A quasi un anno dall’entrata in vigore della legge Lorenzin, il Governo inizia a muoversi sul fronte del riconoscimento titoli. «Aprire i percorsi per riconoscere l’equivalenza dei titoli oppure occorre l’intervento politico» così Alessandro Beux, presidente della Federazione nazionale delle Professioni sanitarie tecniche
Un vero e proprio «dramma» così Alessandro Beux, presidente della Federazione nazionale degli Ordini Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni sanitarie tecniche, definisce il mancato riconoscimento dei titoli per alcuni professionisti sanitari in conseguenza all’entrata in vigore della legge Lorenzin. Un «problema di carattere sociale» prosegue il primo rappresentante del Tsrm «su cui sta cominciando a lavorare il Governo». La legge Lorenzin, sebbene abbia regolarizzato una serie di situazioni ‘paludose’ che caratterizzavano la vita degli ordini professionali, introducendo anche nuove professioni e inasprendo le sanzioni per l’esercizio abusivo, ha anche determinato varie problematiche tra cui l’equivalenza dei titoli. L’Ordine TSRM e PSTRP, dopo la bocciatura dell’emendamento Lorefice, offre la sua soluzione: in particolare, per i soggetti che non possono iscriversi all’albo ma sono ‘potenziali equivalenti‘ si può pensare a una soluzione tecnica che preveda «la (ri)apertura dei percorsi per l’equivalenza, mediante i quali i soggetti interessati rientrerebbero tra quelli in possesso di un titolo idoneo per l’iscrizione all’albo». Una soluzione tecnica e non politica che allontanerebbe il rischio di una norma che avrebbe potuto favorire, anche solo indirettamente, gli abusivi. «Con la riapertura dei bandi e l’inclusione dei ‘potenziali equivalenti’ – chiarisce Beux – restano quelli che hanno bisogno di una soluzione politica, cioè coloro che non sono ‘potenziali equivalenti’ ma sono entrati e rimasti nel sistema sanitario alla luce del sole. Verso gli abusivi, invece, ci deve essere solo rigoroso e determinato contrasto». Ecco l’intervista ad Alessandro Beux.
Presidente parliamo della legge Lorenzin: decreti attuativi che tardano ad arrivare e il problema dell’equipollenza che diventa sempre più pressante. Quali soluzioni?
«Questi purtroppo sono tutti temi caldi. Tre sono i focus che destano maggiore preoccupazione: due decreti attuativi e un regolamento mancanti. I decreti sono relativi alla composizione delle commissioni d’albo e a quella del consiglio direttivo; mentre il regolamento ci preoccupa meno perché la stessa legge dice che finché non ci saranno nuove normative, si potrà utilizzare il regolamento precedente, di fatto quindi non c’è un vuoto come nel caso dei decreti. Il tema invece più serio è quello dell’equipollenza, il problema è di carattere sociale, professionisti che se non riescono ad iscriversi ai rispettivi albi non potranno più esercitare la professione rischiando di perdere il posto di lavoro. Io penso che questa criticità andrà gestita secondo due strade: aprire i percorsi per riconoscere l’equivalenza dei titoli oppure tentare la strada politica ed intervenire a livello decisionale. Ci tengo a sottolineare che questi professionisti che sono all’interno del SSN da decenni, non possono essere mandati via, va dunque pensata una soluzione politica normativa che consenta loro ad esaurimento di rimanere entro il sistema pur non essendo iscritti al relativo albo».
A questo proposito il ministero non ha ufficializzato un incontro per fare il punto, vuole lanciare un messaggio?
«Noi il carattere d’urgenza lo abbiamo comunicato formalmente e informalmente sia al ministro che ai dirigenti del Ministero, so che siamo in piena sintonia con le organizzazioni sindacali e le associazioni maggiormente rappresentative delle professioni interessate, so che il Ministero e che le Regioni stanno gestendo una fase istruttoria, confidiamo che nel più breve tempo possibile si possa arrivare al posizionamento finale che verrà poi presentato a tutti gli attori coinvolti e alla federazione che mi onoro, soprattutto in questo momento storico, di presidiare».
Presidente di recente sono stati festeggiati i 40 anni del Servizio sanitario nazionale. In quasi mezzo secolo di storia, quali sono state le luci e le ombre del servizio sanitario in riferimento alle professioni?
«L’ombra più opprimente è stata, ed è, indubbiamente la sofferenza di carattere economico che rende più difficile rispondere in modo sicuro ed efficace ai bisogni della popolazione che sono sempre più complessi. La luce più evidente invece a parer mio – spero di non fare un’affermazione retorica – si può ricercare proprio nelle professioni sanitarie, perché se in questi ultimi anni il Servizio sanitario pubblico è rimasto in piedi, lo deve soprattutto ai professionisti sanitari che ci sono sempre stati in modo consapevole responsabile e qualificato. Dalle risorse umane e dalla loro valorizzazione si deve partire per dare nuovo slancio al servizio sanitario; ovvio, questo deve essere affiancato da risorse economiche destinate e scelte di politica sanitaria innovative. Una delle critiche che voglio fare nei confronti dei decisori politici degli ultimi anni, è che non hanno avuto il coraggio di compiere azioni per valorizzare le professioni sanitarie e, non meno importante, non hanno fatto abbastanza per territorializzare e domiciliarizzare le cure così come è necessario nel nostro Paese».