INTERVISTA DOPPIA | Per la rubrica Salute in Capsule, abbiamo raccolto le parole e la testimonianza di una biologa nutrizionista e di una studentessa e modella di Milano che ha affrontato una grave forma di Dca, Disturbo del comportamento alimentare
Alcuni mesi fa ho intervistato, nell’ambito del progetto Salute in Capsule, una Biologa Nutrizionista, la dottoressa Sara Virgilio, in merito ai Dca, i Disturbi del comportamento alimentare https://youtu.be/KN12R_ui6G0, e Sara Baglieri, una studentessa e modella di Milano affetta da Dca, https://youtu.be/8xroJiqhXfE.
In questo articolo ho voluto approfondire nuovamente il tema cercando di far emergere una duplice visione che possa risultare utile ad inquadrare un tema complesso, ma sul quale è importante una presa di coscienza collettiva.
Il 15 marzo si celebra la “Giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata ai disturbi del comportamento alimentare”. Questi disturbi, in particolare l’anoressia, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata “binge eating”, sono un problema di sanità pubblica e oggetto di attenzione sanitaria e sociale per la loro diffusione, per l’esordio sempre più precoce tra le fasce più giovani della popolazione (anche nei bambini di 8-9 anni) e per l’eziologia multifattoriale complessa.
I DCA, se non diagnosticati e trattati precocemente, aumentano il rischio di complicanze organiche rilevanti a carico di tutti gli organi e apparati dell’organismo (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, sistema nervoso centrale, dermatologico, ecc…) con rischio di cronicizzazione e anche, nei casi più severi, di mortalità, in particolare per quanto riguarda l’anoressia.
La figura del Biologo nutrizionista entra, in equipe con gli altri professionisti sanitari, nella gestione di questi veri e propri disturbi psichiatrici, caratterizzati da un rapporto patologico con il cibo ed il proprio corpo, disturbi invalidanti perché compromettono sia la salute fisica che sociale dell’individuo.
Sono patologie complesse perché oltre ad essere legate ad una eccessiva preoccupazione per il peso, alterano la percezione dell’immagine corporea finalizzando l’individuo al controllo del proprio peso. Chi soffre di questi disturbi si percepisce grasso, brutto, socialmente non accettato con conseguente calo dell’autostima, inoltre, chi ne soffre ha un’attenzione ossessiva nei confronti del proprio corpo che viene visto inadeguato. Il cibo diventa un mezzo per comunicare disagio e tristezza, sono circa 3 milioni le persone che hanno questi disturbi e circa l’89% sono adolescenti.
“Iniziamo con quella più conosciuta l’Anoressia/Anoressia Nervosa. Entrambe le patologie sono caratterizzate da un eccessivo calo del peso, rifiuto del cibo. La differenza tra le due è che la prima può essere indotta da: grave lutto, pazienti che fanno terapia antitumorale, o pazienti che assumono farmaci che inducono alla perdita di appetito come conseguenza delle terapie che causano senso di nausea. La seconda è una vera e propria malattia psichiatrica caratterizzata da un vero e proprio rifiuto del cibo per paura di ingrassare. Chi vive questa condizione cerca di mantenere il proprio peso corporeo il più basso possibile attraverso forti restrizioni dietetiche, la persona anoressica percepisce il proprio corpo in modo alterato rifiutando di ammettere la gravità del sottopeso. L’esordio di questa patologia può essere scatenato da diversi fattori: eventi traumatici, diete sbagliate, abusi, cyberbullismo ma anche da modelli estetici estremamente magri. Maggior impatto lo hanno i media e i social che influenzano in modo negativo bambini e adolescenti. Infatti, più tempo trascorrono sui social più alto è il rischio di incorrere in forme depressive, i messaggi pubblicitari che vengono proposti influenzano in modo negativo in quanto propongono immagini con modelle o adolescenti con fisici estremamente magri. I modelli estetici proposti attraverso le immagini sono canoni di bellezza alterati e gli adolescenti vengono influenzati in modo dilagante. I canoni distorti proposti non seguono gli standard di piacevolezza, ma hanno il solo scopo di vendere il prodotto, questi modelli vengono accettati come normalità e ci si abitua a vedere tali immagini. Il continuo bombardamento induce il paziente anoressico a fare propri tali messaggi identificandosi in quell’esempio, personalizzandolo”.
“Ho iniziato a rendermi conto che qualcosa non andava quando è iniziato il lockdown. A dir la verità, era da tempo che il mio rapporto con il cibo e con il corpo non era sano, forse da sempre, da quando ero bambina, ma quando sono rimasta chiusa in casa con la sola compagnia di me stessa e dei miei pensieri sono stata costretta ad affrontare la verità dei fatti. La pandemia mi ha dato la possibilità di prendere il malessere che avevo dentro e trasporlo sul mio corpo, che ho utilizzato come una tela, di modo che il mio star male fosse visibile non solo a me stessa ma anche a tutti gli altri. Ovviamente, questo processo è stato inconscio e mi sono accorta di come avevo agito solo dopo mesi di terapia”.
