I giovani non vogliono fare i chirurghi perché demotivati dai rischi professionali e dalle conseguenze giuridiche. Questa la fotografia che emerge dall’intervista a Paolo De Paolis, presidente della Società Italiana di Chirurgia
Nonostante un Sistema sanitario tra i migliori al mondo, una formazione accademica in medicina tra le più virtuose e ricercatori con pedigree invidiabile, in Italia sono sempre meno i giovani che desiderano indossare il camice bianco soprattutto in sala chirurgica. «I chirurghi sono sempre meno e questo purtroppo è un dato di fatto», commenta Paolo De Paolis, presidente della Società Italiana di Chirurgia intervistato in occasione del convegno “Diventare chirurgo generale oggi: una scelta difficile” presso la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro del Senato.
Trent’anni di esperienza, oltre 5mila interventi, il presidente della SIC, attualmente direttore di Chirurgia generale d’urgenza all’Ospedale Molinette di Torino, spiega che il numero di chirurghi è in diminuzione «perché gravati, oggi più di ieri, da grandi rischi professionali con importanti risvolti dal punto di vista del contenzioso medico legale».
Una professione difficile che comporta rischi enormi: «Se poi l’ambito lavorativo diventa sempre più difficoltoso, allontana prima di tutto i giovani – osserva de Paolis -. Peccato, si tratta di un’esperienza straordinaria e professionale seppur difficile e complessa», aggiunge rammaricato.
«Sono decisamente troppi i contenziosi che oggi minano questa professione così meravigliosa». Ed è proprio per l’alta percentuale di contese legali che varie realtà nell’ambito sanitario stanno mobilitandosi per porre un freno alla tendenza, sempre più preoccupante, di tentare le vie legali per chiedere risarcimento anche quando non occorrerebbe: «Si tratta di strumenti utili, anzi necessari per combattere questa inclinazione», sottolinea il presidente.
A questo proposito ha destato l’attenzione dell’opinione pubblica, raccogliendo decine di migliaia di firme, la petizione online su change.org che sostiene l’idea di un Tribunale della Salute, una camera di compensazione che induca l’abbandono delle aule di giustizia per anteporre il confronto pacifico e risolutivo. «Questa iniziativa -commenta De Paolis -, cerca di ovviare al problema che necessita di una soluzione urgente».
Certamente «il riconoscimento delle capacità del chirurgo, al di sopra di qualsiasi questione, è l’aspetto più importante. Ci tengo a ribadire che il paziente deve avere piena fiducia nel professionista sanitario, questo è il primo passo da compiere. Certo è – conclude -, che queste iniziative possono aiutare a stabilire un clima pacifico, obiettivo che già la legge Gelli ha tentato di perseguire».