Colloquio a tutto campo con il presidente dell’Ordine dei Biologi Vincenzo D’Anna. Che sul riconoscimento della dirigenza sanitaria in alcuni enti pubblici spiega: «Oltre duemila biologi pronti a rivolgersi al giudice del lavoro se le pubbliche amministrazioni alle quali appartengono non si adegueranno alle leggi»
Dall’annosa questione delle borse di specializzazione per i professionisti sanitari non medici all’ingresso dei biologi tra le professioni sanitarie. E poi ancora l’importanza della formazione e il ruolo dei biologi nella transizione energetica fulcro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. A Sanità Informazione Vincenzo D’Anna, ex senatore e presidente dell’Ordine nazionale dei Biologi, spazia a tutto campo sui temi caldi della professione, a partire dal riconoscimento dei biologi nella dirigenza sanitaria: «Abbiamo oltre duemila biologi sparsi in questi enti che si rivolgeranno al giudice del lavoro se le pubbliche amministrazioni alle quali appartengono non si adegueranno alle leggi e alle sentenze che hanno chiarito inequivocabilmente che l’ambito contrattuale giuridico ed economico è quello dei professionisti sanitari». Poi annuncia che con il Ministero della Salute si sta lavorando per concedere duemila e cinquecento sussidi ai biologi per l’Alta formazione («ma non le chiamiamo borse», sottolinea D’Anna). E infine il ruolo strategico dell’aggiornamento professionale, anche a distanza, per una professione molto variegata che vede «32 attività principali che gemmano a loro volta in 80 subspecie».
«Intanto è stato posto riparo a un’ingiustizia di carattere etico e professionale perché i biologi dopo 50 anni finalmente hanno visto riconosciuto il ruolo che svolgono tra le professioni sanitarie. Questo non può che portare un vantaggio all’immagine stessa della categoria. Sotto l’aspetto pratico, due sono i vantaggi: in primis, tutti i nostri professionisti possono definirsi professionisti sanitari e operano come sanitari all’interno dei loro ambulatori. Per quanto riguarda i dipendenti di altri enti come le Arpa, l’Istituto Zooprofilattico, il CNR e altri enti pubblici purtroppo prima i biologi venivano contrattualizzati con il contratto del cosiddetto comparto che metteva insieme tecnici di laboratorio e altre figure che rientravano nell’ambito dei tecnici sanitari. Oggi stiamo intraprendendo tutta una serie di azioni giudiziarie soprattutto nei confronti delle Arpa: abbiamo avuto già ben quattro pronunciamenti favorevoli sia dal TAR che dal Consiglio di Stato per cui noi abbiamo oltre duemila biologi sparsi in questi enti che si rivolgeranno al giudice del lavoro se le pubbliche amministrazioni alle quali appartengono non si adegueranno alle leggi e alle sentenze che hanno chiarito inequivocabilmente che l’ambito contrattuale giuridico ed economico è quello dei professionisti sanitari. È una ricaduta pratica di non poco conto».
«Su questo aspetto, credo che chi mi ha preceduto alla guida dell’Ordine abbia sbagliato impostazione perché di cause ne abbiamo perse tante, anzi tutte. Il paradigma era questo: i medici sì, i non medici no. I medici intanto sono titolari di questa borsa di studio perché essa discende da una legge di rilevanza europea con tanto di fondi europei destinati ai laureati in medicina. Avere la pretesa di veder riconosciuta la propria qualifica e quindi la titolarità ad avere quel tipo di contributo era da un punto di vista giurisprudenziale sbagliato. Noi stiamo facendo con il ministro Speranza un altro tipo di discorso: vada come vada per i medici, ma i ministeri si devono preoccupare dell’alta formazione di coloro che medici non sono. A tutela della qualità della professione e a tutela degli utenti. Faccio un esempio: oggi circa il 40% delle nascite avviene attraverso la procreazione medica assistita. Noi abbiamo centinaia e centinaia di biologi che manipolano gli embrioni e i gameti. Lo fanno sulla scorta di una esperienza fatta sul campo perché non esistono specializzazioni in embriologia ed è una cosa intollerabile perché non c’è cosa più delicata che maneggiare gli embrioni. È indispensabile che una specializzazione del genere venga istituita. Da un lato, c’è il problema del riconoscimento di questo sostegno economico per l’alta specializzazione e l’alta formazione ma c’è anche il fatto che noi scontiamo una discriminazione sul numero e la qualità dei posti riservati ai biologi. E soprattutto mancano alcune specializzazioni che per me sono cruciali. Penso anche alla tossicologia ambientale che è in cima alle preoccupazioni di tutti gli epidemiologi. Per non parlare poi della protezione dell’ambiente, la questione dell’innalzamento della temperatura, ecc. Ci sono tutta una serie di queste problematiche che vanno affrontate con specializzazioni ad hoc».
«Il ministero si è convinto, stiamo trattando sulla base di 2.500 sussidi, ma non le chiamiamo borse. Si tratta di un finanziamento all’alta formazione, quello che dobbiamo risolvere è il problema dei ricorsi di coloro che si sono già specializzati. Una cosa è mettere a disposizione 2.500 sussidi e una cosa è affrontare 20, 30, 40mila cause di risarcimento. Bisogna trovare uno snodo legislativo per impedire i ricorsi: può anche essere ingiusto per chi si è già specializzato, ma è l’unico modo per far finire questo odiosa discriminazione».
«Il PNRR tocca da vicino le figure con alta specializzazione. Tutta la transizione ecologica fa perno attorno a una categoria che è quella dei biologi. Oggi nell’ambiente non c’è cosa che non abbia bisogno delle competenze e dell’intervento dei biologi. Sotto il profilo ambientale, sanitario e tossicologico, quello della salvaguardia, monitoraggio e protezione dell’ambiente. Spesso l’ambiente è lasciato in mano a geologi e architetti, con le Arpa ormai sono dei carrozzoni regionali. Si vedono avanzare figure che con l’ambiente non hanno nulla a che vedere e che non hanno competenze su quella che è la flora, la fauna, la botanica, la tossicologia ambientale, l’epigenetica, le espressioni geniche. Se si metterà in atto una politica ambientale orientata alla transizione ecologica senza i biologi non può essere fatta».
«L’Ordine dei biologi ha garantito una formazione gratuita a tutti attraverso un sistema che si chiama ‘Formare Informando’ che consiste nell’inviare ogni mese un articolo su base scientifica e far riempire un questionario valutando quello che viene appreso: noi correggiamo il questionario e valutiamo a chi poter concedere il punteggio ECM. Abbiamo fatto decine e decine di corsi FAD e di corsi di aggiornamento in presenza. Abbiamo finanziato con borse di studio l’alta formazione sul campo. Abbiamo sfruttato due canali: la formazione e l’informazione. Abbiamo creato un apposito ‘albero’ delle opportunità per i biologi: la chioma di un albero che si dirama in tutte le molteplici attività nelle quali i biologi hanno competenze. Abbiamo ben 32 attività principali che gemmano a loro volta in 80 subspecie di attività. Ad ognuna di queste tipologie di esercizio professionale va dedicato un maremagnum di formazione e informazione sulla base delle specifiche e speciali competenze che la legge istitutiva riconosce ai biologi».
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