esigenze» e rappresentano un «fatto grave» ma non «inatteso». Almeno per quanto riguarda Anaao-Assomed che «ha da subito, ma invano, chiesto i 37 miliardi del MES, temendo che nella ripartizione del fondo generale la sanità pubblica avrebbe fatto, tra tanti vasi di ferro, il vaso di coccio, cui destinare le briciole, se non gli avanzi».
«Rispetto ai 68 miliardi di cui parlava il Ministro Speranza – spiega ai nostri microfoni Carlo Palermo, Segretario Anaao-Assomed – ce ne saremmo aspettati una cinquantina. Ma nove miliardi su oltre 200 sono veramente poca cosa». Ed in effetti anche lo stesso Speranza è rimasto deluso dalla bozza del Recovery Plan e ha promesso che si farà sentire.
Ma perché è stato previsto uno stanziamento considerato così basso? «Non so se ci sono altre partite in ballo che non possono essere dichiarate – spiega Palermo –. Abbiamo in campo anche la possibilità del MES e non so se qualcuno pensa di recuperare risorse con questo strumento. Forse sarebbe stato meglio fare il contrario, ovvero prendere le risorse del MES e poi dare più disponibilità agli altri settori. In ogni caso – continua il Segretario di Anaao-Assomed –, ci troviamo di fronte ad una chiara sottovalutazione della gravità della situazione perché abbiamo bisogno di risorse anche per evitare una terza ondata della pandemia. Considerato che abbiamo la mortalità più alta d’Europa, se vogliamo puntare al primato mondiale la strada è questa, non c’è che dire».
Il piano previsto dal Ministro della Salute, che prevedeva quantità di risorse molto più ingenti per innovare e ammodernare la sanità in una prospettiva lungimirante, secondo Palermo «andava proprio in questa direzione: abbiamo visto le difficoltà avute nell’operare in strutture a volte fatiscenti o non a norma, anche dal punto di vista antisismico. La mancata separazione del percorso infetto da quello pulito, ad esempio, è stata una delle responsabili della gravità della pandemia. Per non parlare poi dell’innovazione tecnologica, dell’informatizzazione, della necessità di alzare gli stipendi del personale sanitario che è inferiore, al lordo, del 40% annuo rispetto al resto d’Europa. Ci sono tante cose da fare, insomma, anche per contrastare la concorrenza da parte degli altri Paesi europei, visto che mancheranno in Europa circa 230mila specialisti e i nostri professionisti andranno a lavorare laddove troveranno condizioni migliori».
Altro intervento da effettuare, e per il quale ovviamente servono risorse ad hoc (circa 1 miliardo e 300mila euro), è quello di «finanziare i contratti necessari per assorbire l’imbuto formativo: servono 12mila nuovi contratti tra il 2021 e il 2022 per garantire il flusso degli specialisti».
Insomma, per risanare la sanità nove miliardi non bastano ma ne servirebbero circa «otto o nove all’anno. Basterebbe fuggire da ogni ritrosia ideologica e attivare il MES – conclude Palermo –: avremmo 37 miliardi senza sottrarre risorse agli altri settori».
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