Lavoro e Professioni 23 Novembre 2021 15:09

«Con il PNRR ci aspettiamo una rivoluzione del sistema dei laboratori». Parla Saverio Stanziale, presidente della CdA dei TSLB

Il presidente della Commissione d’Albo dei Tecnici Sanitari di Laboratorio biomedico promuove l’innovazione del direttore assistenziale in Emilia Romagna e sottolinea: «Può tradurre al meglio le nostre competenze». Poi chiede l’ampliamento della formazione universitaria di base

di Francesco Torre
«Con il PNRR ci aspettiamo una rivoluzione del sistema dei laboratori». Parla Saverio Stanziale, presidente della CdA dei TSLB

Con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il Sistema sanitario nazionale è destinato ad evolvere e presto sarà necessaria “un’apposita dimensione gestionale” in cui le professioni sanitarie saranno essenziali. Saverio Stanziale, presidente della Commissione d’Albo dei Tecnici sanitario di laboratorio biomedico, a Sanità Informazione parla delle opportunità che il PNRR porterà per la sanità per i Tecnici di laboratorio biomedico e per tutti i professionisti afferenti alla Federazione dei Tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.

Una rivoluzione che in questo ambito professionale sarà prima di tutto tecnologica con la trasformazione dei laboratori in «total laboratory automation dimensionati sui reali bisogni degli specifici contesti territoriali». Una rivoluzione che richiederà anche dirigenti capaci: per questo Stanziale promuove l’introduzione del Direttore assistenziale in Emilia Romagna: «È una notizia positiva, perché riteniamo che i processi debbano essere governati attraverso decisioni e operazioni che abbiano un altissimo impatto sui piani diagnostici, terapeutici, riabilitativi e assistenziali e il Direttore assistenziale può tradurre al meglio questa esigenza».

PNRR e riforma medicina territoriale, cosa chiedete come Tecnici di Laboratorio?

«Il rilancio del Servizio sanitario nazionale passa anche attraverso le professioni sanitarie. Il ruolo che abbiamo è imprescindibile da qualsiasi altra forma di potenziamento previsto dal PNRR. Il contributo del TSLB è declinato in linee progettuali orientate sia allo sviluppo di modelli organizzativi sia in ospedale che nel territorio. Per quanto riguarda il primo, ci riferiamo alla riorganizzazione della rete degli IRCCS, all’ammodernamento della tecnologia e alla valorizzazione professionale in ambito della ricerca. Inoltre, puntiamo al perfezionamento del modello hub&spoke: mentre negli hub è necessaria una evoluzione specialistica e di specializzazione, negli spoke si devono assicurare risposte rapide e di prossimità, avvalendosi delle professionalità necessarie, nell’ottica di un miglioramento non solo dell’appropriatezza diagnostica ma anche di quella organizzativa. In pratica ci aspettiamo una ri(e)voluzione di sistema nei laboratori quali total laboratory automation, robotica per le microbiologie, sistemi di telepatologia, sequenziatori automatizzati per la genetica, sistemi rapidi e multi-parametrici per la biologia molecolare virologica, dimensionati sui reali bisogni degli specifici contesti territoriali. Relativamente al secondo, si deve individuare un apposito setting di diagnosi diagnostica multidisciplinare e multiprofessionale».

È ancora complicato diventare dirigente delle professioni sanitarie? Cosa ne pensa del direttore assistenziale introdotto in Emilia Romagna?

