Lavoro e Professioni 20 Aprile 2021 11:11

Disturbi psicotici, Ussorio (Aiterp): «Prevenire per evitare la cronicizzazione»

La vice presidente dell’Associazione dei Tecnici della Riabilitazione Psichiatrica: «Campagne di sensibilizzazione e informazione destinate alla comunità in generale per scovare soggetti a rischio. Alle famiglie dei pazienti con psicosi insegnare a riconoscere i sintomi che preannunciano le crisi»

di Isabella Faggiano
Disturbi psicotici, Ussorio (Aiterp): «Prevenire per evitare la cronicizzazione»

Disturbi del pensiero, della percezione e del comportamento. Ancora, deficit cognitivi e del funzionamento personale e sociale. Sono questi i sintomi che stravolgono la vita di chi soffre di psicosi. Ma cambiare il loro destino, e quello delle loro famiglie, è possibile: «Un intervento precoce può evitare che la patologia si cronicizzi», spiega Donatella Ussorio, vice presidente dell’Associazione Italiana Tecnici della Riabilitazione Psichiatrica (Aiterp). Il tecnico della riabilitazione psichiatrica è uno dei professionisti che compone l’equipe multidisciplinare necessaria sia alla prevenzione dei disturbi psicotici, che al loro trattamento.

I numeri delle psicosi

«I disturbi psicotici insorgono, spesso, in modo sfumato ma progressivo in giovane e giovanissima età, indicativamente tra i 14 e i 24 anni – dice Donatella Ussorio -. Circa il 2-3% degli adolescenti e dei giovani adulti sviluppa un disturbo psicotico, spesso con un decorso persistente, che frequentemente necessita di trattamenti psicofarmacologici a lungo termine. Tra i disturbi psicotici il più grave, sia in termini clinici che di impatto sociale, è la schizofrenia. La sua incidenza media è 15,2 per 100 mila abitanti con un rapporto maschi/femmine di 1,4», aggiunge la vice presidente Aiterp.

I primi sintomi dei disturbi psicotici

«È fondamentale individuare il più precocemente possibile quei soggetti con disagio/sofferenza psichica già durante il periodo prodromico – aggiunge Ussorio – cioè quando si manifestano evidenti segnali di disagio, ma ancora non è riconoscibile la patologia psicotica. Circa due terzi di quanti svilupperanno in seguito una psicosi presentano nei due-tre anni che precedono l’esordio della malattia dei segnali, degli avvertimenti. Si va dai sintomi affettivi come insicurezza, ansia, umore depresso, ai sintomi negativi, come difficoltà nel concentrarsi, ritiro sociale, seguiti da alterazioni comportamentali, fino a sintomi positivi, come alterazione della senso-percezione e del pensiero, deliri, allucinazioni. Anche i problemi del funzionamento personale e sociale possono esordire in questo stesso periodo, manifestandosi attraverso difficoltà scolastiche, nelle relazioni o nel lavoro. Il percorso dell’individuo può interrompersi anche in maniera irreversibile».

Prevenzione, il ruolo del Tecnico della Riabilitazione psichiatrica

Comunità, professionisti della salute, famiglie, scuole, istituzioni coinvolte nel mondo giovanile, come quelle ludiche e sportive, sono i principali destinatari delle campagne di sensibilizzazione e informazione promosse dai Tecnici della Riabilitazione psichiatrica. «Laddove venisse intercettato un disagio – spiega la professionista – è necessaria un’attenta valutazione del funzionamento personale e sociale del soggetto, attraverso un colloquio e l’uso di strumenti standardizzati (scale, questionari, interviste) e informazioni raccolte nell’ambiente di riferimento, in particolare all’interno della famiglia. Una corretta valutazione ci permetterà di osservare e monitorare nel tempo l’evoluzione della patologia».

Gli interventi riabilitativi dei disturbi psicotici

Il Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica può fare molto non solo in termini di prevenzione, ma anche quando il paziente è già stato preso in carico per il trattamento della malattia. «Tradizionalmente, la prima linea di cura è farmacologica – sottolinea Ussorio -, ma circa il 40% dei giovani con disturbi psicotici ha una risposta limitata ai farmaci. Per questo è necessario fornire anche dei trattamenti integrati, come la riabilitazione delle capacità cognitive e metacognitive e il potenziamento delle abilità e competenze sociali».

«L’obiettivo principe dei programmi di riabilitazione psicosociale è ridurre i comportamenti inappropriati e migliorare l’adesione alle comuni regole sociali, così da poter perseguire gli obiettivi desiderati. Gli interventi sono finalizzati quindi a supportare il soggetto nella ripresa delle attività scolastiche o nel processo di ricerca del lavoro. In questa fase del trattamento si mira al recupero del proprio ruolo sociale, nonché all’acquisizione di modalità comunicative assertive, che facilitino l’espressione della propria opinione e delle proprie emozioni. Tutti questi interventi richiedono la strutturazione di un’équipe “dedicata”, con interessi professionali specifici».

Il compito della famiglia

I familiari possono giocare un ruolo centrale nelle prime fasi della psicosi. «Le linee guida del National Institute for Health&Clinical Excellence (NICE 2010) – spiega Ussorio – indicano l’importanza del coinvolgimento della famiglia nel trattamento, raccomandando di offrire loro informazioni sui disturbi psicotici, sul trattamento farmacologico (in collaborazione con lo psichiatra), spiegando quali sono i farmaci utilizzati, come agiscono, la posologia ed eventuali effetti collaterali se assunti in combinazione con altre sostanze».

«I familiari sono guidati anche verso un incremento delle proprie abilità di problem solving, compresa la capacità di riconoscere eventuali segnali prodromici legati ad una possibile ricaduta, così da prevenirla o agire tempestivamente, offrendo un supporto emotivo. L’attenzione nei confronti dei soggetti a rischio nelle prime fasi del disturbo, infatti, è una priorità: i primi 2-5 anni dall’esordio rappresentano un periodo cruciale che – conclude la vice presidente Aiterp – può fare la differenza tra la cronicizzazione e la recovery».

 

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