«Sarà certamente una casualità, ma colpisce ritrovare il riferimento “alla difesa della sanità pubblica e universale” solamente al 22° posto dei 29 punti del programma di Governo. Una scelta singolare, che non passa inosservata, se si guarda invece al maggior peso che la sanità pubblica ha proprio nei singoli programmi e dichiarazioni dei partiti di governo». […]
«Sarà certamente una casualità, ma colpisce ritrovare il riferimento “alla difesa della sanità pubblica e universale” solamente al 22° posto dei 29 punti del programma di Governo. Una scelta singolare, che non passa inosservata, se si guarda invece al maggior peso che la sanità pubblica ha proprio nei singoli programmi e dichiarazioni dei partiti di governo». Così Tonino Aceti, portavoce della Federazione nazionale ordini professioni infermieristche, in un editoriale di commento al programma del nuovo Governo.
«Colpisce perché al SSN – prosegue -, attraverso la sua legge istitutiva 833/78, è attribuita un’importantissima responsabilità che certamente non merita il 22° posto, neanche graficamente: “la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”».
«Colpisce perché è una delle più grandi opere pubbliche realizzate dal secondo dopoguerra, in grado di tenere unito il Paese e garantirne la coesione sociale. È uno degli esempi migliori di Made in Italy al quale guardano con estrema attenzione molti altri Paesi. Un bene comune da garantire alle future generazioni».
«È in grado di erogare, ad esempio, circa 8,5 mln di ricoveri l’anno per 59 mln di giornate di degenza, circa 1mld di prestazioni di laboratorio, 57 mln di prestazioni di diagnostica per immagini, 47 mln per medicina fisica e riabilitazione, e così via».
«Guardando al suo capitale umano, nel 2017 il personale dipendente è pari circa 647.000 unità, il 71,5% nel ruolo sanitario e di questi il 58,7%, circa 270.000, sono infermieri, oltre 80 mila medici convenzionati, solo per fare alcuni esempi», spiega Aceti.
«Ampliando lo sguardo all’indotto della sanità nel suo complesso il numero di occupati sale a circa 2,2 milioni di addetti, cioè il 10% degli occupati del Paese».
«Non passa inosservato neanche il 1° punto del programma di Governo, che fa sorgere qualche domanda. Perché tra i settori delle politiche pubbliche che saranno destinatari di un incremento della dotazione di risorse nella prossima Legge di Bilancio 2020 non viene fatto esplicito riferimento alla Sanità? Si parla infatti (giustamente) di scuola, università, ricerca e poi si fa riferimento più in generale al Welfare, e il capitolo Welfare, si sa, si compone di una molteplicità di “voci”. A quali di queste saranno destinati gli eventuali incrementi (annunciati) delle risorse e in quale misura? E Perché non inserire la parola magica sanità? Del resto ha una sua dignità, a partire soprattutto dalle dichiarazioni di questi giorni di tutti i leader politici di Governo».
«Eppure di maggiori rassicurazioni e impegni puntuali sulle risorse per la sanità pubblica, proprio all’interno del programma di governo, cioè “la carta che canterà davvero” nelle scelte di questa maggioranza, ce ne sarebbe stato molto bisogno, visto che ancora ballano e parecchio i 3,5 mld di incremento del fondo sanitario nazionale per il 2020 e 2021 previsti nella precedente legge di bilancio. Questi incrementi si realizzeranno solo dopo la firma del Patto per la Salute che però è ancora in itinere, mentre doveva essere approvato entro marzo 2019. Ma soprattutto puntellare esplicitamente l’incremento della dotazione delle risorse per la sanità pubblica nel programma di governo avrebbe rassicurato gli animi di molti, visto il tema sempre più pressante delle coperture necessarie per scongiurare ad esempio l’aumento dell’IVA con la prossima legge di Bilancio ormai alle porte».
«E poi ci sono i bisogni dei cittadini, le partite aperte e i numeri della sanità pubblica che giustificherebbero, e parecchio, un suo richiamo esplicito e maggiori rassicurazioni all’interno del programma proprio sul terreno delle risorse».
I numeri della sanità.
«L’investimento in sanità rappresenta circa il 75% dei bilanci delle Regioni, cuba un finanziamento annuale di oltre 114 mld di euro, assorbe circa il 6,6% del PIL (poco rispetto ad altri Paesi) producendone oltre l’11%, contribuendo così in modo notevole alla crescita economica del Paese. La Sanità pubblica è un volano per la crescita e non un costo» spiega il portavoce FNOPI.
I cittadini.
«Ci sono diversi nodi, come ad esempio quelli dell’accesso ai servizi, della riduzione della pressione dei ticket e dell’abolizione del Superticket. E ancora: il potenziamento e l’innovazione dei servizi sanitari territoriali, nonché quello dell’attuazione dei nuovi Lea. Quest’ultimi rimasti in buona parte al palo, in parecchie Regioni, proprio per un problema di coperture sulle quali è in atto da anni un tira e molla tra Salute e MEF».
I professionisti sanitari.
«C’è una grande necessità di dare risposte concrete attraverso un serio rilancio degli investimenti economici, al fenomeno patologico e ormai insostenibile delle carenze di personale, a partire dagli infermieri e soprattutto alla luce degli effetti di Quota100: di infermieri ne mancano oltre 50mila, con Quota 100 rischiano di aumentare fino a 75mila e con i normali pensionamenti ancora di più. E poi c’è ancora la partita delle vere innovazioni tecnologiche, dell’edilizia sanitaria e più in generale dell’ammodernamento del SSN».
«Il terreno sul quale vanno giocate queste partite è proprio quello delle risorse destinate alla sanità pubblica. Su questo un maggior dettaglio all’interno del programma di governo avrebbe aiutato a tracciare una strada forse più lineare e sicura per raggiungere la prossima legge di Bilancio».
«Fortunatamente, invece, le prime dichiarazioni del Ministro Speranza sul rilancio del finanziamento del SSN a 118 mld, sulla necessità di un piano straordinario di assunzioni del personale sanitario e sull’abrogazione del Superticket trovano il nostro pieno appoggio e sono ottime premesse. Ora pero’, tutti insieme, con i 450.000 infermieri in prima linea, dobbiamo garantire alla sanità pubblica la centralità che merita nell’agenda delle priorità della politica, per arrivare così alla prossima legge di bilancio ad avere ciò che spetta al SSN, alla salute dei cittadini e ai professionisti: una sanità pubblica accessibile, equa, universale e solidale».
«Una sanità pubblica che torni ad essere in tutte le regioni “la prima scelta per i cittadini e i professionisti che vi lavorano” e che non lasci indietro nessuno», conclude Tonino Aceti.