Lavoro e Professioni 27 Settembre 2022 10:40

Calandra (TSRM PSTRP): «Il nuovo Ministro continui ad ascoltare le professioni»

La Presidente della Federazione multialbo delle professioni sanitarie sottolinea: «Il DM77 è un punto di partenza, ma ci aspettiamo che le nostre professioni siano chiamate in varietà e numero sufficiente a garantire tutti i servizi che è possibile erogare sul territorio». Poi annuncia l’istituzione di un tavolo paritetico con la FNOMCeO su libera professione e sanità territoriale

di Francesco Torre

«Per noi il DM 77 è una base da cui partire per la riforma della sanità territoriale. Ci aspettiamo però che al momento di stabilire il fabbisogno di personale si tenga conto anche di tutte le 19 professioni della nostra Federazione». Teresa Calandra, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione non boccia la riforma della sanità territoriale pensata dal Ministro uscente Roberto Speranza, però chiede una «nuova organizzazione delle professioni» che possa non solo garantire quella multidisciplinarietà e multiprofessionalità che ormai tutti invocano, ma anche la necessaria integrazione. «Al futuro Ministro della Salute chiederei di continuare a coinvolgere tutte le professioni sanitarie sin dall’inizio dei processi, perché solo così il loro contributo potrà essere massimamente utile al sistema» spiega Calandra, che annuncia anche la nascita di un tavolo paritetico con la FNOMCeO di Filippo Anelli con cui i rapporti sembrano sempre più stretti: «Vorremmo consegnare al decisore una visione omogenea almeno delle nostre professioni».

Presidente, a cosa state lavorando con la Federazione degli Ordini dei Medici?

«Stiamo lavorando bene con tutte le Federazioni della sanità all’interno della Consulta permanente delle professioni sanitarie e socio-sanitarie istituita dal Ministro Speranza, che confidiamo sia mantenuta viva e operativa. Abbiamo svolto un lavoro sinergico, veramente importante soprattutto per quanto riguarda la verifica dell’obbligo vaccinale. Da poco abbiamo istituito un tavolo paritetico con la FNOMCeO all’interno del quale abbiamo individuato due macrotemi su cui i nostri delegati si confronteranno: da una parte, la libera professione e le società tra professionisti e, dall’altra, l’implementazione del DM 77, a partire dalle équipe multiprofessionali. Questo perché vorremmo consegnare al decisore una visione omogenea almeno delle nostre professioni. Noi siamo 19 e anche le nostre professioni hanno aree/specialità mediche di riferimento. Adesso uno degli obiettivi è di continuare a lavorare insieme, ed in particolare, in occasione del Congresso nazionale della Commissione di albo nazionale dei TSRM, con il Presidente Anelli abbiamo condiviso l’opportunità di lavorare anche sulla diagnostica radiologica uno dei temi che ci interessano in modo trasversale».

Il DM 77 vi convince o si può fare di più?

«Il DM77 dà un punto di partenza. Ci convince nella misura in cui è stato recepito quello che abbiamo suggerito, cioè parlare di équipe multidisciplinari e multiprofessionali che lavorano tutte insieme per il territorio, senza ulteriori distinzioni. All’interno di questo DM non è stato declinato il fabbisogno di tutte le professioni. Questo è un tema che ci mette in una condizione di allerta perché quando si dovrà determinare il fabbisogno del personale è bene che si pensi a tutte le professioni sanitarie che è indispensabile attivare per garantire le prestazioni che sono oggi erogabili in quei contesti. Nel recepimento e nella determinazione dei numeri, le Regioni dovranno tenere conto che l’accezione generale “area tecnica, della riabilitazione e della prevenzione” poi si articola in 19 professioni sanitarie che al bisogno dovranno essere chiamate in un numero e con una frequenza sufficienti per garantire tutti i servizi sul territorio. Non è pensabile un DM 77 applicato sul territorio che non tenga conto della tipologia di professionisti presenti e dei relativi numeri».

Le risorse però sono poche…

«Il tema della mancanza di risorse è una questione di cui noi abbiamo piena consapevolezza, tanto che nelle nostre proposte si parla sempre di progetti realizzabili. Questo vuol dire che noi non avvieremo un’azione rivendicativa. Piuttosto, puntiamo e ragioniamo anche su come ottimizzare le risorse che già ci sono. L’ottimizzazione passa attraverso un cambiamento dell’organizzazione».

Un podologo, ad esempio, potrebbe essere chiamato nelle Case di comunità a prestare servizio, pur essendo in regime di libera professione?

«Dobbiamo pensare che non tutte le professioni serviranno sempre. Alcune, come i TSRM, i Tecnici di laboratorio e altre professioni della riabilitazione e della prevenzione serviranno sempre. Ma ci sono altre professioni che serviranno al bisogno.  Alcune di esse attualmente lavorano prevalentemente in libera professione (es. Podologo, Igienista dentale, etc…), ma con la riorganizzazione del sistema potrebbero avere dei contratti di consulenza e, perché no, di dipendenza ed essere inseriti all’interno di un sistema quanto più comprensivo di tutte le professionalità, anche di quelle che al momento lavorano quasi esclusivamente in regime di libera professione».

Al nuovo Ministro della Salute, chiunque esso sia, cosa direbbe?

«Gli direi che, anche se ci sono cose da migliorare, in questi anni è stato fatto tanto di buono. Gli chiederei di continuare a coinvolgere sempre e sin dall’inizio dei percorsi tutte le professioni sanitarie, perché siamo noi che rendiamo concreta questa sanità. Se non veniamo coinvolti nei processi decisionali, alla fine si avrà una sanità che non risponde ai reali bisogni, come è stata in passato».

La vostra Federazione ha perso, però, una professione, i Fisioterapisti. Come pensate di rimodularvi alla luce di questo strappo?

«La loro scelta è legittima, avevano i numeri. Noi non abbiamo mai fatto distinzioni tra professioni sulla base della loro numerosità: anche le professioni più piccole sono state e saranno valorizzate al pari di quelle che annoveravano più iscritti: quel che fa la differenza non sono tanto i numeri, ma le competenze che i singoli professionisti sono in grado di garantire al sistema sanitario. La nostra filosofia resta la stessa: è quella della massima integrazione e partecipazione, che è una cosa difficile da realizzare. Ci auguriamo che da parte loro non cambi nulla in termini di capacità di visione e relazione plurale, come abbiamo fatto sino ad ora, perché quella è e resterà la chiave di volta. Noi continueremo a esserci a favore di ragionamenti e decisioni plurali, senza i quali si perde sempre tutti».

 

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