«Il PNRR ci consegna le modalità di potenziamento del Sistema sanitario nazionale che configurano uno scenario evoluto rispetto a quello precedente alla pandemia, anche in tema di governo delle professioni sanitarie. Basti pensare all’investimento nella sanità digitale, a strumenti quali la telemedicina, alla gestione del rischio clinico di information technology, oltre al potenziamento e al rafforzamento della ricerca biomedica che rappresenta un valore preziosissimo per il nostro Paese e un ulteriore passo avanti verso la valorizzazione delle professioni sanitarie che impone la necessità di un’apposita dimensione gestionale. In pratica, il processo di gestione delle linee ha a che fare con l’efficace supervisione e la gestione di tutte le attività connesse con le attività che si verificano su una linea diagnostica. Per cui, alla domanda specifica se è ancora difficile diventare dirigente delle professioni sanitarie, risponderei che noi dobbiamo avviare processi e non puntare ad occupare spazi. Se i processi saranno utili al sistema, arriveranno anche gli spazi, come nel caso del Direttore assistenziale in Emilia Romagna, previsto in modo istituzionale per quanto di buono negli anni le professioni sono state in grado di testimoniare anche nella dimensione gestionale. Su tale figura ci siamo subito espressi in maniera positiva, perché riteniamo che i processi debbano essere governati attraverso decisioni e operazioni che abbiano un altissimo impatto sui piani diagnostici, terapeutici, riabilitativi e assistenziali generando una crescita sostenibile in sicurezza, velocità di risultati e assistenza. Riteniamo che il Direttore assistenziale sia il soggetto in grado di tradurre al meglio le nostre competenze, espresse e potenziali, a favore, da una parte, delle esigenze di salute della popolazione e, dall’altra, delle altre professioni».

Formazione universitaria: chiedete un aggiornamento dei corsi di laurea? Cosa si sente di dire a un giovane che vuole intraprendere questa carriera?

«Tutte le professioni sanitarie sono su un binario comune, che prevede l’aggiornamento degli ordinamenti didattici, l’ampliamento degli attuali tre anni di formazione universitaria di base e, soprattutto, l’inserimento delle specializzazioni nel panorama formativo. Fabbisogni formativi, percorsi di specializzazione, competenze avanzate, anche di natura prescrittiva, sono parte di un unico grande ragionamento complessivo teso anche a migliorare gli standard quali-quantitativi. L’immagine del TSLB è quella di un professionista sanitario “microscopico” perché invisibile all’occhio della persona assistita e perché nelle sue attività il microscopio è uno strumento spesso utilizzato. Anche lui prende a cuore la salute della persona assistita, fornendo ai clinici dati analitici accurati, nei diversi momenti della vita, operando sia nell’ambito della prevenzione, attraverso gli esami di screening, che della diagnosi, cura e monitoraggio delle patologie tramite esami più o meno specifici e che richiedono una approfondita indagine. È vero, nella dimensione fisica non abbiamo relazioni con l’assistito, ma lo identifichiamo nel suo campione biologico che ci viene inviato, sia esso una provetta di sangue, un tampone, un barattolo contenente il materiale per l’indagine diagnostica, e ne prendiamo la massima cura, perché quel campione biologico è parte di una persona, assicurandoci che: sia stato prelevato, trasportato, conservato in modo conforme nella fase pre-analitica. Dopo ci preoccupiamo di mettere in atto tutte le procedure che ci permettano di ottenere un dato certo, valido, che non sia reso dubbio da fattori che ne discriminerebbero il risultato: “fase analitica”. Infine, la fase post-analitica ci vede coinvolti nella autorizzazione dei test e archiviazione dei risultati. “Operiamo” in ambiti differenti e questo spesso non viene compreso da chi non conosce quello che fa la nostra professione: ad esempio, in biologia molecolare, in anatomia patologica, nell’unità farmaci antiblastici, nel servizio immuno-trasfusionale o nel laboratorio di microbiologia e virologia che nella pandemia, è preposto anche alla identificazione e alla diagnosi dei soggetti Covid-19 positivi. Ma non è tutto, la nostra figura trova collocazione nel privato, a livello industriale, farmaceutico, alimentare, cosmetico, etc. Alcuni esempi, ne sono i tecnici impiegati per le analisi delle acque negli acquedotti o in particolari contesti ambientali».

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