La continuità assistenziale può anche procedere nella direzione opposta, dal territorio verso l’ospedale. L’ostetrica: «Intercettiamo le donne a rischio e le guidiamo verso le cure nosocomiali, al termine delle quali, in caso di cronicità le donne tornano nelle mani dell’assistenza territoriale»
Capillarizzare l’assistenza territoriale ed incrementare le cure domiciliari sono tra gli obiettivi cardine della missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, quella dedicata alla Sanità. Traguardi a cui la FNOPO, la Federazione Nazionale degli Ordini della Professione di Ostetrica, punta già da diversi anni. «È indispensabile garantire a tutte le donne, dall’età prepuberale alla post menopausa, una continuità assistenziale, dalle strutture ospedaliere al territorio e viceversa», dice Martha Traupe, consigliere nazionale FNOPO.
La continuità assistenziale per le donne in dolce attesa è già largamente diffusa in molte regioni d’Italia grazie all’istituzione dell’Agenda della gravidanza, «un’iniziativa attraverso la quale – sottolinea l’ostetrica – è possibile offrire alle donne incinte tutti i servizi sanitari previsti dai Lea (Livelli essenziali di assistenza). Soprattutto, l’Agenda ci permette di incontrare e conoscere tutte le donne gravide, così da programmare, per loro e insieme a loro, gli esami diagnostici e strumentali previsti dalle Linee Guida nei diversi mesi di gestazione».
Pur essendo di fondamentale importanza seguire la donna durante la gestazione e nel post parto, si tratta di un periodo limitato della vita, non sufficiente a garantire il benessere femminile nella sua totalità. «La donna, anche prima che diventi a tutti gli effetti tale – e quindi nell’età puberale – fino alla terza età, va supportata in un percorso che integri l’assistenza ospedaliera a quella territoriale». Il cardine di questa integrazione sono i consultori che, se adeguatamente strutturati, sono in grado di garantire, percorsi specifici adeguati alle diverse età.
«Si va dal servizio per l’adolescenza che accoglie le ragazze fino ai 24 anni, ai percorsi dedicati alla famiglia – racconta l’esperta -. In ognuno di questi, il ruolo dell’ostetrica, che opera all’interno di un’equipe multidisciplinare, è fondamentale. L’ostetrica sostiene le giovani non ancora donne che si affacciano alla vita sessuale, così come le signore che devono affrontare gli screening per la prevenzione oncologica consigliati a seconda delle differenti fasce di età».
Tutti questi percorsi sono stati progettati proprio per garantire la continuità dell’assistenza dall’ospedale al territorio. Tuttavia, tale continuità assistenziale può anche procedere nella direzione opposta, dal territorio verso l’ospedale. «Esistono altre tipologie di percorsi come l’interruzione volontaria di gravidanza, la mamma segreta (la possibilità di partorire in anonimato), il codice rosa, il percorso genitoriale, lo sportello anti-violenza che intercettano le donne nel territorio in cui vivono per inviarle, laddove necessario, alle strutture ospedaliere. Attraversata la fase acuta della problematica, in caso di cronicità, le donne – spiega Traupe – tornano ad usufruire dell’assistenza territoriale presso il consultorio».
Come in tutti i settori della sanità pubblica, anche in tema di consultori la realtà italiana appare tutt’altro che omogenea. «Si tratta di carenze strutturali che si auspica possano essere colmante attraverso gli interventi previsti dal Pnrr. L’ostetrica, infatti, punta ad un ruolo da protagonista anche nelle case delle comunità, che non rappresenteranno una sovrapposizione o sostituzione dei consultori, ma un ampliamento e rafforzamento dei servizi sanitari offerti a livello territoriale. Tuttavia, crediamo che nelle Regioni in cui i consultori hanno già raggiunto una capacità di assistenza elevata, le case della comunità non ne rappresenteranno un duplicato, né avranno la pretesa di sostituire un modello di assistenza collaudato e consolidato», dice Traupe.
Piuttosto l’integrazione di queste due importanti realtà, i consultori e le case della comunità, potranno contribuire alla realizzazione di un altro obiettivo: la gestione ostetrica delle gravidanze a basso rischio, così come previsto dalle linee guida. «Sono già diversi anni che a noi ostetriche è stata riconosciuta la possibilità di gestione delle gravidanze a basso rischio, una possibilità che si è concretizzata solo in poche realtà. Per questo, speriamo che i grandi cambiamenti previsti in sanità nei prossimi cinque anni – conclude la professionista sanitaria – ci portino alla piena realizzazione anche di quest’ulteriore e fondamentale obiettivo».
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