«Come medici di Medicina Generale abbiamo saputo dimostrare in questi mesi di emergenza pandemica il coraggio di presentarci in prima linea quando il virus era ancora sconosciuto». Poi rilancia: «Si studi medicina generale all’università»
A breve anche i medici di famiglia potranno effettuare i tamponi rapidi per il Covid-19 ai loro assistiti e nelle Case della Salute. E la deputata del M5S Rosa Menga, studentessa al Corso di formazione in Medicina Generale, promuove la scelta di coinvolgere i medici nel processo di ‘testing’.
«È un’opportunità da non lasciarsi sfuggire perché come medici di Medicina Generale abbiamo saputo dimostrare in questi mesi di emergenza pandemica il coraggio di presentarci in prima linea quando il virus era ancora sconosciuto e non si avevano armi a sufficienza per combatterlo» sottolinea a Sanità Informazione Menga che insiste sulla necessità di tutelare i medici che comunque andranno a compiere un’operazione non priva di rischi.
«C’è stato davvero un sacrificio dell’intera categoria che per alcuni purtroppo ha comportato la perdita della vita a causa del virus – prosegue -. Questo coraggio va adeguatamente ricompensato e abbiamo appreso, con l’interpellanza che abbiamo presentato la scorsa settimana, della conclusione della gara per l’acquisto dei tamponi rapidi che saranno distribuiti anche all’interno degli studi dei MMG e dei pediatri di libera scelta».
«Questa – continua Menga – dev’essere una opportunità da mettere al servizio di tutti i cittadini con le tutele necessarie. Non si tratta di una semplice gratificazione economica perché i medici di Medicina Generale e i pediatri di libera scelta non hanno bisogno che gli si riconosca soltanto un compenso economico per quest’ulteriore sforzo. Hanno bisogno soprattutto di essere tutelati perché nella prima fase di questa emergenza non lo sono stati a sufficienza. Non hanno ricevuto, a causa del loro inquadramento come liberi professionisti in convenzione, i kit di sicurezza, i dpi, e non hanno tutt’ora le opportune tutele assicurative qualora dovessero contrarre il virus sul posto di lavoro».
La giovane deputata pentastellata sottolinea la necessità di «ripensare la medicina del territorio» che dev’essere sempre di più «una medicina di prossimità e anche di connessione».
E parlando delle sofferenze della sanità di fronte alla seconda ondata pandemica, Menga individua uno dei problemi nella poca comunicazione tra ospedale e territorio: «Quello che probabilmente non ha funzionato – spiega – è l’implementazione di un modello di comunicazione tra le due reti dell’assistenza, quella territoriale e quella ospedaliera. Spesso vengono viste come due realtà estranee, addirittura in contrapposizione. Si pensa quasi che nel nostro agire politico se si difende l’una si sta attaccando l’altra e viceversa. In realtà sono due forme di assistenza che devono potersi aiutare e soprattutto parlare».
«Lo scambio di informazioni, il contact tracing precoce, la presa in carico precoce dei pazienti, soprattutto di quelli che sono rimasti a domicilio giorni e giorni in attesa dei tamponi, non è stata rapida quanto sarebbe stato necessario. Questo perché i due sistemi non si parlano o addirittura, anche all’interno delle realtà territoriali, è difficile per i MMG avere notizie dai dipartimenti di igiene e prevenzione circa i tamponi effettuati per i loro stessi assistiti. È per questo che forse bisogna intervenire con ulteriori risorse economiche ma soprattutto incrementare il personale per non lasciare i nostri professionisti allo stremo delle loro forze».
Infine, Menga interviene sul tema della trasformazione del Corso di Formazione in Medicina Generale, che ormai in tanti chiedono sia sempre più un vero e proprio Corso di specializzazione: «La medicina generale deve considerarsi come una specializzazione a tutti gli effetti – spiega la deputata M5S -. Il MMG non è quello che sa di tutto un po’ e quindi non sa bene nulla: ha delle sue competenze specifiche, ha un ruolo cruciale nella presa in carico, nell’individuazione precoce delle patologie croniche, delle patologie tumorali. Ha un ruolo nella campagna vaccinale e lo stiamo riscoprendo quest’anno. Ha delle competenze specialistiche a tutti gli effetti e pari dignità rispetto agli altri specialisti. Non soltanto sul piano contrattuale».
«Per questo – conclude – sono assolutamente a favore di una trasformazione del corso di formazione in una specializzazione ma soprattutto dell’inserimento dell’insegnamento della medicina generale all’interno di tutte le facoltà universitarie. Al livello dei programmi didattici spesso viene trascurato e senza delle cattedre e dei docenti idonei sarebbe difficile pensare di istituire una Scuola di specializzazione dal nulla».