«È un passaggio fondamentale per istituire la professione», afferma la presidente del Registro Osteopati d’Italia che aggiunge: «Abbiamo realizzato la prima proposta di core competence dell’osteopatia in Italia, in cui sono classificate le competenze esclusive e caratterizzanti»
Con la Legge Lorenzin 3/2018 l’osteopatia è stata individuata come professione sanitaria, un passo in avanti atteso da molti anni che ha permesso all’Italia di allinearsi con il resto d’Europa. A questo riconoscimento non è ancora seguita l’emanazione dei decreti attuativi che di fatto andrebbero a formalizzare e a rendere operativa la norma. È lo stesso art.7 della Legge 3/2018 che stabilisce l’iter per l’istituzione della professione sanitaria di osteopata e che prevede la definizione del profilo professionale e del percorso formativo. Su questo tema Sanità Informazione ha intervistato Paola Sciomachen, Presidente del ROI – Registro degli Osteopati d’Italia, l’Associazione più rappresentativo della categoria in Italia con oltre 3mila iscritti.
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Presidente, la legge sulla riforma delle professioni sanitarie ha istituzionalizzato la professione di osteopata, lei ha più volte sottolineato che tuttavia questo riconoscimento per ora è rimasto puramente formale. Può spiegarci perché?
«La Legge 3/2018 è il punto di arrivo di un lungo percorso, un risultato storico per tutti gli osteopati in Italia. L’art. 7 individua infatti la professione sanitaria di osteopata e traccia l’iter per la definitiva istituzione della nostra professione. In pratica lo stesso articolo prevede che l’ambito di attività, il profilo professionale, i criteri per individuare le equipollenze e l’iter formativo dell’osteopata vengano definiti attraverso dei decreti attuativi dedicati. Senza questo passaggio, la professione non è, di fatto, ancora istituita. Ed è proprio con l’intento di supportare il Ministero della Salute e le altre Istituzione e commissioni coinvolte che il ROI insieme a Sipem – Società Italiana di Pedagogia Medica – ha realizzato la prima proposta di core competence dell’osteopatia in Italia, in cui sono classificate le competenze esclusive e caratterizzanti dell’osteopatia unite a quelle necessarie a un professionista sanitario oggi in Italia. Finalmente, dopo un lungo periodo di attesa, è stato aperto il tavolo di confronto con il Ministero della Salute per l’individuazione del profilo professionale dell’osteopata. Noi ci siamo sempre proposti come interlocutore serio e autorevole a supporto del percorso di regolamentazione e il documento delle core competence va proprio in questa direzione».
Parliamo anche di formazione: lei pensa che con una regolamentazione più delineata si potrebbe vincere la lotta contro l’abusivismo che sappiamo essere una piaga per la categoria?
«Sicuramente, nel momento in cui viene istituita la professione, ci sarà un percorso formativo dedicato, una laurea in osteopatia con la quale ci si potrà iscrivere all’Albo professionale. Questo passo in avanti sarà un vantaggio sia per i pazienti, che avranno una garanzia certa sulla preparazione del professionista a cui si sono rivolti, sia per la professione che avrà una sua identità, un suo ambito di intervento».
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Se dovesse fare un appello alle istituzioni e alla politica cosa chiederebbe per la categoria?
«Sono fiduciosa per la volontà che il Ministero della Salute ci ha manifestato di lavorare con impegno ai decreti attuativi. Mi auguro che ci sia la volontà di riconoscere la professione con i contenuti e gli obiettivi di qualità e di competenze per cui stiamo lavorando e che rispondono agli orientamenti di tutti i Paesi europei a tutela della professione e dei cittadini. Sono oltre 10 milioni infatti gli italiani che ogni anno si rivolgono agli osteopati ed è prima di tutto per loro che è importante normare e regolamentare la nostra professione e allineare l’Italia agli altri Paesi europei e del mondo occidentale».
Cambiano argomento: è vera la conflittualità che, secondo il credere comune, esiste tra osteopati e fiositerapisti?
«Personalmente credo che sia una questione più formale che di fatto. Nella realtà e nella pratica quotidiana non c’è alcun conflitto fra professionisti anzi da sempre si lavora in un’ottica di integrazione e di collaborazione fra le diverse competenze. Non c’è di fatto concorrenza. L’integrazione con le altre professioni della salute è uno dei nostri obiettivi primari e da sempre collaboriamo con i fisioterapisti, a vantaggio dei pazienti».