Il presidente del Consiglio Nazionale degli Ordini degli Psicologi spiega: «Il problema è che in Italia manca una rete pubblica per il disagio psicologico, il bonus è una prima risposta». Poi rilancia il tema dello psicologo scolastico: «C’è grande incertezza ma ho lavorato affinchè il protocollo con il MUR proseguisse. La misura andrebbe stabilizzata, politica deve assumersi responsabilità»
Dopo mesi di attesa, il bonus psicologo sta per diventare realtà con la possibilità sul sito dell’Inps di presentare le domande online a partire dal 25 luglio. Un’operazione che visto tra i massimi fautori David Lazzari, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi, che rivendica l’intervento per il contrasto al disagio psicologico: «In Italia manca una rete pubblica per il disagio psicologico, per prevenire e dare risposte. Con il bonus abbiamo dato una risposta a un bisogno reale sempre più diffuso nella popolazione».
La caduta del governo Draghi ha tuttavia interrotto alcune riforme in tema di sostegno psicologico di grande importanza: dallo psicologo scolastico allo psicologo delle cure primarie, ambito in cui molte regioni stanno già procedendo in autonomia. «Serve una legge quadro nazionale, il rischio è che si abbiano venti modelli diversi di psicologo di base. È evidente che una cornice nazionale diventa fondamentale» spiega il presidente CNOP. In merito alla psicologia oncologica, ancora al palo in molte realtà eppure molto richiesta dalle associazioni dei pazienti, Lazzari è lapidario: «Abbiamo degli atti programmatici che prevedono questo servizio ma è sempre difficoltosa la realizzazione di queste cose perché ai vari livelli viene visto ancora come un lusso, come qualcosa che non fa parte della cura ma come un qualcosa in più. Questa posizione da un punto di vista scientifico è una posizione sbagliata».
«I dati che sono stati recentemente presentati coincidono con una indagine che abbiamo fatto noi che ci dice che se c’è un 30% che non conosce il bonus psicologo mentre il restante 70% lo conosce. Il che è un livello di informazione molto importante che è coerente con l’attenzione dell’opinione pubblica su questo tema. Posso dire che nel periodo in cui c’era questo dibattito parlamentare sul bonus io mi sono trovato dal barbiere che le persone parlavano del bonus, c’era grande attenzione. Questo tema è stato ed è veramente sentito perché ha incrociato due fattori: da un lato un bisogno reale sempre più diffuso nella popolazione, dall’altra un atteggiamento diverso nei confronti di questi temi. Se prima il disagio psicologico era contrassegnato da situazioni di pudore, di riserbo e quindi le persone in qualche maniera le vivevano come una debolezza o un fatto da tenere per sé, oggi è visto come un diritto di salute e quindi è cambiato l’atteggiamento nei confronti di questo tema».
«Intanto mi faccia dire che il bonus è un segnale molto importante da parte della politica. Il problema è che in Italia manca una rete pubblica per il disagio psicologico, per prevenire, per promuovere, per dare risposte. Abbiamo i servizi di salute mentale ma sono servizi per le malattie mentali gravi che non riescono a intercettare e seguire le tante situazioni molto più diffuse che noi mettiamo sotto l’etichetta di ‘disagio psicologico’ e che rappresentano più o meno il 75% dei problemi di questo tipo che ci sono nelle persone. La somma messa in campo per il bonus non è molta, però voglio fare questa considerazione: sono dieci milioni di euro, ma se noi avessimo usato il parametro delle vecchie lire si tratta di 20 miliardi delle vecchie lire. Se noi dicessimo che lo Stato ha stanziato venti miliardi di lire per finanziare il bonus l’effetto sarebbe diverso. Adesso è uscito il decreto, l’Inps ci sta lavorando. A breve cominceremo ad avviare il reclutamento dei professionisti che desiderano mettersi a disposizione per l’erogazione del bonus. Con l’apertura della piattaforma verranno individuati i cittadini a cui dare questo bonus e nel giro di qualche mese avremo la possibilità di erogare materialmente il bonus».
ֿ«È un tema che ci sta molto a cuore. Ho lavorato affinchè fosse rinnovato nel secondo anno scolastico e rifinanziato, però adesso c’è una grande incertezza. Abbiamo un dialogo aperto con il ministro Bianchi ma non sappiamo come questa situazione andrà avanti. Le scuole esprimono un bisogno ormai consolidato. Credo che la maggior parte delle scuole italiane manterrà la consulenza psicologica, quello che manca è una risposta della politica a iniziare dal governo: deve decidere e assumersi responsabilità in questo senso. Dopo due anni in cui c’è stato un crescente apprezzamento da parte di tutti: docenti, studenti, presidi, famiglie. È necessario che il ministro della Salute e il ministro dell’Istruzione stabilizzino questo tipo di servizio».
«Nel 2017 è stato messo a punto il Piano nazionale per le malattie croniche che stabilisce cosa si deve fare con le persone che hanno patologie croniche, non solo oncologiche. In questo Piano è prevista anche l’assistenza psicologica. Pochissime settimane fa è stato rinnovato il Piano oncologico nazionale che prevede l’assistenza psicologica. Noi abbiamo degli atti programmatici che prevedono tutto questo ma è sempre difficoltosa la messa a terra di queste cose perché ai vari livelli viene visto ancora come un lusso, come qualcosa che non fa parte della cura ma come un qualcosa in più. Questa posizione da un punto di vista scientifico è una posizione sbagliata: abbiamo evidenze scientifiche, ricerche che dimostrano che l’intervento psicologico in molte patologie migliora non solo la qualità della vita ma anche l’evoluzione e la gestione della patologia, il processo clinico di evoluzione della malattia e i costi che la persona e il sistema sanitario e sociale. È una visione miope anche da un punto di vista economico».
«Al momento ci sono 14 tra regioni e province autonome che hanno varato o stanno varando normative in materia. C’è un movimento molto forte dal basso. Serve però una legge quadro nazionale. Approfitto per lanciare un appello al Parlamento affinchè approvi questo disegno di legge che sta diventando urgente perché le regioni stanno legiferando. Il rischio è che si abbiano venti modelli diversi di psicologo di base. È evidente che una cornice nazionale diventa fondamentale».
«Non è l’ordinanza sospensiva che mi preoccupa, che non è una discussione nel merito che si svolgerà a settembre. Mi preoccupa perché è evidente che intorno a questo tema, non solo per le sentenze della magistratura, ma anche per i pronunciamenti di tanti esponenti del mondo scientifico, sta tornando a esserci un clima di incertezza rispetto a quello che bisogna fare e alle prospettive della pandemia. È evidente che va ripristinato un indirizzo chiaro da questo punto di vista perché gli Ordini hanno fatto la loro parte, abbiamo applicato la legge, però non possiamo essere lasciati soli. Il governo su questo deve decidere con chiarezza come vuole affrontare i prossimi mesi».
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