Lavoro e Professioni 20 Maggio 2019 16:28

#UnGiornoCon | Terapista occupazionale. Così Christian ha imparato ad allacciare le scarpe, leggere l’orologio e sbucciare la frutta

Durante l’età evolutiva il terapista occupazionale può avvalersi di due diversi approcci: «Il primo – spiega l’esperto – è di integrazione sensoriale e si utilizza soprattutto con bambini da 0 a 5 anni. Il secondo è incentrato sulla pratica delle più comuni attività di vita quotidiana»

di Isabella Faggiano

Imparare ad allacciare le scarpe, leggere l’ora sull’orologio e sbucciare la frutta. Sono questi i primi tre desideri espressi da Christian, un bambino di 10 anni, durante il suo incontro preliminare con il terapista occupazionale. «Un professionista sanitario che riabilita il fare quotidiano», spiega Litterio Runza, terapista occupazionale del centro di Riabilitazione Irccs San Raffaele Roma, vice presidente Aito (Associazione italiana terapisti occupazionali), che da un mese guida il piccolo Christian nel suo cammino di apprendimento.

«Ogni bambino – continua Runza -, prima di essere avviato al suo specifico percorso terapeutico, viene sottoposto ad un’intervista grazie alla quale vengono individuate le attività quotidiane che il bimbo vuole o deve fare, però non riesce a portare a termine, affronta con difficoltà o non è soddisfatto del modo in cui le svolge. Lo scopo è il raggiungimento di un maggiore grado di autonomia».

Durante l’età evolutiva il terapista occupazionale può avvalersi di diversi approcci riabilitativi come ad esempio l’approccio ASI (Ayres Sensory Integration) e il CO-OP (Cognitive Orientation to daily Occupational Performance): «L’approccio ASI – dice l’esperto – si utilizza soprattutto con bambini da 0 a 5 anni che hanno difficoltà legate alle prassie, disturbi del controllo motorio o che mostrano atteggiamenti di iper-reattività o ipo-reattività (pensate ad un bambino goffo o un bambino autistico e alle sfide sensoriali a cui sono sottoposti giornalmente). Il secondo – continua il terapista occupazionale – è un approccio riabilitativo metacognitivo usato per aiutare i bambini ad affrontare i problemi che sperimentano quotidianamente».

E per soddisfare le esigenze di Christian è stato utilizzato proprio questo secondo approccio. Durante la terapia alla quale abbiamo assistito con le telecamere di Sanità Informazione, infatti, Christian, si è cimentato nel fiocco, nella lettura dell’ora e nell’utilizzo del coltello per sbucciare. Durante le sedute precedenti, è stato possibile insegnare a Christian una strategia globale (basata su: obiettivo-piano-fare-controllo) che aveva appuntato su un suo personale quaderno. Poi, attraverso la scoperta guidata sono state identificate delle strategie specifiche che hanno permesso al bambino di superare le difficoltà di performance. Ora, seguendo queste precise istruzioni riesce a portare a termine le attività recentemente apprese con estrema facilità.

Ecco le strategie che Christian ha individuato per imparare a fare il fiocco, operazione che conclude con successo in pochi secondi: «Prima il nodo – racconta Christian -, poi è necessario fare un cerchio con uno dei due lacci. Terzo: una rotazione dentro il cerchio, per poi passare il filo all’interno dello stesso. Fino a prendere i due cerchi ottenuti e tirarli». E il fiocco è fatto.

Anche per leggere l’ora Christian ha dapprima imparato la funzionalità della lancetta piccola e di quella grande: «La prima – dice – segna le ore, la seconda i minuti». Un veloce conteggio dei segni presenti dell’orologio fino a quello in cui sono posizionate le lancette e il gioco è fatto: quando Christian legge l’ora sono le quattro e otto minuti del pomeriggio.

L’ultima sfida della giornata, e forse anche la più complessa, è la preparazione di una macedonia con fragole, banane e mele. «Non una semplice attività di cucina – commenta Litterio Runza – ma un impegno che presuppone l’apprendimento e il riconoscimento di una serie di regole fondamentali. Prima fra tutte la necessità di lavarsi le mani quando ci si trova a maneggiare qualsiasi tipologia di cibo. Poi, l’organizzazione del piano di lavoro, come una tavola ben apparecchiata, per poi passare alla pratica utilizzando, con la giusta attenzione, arnesi da cucina “pericolosi” come può esserlo un coltello affilato».

Quando la macedonia è pronta, così come qualsiasi altra pietanza preparata in cucina durante la seduta di riabilitazione, il terapista occupazionale ne fotografa il risultato condividendolo con gli altri operatori del reparto che sono invitati all’assaggio: «Questo perché – spiega Litterio Runza – anche la gratificazione svolge un ruolo fondamentale nella complessiva riuscita della terapia».

E dopo questo momento di convivialità arriva sempre l’ora di salutarsi. E allora ecco la domanda conclusiva di rito: «Cosa vorrai preparare durante il nostro prossimo incontro?», chiede il terapista a Christian. «I muffin», risponde il piccolo. «Ogni seduta termina sempre con la programmazione della successiva, rigorosamente – conclude l’esperto – nella piena complicità terapista-bambino».

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