In occasione della Giornata mondiale per la Consapevolezza del Disturbo Primario del Linguaggio, la Fli lancia un opuscolo informativo: “Tra i disturbi più sottovalutati, sottodiagnosticati e sotto trattati, nonostante abbia un impatto sia sul rendimento scolastico che sulla salute mentale”
Dall’assenza di parole alle difficoltà di apprendimento, il passo è breve. Il 7,6% della popolazione in età prescolare e il 4% in età scolare, presenta un DPL, cioè un Disturbo Primario del Linguaggio che, si stima, sia legato a un rischio 12 volte maggiore di sviluppare un Disturbo dell’apprendimento. Questo significa che i ragazzi e le ragazze con DPL hanno più probabilità di avere difficoltà emotive e disagio mentale, e sono più esposti a fallimento scolastico e lavorativo. “Il DPL è il disturbo del neurosviluppo più frequente in età prescolare che in Italia colpisce un bambino su 14 – spiega Anna Giulia De Cagno, logopedista e vicepresidente della FLI –. Si manifesta come incapacità di acquisire la lingua madre, in assenza di deficit cognitivi, sensoriali, affettivi e di importanti carenze socio-ambientali. Può presentarsi con diversi gradi di gravità: a volte riguarda solo la capacità di esprimersi (assente o limitata produzione verbale), ma nei casi più gravi e più difficili da trattare coinvolge anche la comprensione linguistica (assente o limitata comprensione verbale)”.
La buona notizia è che, come ormai ampiamente dimostrato dalla comunità scientifica, l’intercettazione precoce della difficoltà, le terapie mirate e un’adeguata formazione e informazione di famiglie e insegnanti possono modificare la storia del DPL. Per questo è importante identificare precocemente le difficoltà linguistiche e garantire un supporto riabilitativo tempestivo. È il messaggio che la Federazione dei Logopedisti Italiani lancia oggi al convegno organizzato a Roma, per la Giornata mondiale per la Consapevolezza del Disturbo Primario del Linguaggio del 20 ottobre, in collaborazione con l’associazione Radl (Raising Awarness of Developmental Language Disorder, www.radld.org). Alla presenza di specialisti e Istituzioni, è stato presentato un opuscolo informativo preparato Insieme all’Associazione Internazionale sul DPL (www.clasta.org), che, con disegni e fumetti, racconta questo disturbo a grandi e piccini. Inoltre, sono state create pagine dedicate sul sito della FLI (www.fli.it), dove sarà lanciata una campagna social con video e storie. Infine, sono programmate iniziative per coinvolgere le Istituzioni sia a livello Regionale che locale. Ad esempio, a Roma il Consiglio Comunale voterà una mozione per supportare azioni di sensibilizzazione e a promuovere progetti di prevenzione nelle scuole, nelle biblioteche e ovunque sia possibile. Un esempio che può essere ‘trasferito’ in tutte le città Italiane.
L’esperienza clinica e le statistiche indicano che i bambini con un DPL possono avere più frequentemente problemi anche nell’apprendimento. “Sebbene le competenze linguistiche e comunicative di base si sviluppino in età prescolare, è evidente sempre di più come il linguaggio e la cognizione continuino a svilupparsi durante l’adolescenza e fino all’età adulta – dice Francesca Mollo, logopedista e referente della Federazione Logopedisti Italiani (FLI) sui Disturbi Primari del Linguaggio –. Lo sviluppo del linguaggio in queste fasi richiede la comprensione e l’uso di un vocabolario sempre più complesso, astratto, a bassa frequenza d’uso e specifico (ad esempio i termini tecnici legati a determinate materie come fisica, biologia ecc.) e potrebbe quindi influenzare il rendimento scolastico”. Anche per ciò che riguarda la salute mentale, la fragilità emotiva e la depressione, coloro che hanno un disturbo primario del linguaggio presentano un rischio aumentato del 30% rispetto al 6% dei coetanei a sviluppo tipico. Nonostante gli studi mostrino che l’intervento precoce può fare la differenza per questi bambini, troppo spesso i piccoli pazienti e le loro famiglie non hanno il supporto necessario.
“Dobbiamo dunque promuovere la sensibilizzazione per questo disturbo e, soprattutto, favorire la capacità di insegnanti, pediatri e genitori di riconoscere i segnali di rischio, in modo da favorire una diagnosi tempestiva – prosegue la dr.ssa Mollo –. Ricordiamo che la diagnosi può essere effettuata dai quattro anni d’età, ma fin da piccoli è possibile individuare segnali di rischio”. Per questo è importante che, così come è avvenuto per i disturbi specifici dell’apprendimento e per l’autismo, anche il DPL diventi più conosciuto. “Ancora oggi ci sono ragazzi o adulti che vivono difficoltà nascoste a causa di questo disturbo non diagnosticato – conclude Tiziana Rossetto, logopedista e presidente nazionale FLI –. Renderlo visibile invece permette di utilizzare in ambienti scolastici e lavorativi strategie comunicative che consentono la piena espressione delle persone con un DPL”.
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