Castamagna (gastroenterologo): “Anche i dati nazionali mostrano la necessità di incrementare la prevenzione. Un semplice esame del sangue occulto nelle feci potrebbe prevenire una malattia che, se diagnostica in ritardo, può essere mortale”
Se in Italia quasi il 30% (per la precisione il 28,23%) della popolazione si sottopone allo screening per il tumore del colon-retto, in Calabria la percentuale è drasticamente più bassa: fa prevenzione il 2,72% dei cittadini. Non va meglio nemmeno per il tumore alla cervice uterina: il tasso di partecipazione ai controlli in Calabria si ferma al 12,29%, contro il 41,23% italiano. Per quanto riguarda la mammella siamo all’8,61% nella punta dello Stivale a fronte del 43,1% nel Bel Paese. Alla luce di questi dati, non sorprende dunque, se l’evento ‘Prevenzione del cancro del colon-retto: uniti per la salute di tutti’ sia stato ospitato proprio in Calabria, con il patrocinio regionale. Dai dati, presentati dalla Fondazione Gimbe, emerge una realtà davvero preoccupante: in Calabria non sono stati identificati quasi il 96% dei carcinomi (13 diagnosticati su 301 diagnosticabili) e degli adenomi avanzati (64 diagnosticati su 1.507 diagnosticabili). Tirando le somme, mentre in Italia, dal 2005 al 2011, la mortalità per tumore al colon-retto è calata in media del 25%, con punte del 45%, in Calabria, secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, è rimasta stabile.
“In Calabria l’adesione agli screening del cancro colore rettale è davvero esigua, ma anche i dati nazionali mostrano la necessità di incrementare la prevenzione. Un semplice esame del sangue occulto nelle feci potrebbe prevenire una malattia che, se diagnostica in ritardo, può essere mortale”, spiega Guido Costamagna, direttore del Centro di malattie gastrointestinali presso l’Ospedale Isola Tiberina-Gemelli, in un’intervista a Sanità Informazione, a margine dell’iniziativa. Un’altra importante arma di prevenzione è la colonscopia, sempre indicata a seguito di un esito positivo all’esame del sangue occulto nelle feci. “Colonscopia che – continua Castamagna – non solo permette di individuare lesioni precancerose o tumori in fase precoce, anche di piccolissime dimensioni, ma consente di rimuoverli contestualmente all’esecuzione dell’esame endoscopico. Un ulteriore contributo arriva anche dall’impiego dell’intelligenza artificiale che ci permette di meglio localizzare, individuare e caratterizzare le lesioni”.
Durante l’iniziativa, il messaggio di sensibilizzazione circa l’importanza di informarsi e fare rete tra cittadini, specialisti, strutture sanitarie e istituzioni è arrivato anche dalle testimonianze di alcuni ex malati di cancro al colon-retto, oltre che dalla presentazione in anteprima di un documentario realizzato con il contributo di 12 gastroenterologi calabresi, che sensibilizzano l’opinione pubblica sugli stili di vita corretti per prevenire il cancro del colon retto e illustrano i sintomi dai quali riconoscere la patologia. Il video è anche un viaggio nei reparti, nella formazione specialistica e nella rete di screening della regione, con un focus sull’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie diagnostiche. “I dati sugli screening sono particolarmente allarmanti nelle regioni del Sud. Questa situazione compromette la possibilità di una diagnosi precoce e di un trattamento tempestivo di tumori che, se individuati nelle fasi iniziali, potrebbero salvare molte vite. Stiamo sprecando un’opportunità cruciale per ridurre la mortalità. È indispensabile un piano straordinario che migliori sensibilizzazione e accessibilità, riportando gli screening al centro delle politiche sanitarie. Solo così possiamo tutelare la salute e il benessere della popolazione”, commenta il presidente del Gimbe, Nino Cartabellotta.
Eppure, conclude il professore Castamagna, nonostante “sul fronte delle tecnologie diagnostiche abbiamo a disposizione strumenti che solo qualche anno fa erano inimmaginabili, resta il problema dell’aderenza delle persone alla prima fase dello screening per poi arrivare alla colonscopia, che comporta rischi bassissimi e altissima probabilità di trovare lesioni e rimuoverle per chi ha rinvenuto in prima battuta sangue occulto nelle feci. La sfida è italiana, non solo calabrese, anche in altre regioni i numeri della prevenzione non sono brillanti. È un peccato mortale far finta di nulla a fronte di tecnologie ormai strabilianti”.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato