Il capogruppo pentastellato in commissione Affari sociali boccia le politiche sulla sanità del governo Meloni: «Continua definanziamento, almeno 8% del PIL vada a spesa sanitaria». E contesta il numero chiuso a Medicina
Cancellazione del tetto di spesa per il personale, più investimenti in prevenzione e revisione del numero chiuso alla Facoltà di Medicina. Sono queste alcune delle ricette per la sanità lanciate dal capogruppo del MoVimento 5 stelle in commissione Affari sociali alla Camera Andrea Quartini in una intervista a Sanità Informazione all’indomani dell’approvazione a Montecitorio di una mozione di maggioranza ed a parte dei dispositivi delle mozioni presentate dalle opposizioni sulle iniziative per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in cui si fa riferimento a investimenti per il potenziamento degli ospedali, l’assistenza domiciliare estesa, le case e gli ospedali della comunità, le spese per il personale, gli eventuali risparmi legati alla riorganizzazione e al miglioramento dell’efficienza e dell’appropriatezza, il costo dell’assistenza domiciliare.
Ma Quartini, da medico gastroenterologo, punta molto anche sulla prevenzione per cui chiede che si investa almeno il 10% della spesa sanitaria: «Il grosso dei decessi per Covid è arrivato in combinazione con le malattie croniche che per lo più sono causate da scorretti stili di vita» ha spiegato l’onorevole pentastellato.
«Sulla sanità non hanno fatto niente se non proseguire nel definanziamento. Se pensiamo che hanno messo in legge di bilancio due miliardi e 100 milioni che servono per compensare la maggior spesa energetica. Poi 600 milioni sono per la campagna vaccinale e 150 milioni per le farmacie. In sostanza assistiamo a un definanziamento ulteriore della sanità. Se noi mettiamo dentro questo meccanismo l’inflazione, siamo a zero. Le prospettive dicono che nel giro di tre anni la percentuale di PIL destinato al Fondo sanitario nazionale sarà del 6,1%. Il 6,5% è il discrimine del sottofinanziamento. Noi abbiamo fatto una richiesta specifica, cioè che il Pil destinato alla sanità sia almeno nella media europea, non inferiore all’8%. Questo potrebbe consentire nel lungo periodo di rimediare a una serie di problemi che abbiamo. L’ultimo episodio è la sofferenza nei Pronto soccorso. Noi abbiamo medici, infermieri e Oss che lavorano giorno e notte con abnegazione: è grazie a loro che regge il sistema».
Uno dei grandi problemi della sanità è la carenza di personale. Il numero chiuso a Medicina ha avuto un impatto negativo?
«C’è stato un errore madornale nell’ambito della programmazione del numero dei medici di cui avevamo bisogno. Non si capisce per quale ragione abbiamo ostinatamente percorso la strada del numero chiuso senza fare una programmazione reale. Non è solo un problema di accesso a Medicina ma anche di scuole di specializzazione perché dalla legge 502 in poi non esistono più gli assistenti, gli aiuti e i primari: esistono solo dirigenti medici. E nella medicina generale abbiamo visto lo stesso problema. È stata sbagliata tutta la programmazione. Il numero chiuso ha comportato un aumento dell’età media dei medici che lavorano nei vari servizi ed è servito a chi voleva contenere le spese e voleva privatizzare la sanità».
Qual è la ricetta?
«La destra ha sempre teso a privatizzare, come in Lombardia, la sinistra ha inteso fare un lavoro di contenimento delle spese. In tutti i due casi ci siamo dimenticati che la spesa sanitaria non è un costo ma un investimento: se si investono mille euro in sanità se ne ricavano 1380 in termini di capacità di indotto e di capacità di spesa delle famiglie. Noi siamo per una strategia keynesiana».
È stata approvata anche la vostra mozione sul SSN alla Camera. Qual è la prima cosa da fare?
«Sicuramente togliere il tetto all’assunzione del personale. La seconda cosa da fare è far lavorare bene il territorio. Le Case di Comunità non possono rimanere cattedrali nel deserto e pi va potenziata l’assistenza domiciliare. Queste strutture devono lavorare h24 ed essere il primo filtro ai Pronto soccorso che non ce la fanno più. La terza cosa è che vanno rivisti gli standard ospedalieri rispetto al numero di posti letto. L’imbuto che si verifica nel Pronto soccorso è la difficoltà che i reparti hanno nell’accogliere i malati urgenti. Insopportabile che ci sia gente sulle barelle per giorni».
«Se ne fa troppo poca. Abbiamo chiesto a più riprese che si investisse almeno il 10% della spesa sanitaria in prevenzione. Oggi conteremmo meno morti da Covid se avessimo fatto prevenzione sui fattori di rischio più importanti. The Lancet ha parlato di sindemia, di combinazione tra malattie croniche e virus. Il grosso dei decessi per Covid è arrivato in combinazione con le malattie croniche che per lo più sono causate da scorretti stili di vita come il fumo di sigaretta, il consumo di bevande alcoliche, il sovrappeso su cui si può intervenire con campagne di prevenzione. I sette big killer uccidono 37 milioni di persone in Europa, di cui ben 24 milioni sono prima dei 75 anni, quindi sono morti premature. Riduzione del fumo di sigaretta, controllo dell’ipertensione, consumo di sale, consumo di bevande alcoliche, diabete, obesità, colesterolo, bisogna lavorare su questo. Partiamo dalle scuole e dalle famiglie: bisogna educare prima gli adulti dei bambini».
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