Lavoro e Professioni 9 Marzo 2021 10:18

Computer vision syndrome, a rischio anche bambini e adolescenti

L’ortottista: «Controllo ortottico e visita oculistica sono consigliati entro il primo anno di vita. Le attività di screening non possono sostituire gli esami completi della vista. In Italia, medico oculista e ortottista assistente in oftalmologia sono le uniche due figure sanitarie riconosciute a svolgere attività in campo oftalmologico»

di Isabella Faggiano

Si chiama computer vision syndrome e affligge chi rimane seduto davanti ad un monitor per tante ore al giorno, con possibili effetti a carico della vista, come la visione offuscata o doppia, il bruciore, il prurito, la secchezza e l’arrossamento. Tra le persone più a rischio, non solo i lavoratori che trascorrono gran parte della propria giornata davanti ad uno schermo, ma anche bambini e adolescenti che, dall’esplosione della pandemia, utilizzano il pc sia per la didattica a distanza, che come passatempo nelle ore pomeridiane.

Sindrome da pc, la diagnosi

«Queste alterazioni della visione, che possono riguardare il microclima, la scarsa illuminazione, l’abbagliamento, è opportuno che siano valutate attraverso un esame oculistico completo –  consiglia Marco Montes, ortottista,  presidente della Commissione d’Albo degli Ortottisti ed Assistenti di oftalmologia di Roma e provincia, nonché consigliere della CdA Nazionale della stessa professione -. In questo caso è compito dell’ortottista utilizzare tutte quelle tecniche diagnostiche che permettano al medico oculista di individuare e suggerire il trattamento più adeguato».

I segni oculari del Covid

Ma la computer vision syndrome non è l’unica possibile conseguenza della pandemia. Segni oculari, come l’arrossamento, il bruciore e la lacrimazione, devono essere valutati sempre con estrema attenzione  «L’ortottista – continua Montes – consapevole che il Covid-19 può manifestarsi anche con segni oculari, indirizzerà il paziente che presenta arrossamento, bruciore o lacrimazione dall’oculista e, su prescrizione medica, eseguirà gli esami necessari a stabilire se questi segni sono sintomo di infiammazione, affaticamento o a altre cause, cosicché il medico oculista possa fornire la cura più adeguata».

Lo screening non sostituisce l’esame completo della vista

A prescindere dalla comparsa di segni e sintomi, gli occhi dei bambini, anche quelli che appaiono perfettamente sani, vanno sempre esaminati.  «Controllo ortottico e visita oculistica sono consigliati entro il primo anno di vita – spiega Marco Montes -. Il secondo appuntamento va fissato tra il secondo ed il terzo compleanno. Il terzo, tra il quinto e il sesto anno di vita».

Attenzione a non confondere uno screening visivo con un esame completo della vista. «Far partecipare il proprio figlio ad una campagna di screening, non significa poter fare a meno dei controlli o delle visite oculistiche, fortemente consigliate nei primi anni di vita – sottolinea l’ortottista -. Lo screening è un’attività di prevenzione secondaria utile ad individuare precocemente un solo ed unico disturbo: non può e non deve da solo giungere ad una diagnosi. In altre parole, un bambino che parteciperà ad una campagna dedicata all’ambliopia (conosciuta come occhio pigro, ndr) potrà escludere solamente la presenza di questo specifico disturbo. Tutti gli altri difetti visivi dovranno, perciò, essere valutati attraverso un controllo ortottico ed una visita oculistica completi».

Disinformazione e false credenze

Le campagne di screening, pur non rappresentando un’attività di prevenzione primaria, possono essere uno strumento utile a sensibilizzare la popolazione sull’importanza di sottoporre i propri figli a controlli della vista fin dalla tenera età. «Solo l’11% dei genitori sa che un esame completo della vista va effettuato entro il terzo anno di vita – sottolinea Montes -. Il 25% pensa di doversi recare per la prima volta dall’oculista solo dopo che il bambino avrà imparato a leggere. Il 56% sa cos’è l’occhio pigro e 2 genitori su 10 sono convinti che l’occhio deviato, storto, si addrizzi da solo. Il 62% degli italiani crede che gli occhiali da vista siano prescrivibili solo dopo la prima elementare». Sono tutte informazioni scorrette che è necessario sradicare dall’immaginario collettivo, «così come è necessario che sia fatta chiarezza – dice l’ortottista – su chi ha la qualifica necessaria per occuparsi sia delle campagne di screening, che di visite e controlli. Le due uniche figure sanitarie riconosciute in Italia a svolgere attività in campo oftalmologico – conclude Montes – sono, per quello medico, il medico oculista e, nell’ambito delle professioni sanitarie, l’ortottista assistente in oftalmologia».

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