Il vicepresidente Aito: «Non di rado il nostro intervento è uno dei pochi legami che consente alle persone di tenere un contatto con l’esterno, aiutandole a mantenere autonomia e socialità»
Preparano familiari e caregiver ad accogliere i pazienti fragili al loro ritorno a casa, dopo un lungo periodo di ospedalizzazione a causa del Covid-19. Aiutano bambini, disabili ed anziani ad acquisire il livello massimo di autonomia consentito dalla loro condizione di salute. Sono queste alcune delle tante mansioni che coinvolgono il terapista occupazionale durante questo periodo di pandemia, soprattutto di coloro che operano in regime libero professionale. A farsi portavoce dei professionisti sanitari che non sono dipendenti in strutture pubbliche o private è Marco Lodi Pasini, terapista occupazionale libero professionista, vicepresidente Aito, l’Associazione italiana terapisti occupazionali.
«Durante questo periodo di emergenza si sono intensificati gli interventi domiciliari – racconta Lodi Pasini -. Sono stato contattato dai familiari di una signora che già avevo assistito prima che esplodesse la pandemia. Anche lei è stata colpita dal Covid-19 ed ha affrontato un lungo periodo di ospedalizzazione, così la sua famiglia mi ha chiesto di preparare ciascun componente del nucleo familiare al ritorno a casa della donna. Grazie al contributo di tutti la signora ha riconquistato, in breve tempo, il livello di autonomia raggiunto prima del ricovero, ricominciando a svolgere anche una sorta di mansione lavorativa casalinga». Dal primo lockdown dello scorso anno ad oggi, il terapista occupazionale è diventato anche un importante punto di riferimento per le persone isolate dalla pandemia: «Non di rado – continua Lodi Pasini – il nostro intervento rimane uno dei pochi legami che consente alla persona di tenere un contatto con l’esterno ed aiutarla a mantenere le proprie autonomie e socialità».
Il terapista occupazionale libero professionista non si occupa solo di assistenza domiciliare: «Sempre più strutture richiedono la collaborazione della nostra figura in regime libero professionale, uno stimolo per me e per i miei colleghi ad approfondire le possibilità offerte da questa professione – sottolinea il vicepresidente Aito -. Un lavoro che ci mette in contatto con gli altri professionisti sanitari, dai fisioterapisti, agli educatori professionali, ai terapisti della neuropsicomotricità dell’età evolutiva, fino ai logopedisti. È frequente che siano proprio queste figure professionali a chiederci di valutare i loro pazienti nella vita quotidiana. Ad esempio, ho guidato un bambino di 5 anni, che già seguiva un percorso di riabilitazione di logopedia, verso alcune autonomie, come mangiare e vestirsi da solo. Per raggiungere questi obiettivi sono stato sia a casa sua, a contatto con i genitori, sia presso la scuola dell’infanzia frequentata dal bambino, affiancando le maestre. Così, anche questo bambino ha conquistato tutte quelle autonomie adatte alla sua età. Tra gli obiettivi più importanti di un terapista occupazionale – conclude Lodi Pasini – è rendere partecipi gli individui della propria vita quotidiana».
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