Gabriella Casu (Associazione Italiana Terapisti Occupazionali): «Ci aspettiamo di essere impegnati anche nello studio degli effetti dello smart working sulle dinamiche familiari e sulla sfera della produttività e del tempo libero. Potremmo avere un ruolo importante all’interno delle scuole per facilitare l’utilizzo della teledidattica»
I professionisti sanitari sono alle prese con nuove metodiche di lavoro, i pazienti sperimentano forme diverse di riabilitazione, le famiglie riorganizzano di continuo la propria routine per adeguarsi alle regole previste dal distanziamento sociale. «Siamo di fronte ad un momento epocale che sta mettendo alla prova la capacità di adattamento di tutti, non solo di coloro che si trovano ad affrontare in prima persona il Coronavirus», commenta Gabriella Casu, dell’Ufficio di Presidenza Aito, l’Associazione Italiana Terapisti Occupazionali. E non è un caso che l’adattamento dell’individuo sia uno dei principali obiettivi del terapista occupazionale, chiamato ad individuare ed esaltare gli aspetti motivazionali e le potenzialità personali.
«Emergenze come quelle attuali – continua Casu – scardinano i ruoli sociali, mettono alla prova la nostra resistenza al cambiamento, la capacità di lavoro sottopressione, l’abilità di gestire l’ansia. Siamo preoccupati, più del solito, di andare a lavoro, di perderlo e di portare a casa, ai nostri cari, la malattia».
Dall’inizio dell’emergenza, Aito ha prodotto del materiale grafico chiamato “i consigli di Aito”, dedicato ai professionisti, ai genitori, alle famiglie, ai caregiver delle persone con demenza. «Rifugiamoci in ciò che sappiamo fare meglio – suggerisce la terapista occupazionale -, organizzando le attività quotidiane, favorendo la partecipazione ed evitando l’isolamento e la deprivazione occupazionale. È proprio l’occupazione – aggiunge Gabriella Casu – a rafforzare la nostra identità, a poter ripristinare le abitudini e la normalità».
I terapisti occupazionali hanno dovuto rimodulare le terapie dei centri diurni e dei day hospital, chiusi da decreto, e di molti dei trattamenti a domicilio. «Il terapista occupazionale sta sperimentando il lavoro da casa – spiega Casu – sulla scia delle esperienze degli altri Paesi. E la teleriabilitazione potrebbe essere un ottimo strumento da utilizzare per la valutazione, l’intervento, il monitoraggio, la supervisione e la consulenza».
Altri professionisti sanitari, invece, si sono ritrovati a lavorare a stretto contatto con i pazienti affetti da Covid-19. «I terapisti occupazioni che lavorano nei reparti di terapia intensiva degli ospedali Covid hanno il compito di valutare la necessità di dispositivi di posizionamento per preservare l’integrità articolare e ridurre il rischio di lesioni cutanee dovute alla pressione prolungata a letto. Più complesso – sottolinea la professionista – è, invece, il lavoro del terapista occupazionale nei reparti di terapia sub-intensiva: i pazienti ricoverati sono persone debilitate sia fisicamente che emotivamente, mostrano segni di astenia, difficoltà di movimento, deficit del sistema nervoso periferico e centrale, come la perdita dell’olfatto e del gusto. In molti casi, inoltre, sono confusi e disorientati. Per questi pazienti i programmi di terapia occupazionale sono utili ad alleviare alcuni dei problemi di isolamento, deprivazione sensoriale e occupazionale, l’inattività cognitiva, tutti fattori che mettono a rischio il benessere a lungo termine».
E mentre alcuni professionisti lavorano a distanza o in prima linea, altri immaginano come il lavoro del terapista occupazionale possa evolvere nella fase due, periodo in cui molte persone torneranno ad uscire, ma molte altre continueranno a restare a casa, soprattutto bambini ed adolescenti, che non torneranno a scuola: «I professionisti Aito – dice Casu – sono convinti che il terapista occupazionale possa avere un ruolo importante all’interno delle scuole per facilitare l’utilizzo della teledidattica. Molti bambini non riescono a tenere tempi di concentrazione appropriati alle lezioni online, così il terapista occupazionale potrebbe fornire loro supporto adattando l’attività o partecipando alla scelta di tecnologie assistive adeguate. Favorendo, in tal modo, l’inclusività e pertanto lavorando con insegnanti, genitori e alunni in un team che si pone come obiettivo l’abbattimento delle barriere ambientali e sociali e il corretto utilizzo di ausili che facilitano non solo l’apprendimento ma anche una partecipazione inclusiva, quindi basata sulla sicurezza e l’omogeneità dei sistemi e dei contesti».
E anche quando saremo pronti a lasciare la fase due per avventurarci in un nuovo periodo di assestamento post pandemia, per i terapisti occupazionali potrebbero esserci nuovi impegni all’orizzonte: «In futuro – conclude Gabriella Casu – ci aspettiamo di essere impegnati anche nello studio degli effetti dello smart working sulle dinamiche familiari e sulla sfera della produttività e del tempo libero».