“I campanelli di allarme sono molteplici tra questi oltre il rifiuto del cibo e di conseguenza un regime alimentare sempre più restrittivo, c’è l’ossessione del peso. L’anoressico monitora costantemente il proprio peso corporeo, consuma i propri pasti molto lentamente con porzioni sempre più piccole, il soggetto malato tende ad isolarsi, a vedersi sempre in sovrappeso, con conseguente calo del rendimento scolastico. Questa patologia ha effetti gravi che si ripercuotono sul fisico con danni irreversibili, tra le maggiori conseguenze vi è l’importante perdita della massa muscolare, causando problematiche persino del muscolo cardiaco che si indebolisce. Purtroppo, anche se si dovesse riportare il fisico ad uno stato migliore i danni al cuore potrebbero essere permanenti. Altre conseguenze sono l’amenorrea (assenza delle mestruazioni), demineralizzazione dell’osso, alterazioni cutanee, disturbi gastrointestinali letargia o eccesso di energia, ipotermia e ipotensione, indebolimento di unghie e capelli”.
“Inizialmente, è nato tutto con un’innocente dieta e dell’esercizio fisico: stando chiusa in casa avevo il tempo di fare tutto ciò che volevo. In realtà, il voler migliorare me stessa era solo una scusa e nel giro di poche settimane una dieta fai-da-te è divenuta un vero e proprio privarsi di qualsiasi alimento e allenarsi per ore ed ore fino quasi a svenire. Di conseguenza sono venute anche le paure nei confronti di determinate categorie di alimenti quali carboidrati o tutto ciò che per la mia testa era considerato ‘grasso’. Ho iniziato a contare le calorie in maniera ossessiva, a pesare qualsiasi cosa e a impormi un limite di calorie introdotte che non era assolutamente compatibile con la vita di una ragazza adolescente. Ovviamente il peso scendeva, e anche parecchio, ma a me non andava bene e allo specchio mi vedevo sempre più ‘enorme’. Ho addirittura iniziato a coprire gli specchi di camera mia con delle coperte, pur di non guardare quel corpo che riconoscevo come immenso motivo di vergogna. Io avrei continuato all’infinito. Ormai erano passati mesi e mi rendo conto a posteriori che stavo letteralmente sparendo, ma per fortuna i miei genitori e le persone che mi stavano accanto e mi volevano bene si sono resi conto e hanno agito per me, perché io in quel momento non ero in grado di prendermi cura di me stessa da sola e non avevo ancora preso coscienza di cosa stavo facendo”.
“La cura per chi soffre di anoressia inizia con lunghi percorsi di terapie con psichiatri, psicoterapeuti, psicologi al fine di aiutare i soggetti malati nella scoperta delle cause che scatenano tale patologia. Questi percorsi aiutano anche i familiari coinvolti, che vivono il disagio del malato. Nelle forme più gravi sono necessari ricoveri in strutture sanitarie specializzate”.
“Il mio cervello e i miei occhi mi mentivano e io ero davvero convinta di essere una persona con un fisico grasso, che mangiava troppo- molto più di quanto meritasse. Ciò che mi ha salvato è stata la decisione dei miei genitori di mandarmi, anche contro il mio volere, da una psicologa e da una nutrizionista, che in seguito sono state affiancate anche da uno psichiatra. L’unico modo per affrontare queste malattie mentali, che però hanno anche ripercussioni fisiche molto gravi è affidarsi a dei professionisti. Quando si soffre di un disturbo alimentare, la testa urla di non ascoltare quei medici che ti dicono che devi ingrassare, che vogliono solo il tuo male: l’unica a volere il tuo bene è la malattia. Ho avuto la fortuna di essere affiancata da una fantastica équipe di medici, professionisti che sapevano come prendere una ragazza con determinate difficoltà, professionisti che tuttora mi seguono e mi aiutano nei miei momenti di difficoltà”.
“Sì, la Bulimia Nervosa: è un Dca che consiste nel mangiare in modo vorace il cibo, cioè il cibo viene assunto in modo spasmodico e incontrollato (abbuffate), per poi auto indursi il vomito. Vi è una vera e propria eccessiva assunzione di cibo per poi eliminarlo attraverso vomito o uso di lassativi. Come per l’anoressia, ci si ammala di bulimia perché l’individuo subisce situazioni traumatiche, come violenze, drammi familiari, difficoltà ad essere accettati. Quello che accomuna questi disturbi sono il rapporto conflittuale con il cibo, che diventa indicativo di un disagio interiore. Il paziente bulimico generalmente ha un peso forma normale perché è ben mascherato soprattutto all’inizio; infatti, questo dettaglio rende difficile una diagnosi precoce. Tipica manifestazione di questa patologia sono le assunzioni di cibo in modo incontrollato, con quantità eccessive rispetto a quello che un soggetto normale assumerebbe in un determinato periodo di tempo. Vi è una vera e propria perdita del controllo dell’assunzione di cibo, non si riesce a smettere di mangiare si diventa letteralmente impossibilitati a smettere di mangiare, si perde perfino il controllo di cosa si sta assumendo. Le ‘abbuffate’ incontrollate hanno cadenza settimanale all’inizio quando la patologia è in forma lieve, le grosse mangiate avvengono circa 1-2 volte a settimana in un arco di tempo di circa 2 ore. In questo intervallo di tempo viene assunto una notevole quantità di cibo. La fase successiva della patologia diventa moderata e quindi ha una cadenza di circa 4-7 episodi a settimana, per poi diventare grave 8-13 episodi e infine estrema 14 e più episodi. Di conseguenza segue una condotta di compenso, cioè evitare l’aumento di peso eliminando ciò che si è ingerito, l’eliminazione avviene attraverso il vomito autoindotto che viene pianificato e ricercato per evitare l’aumento di peso, oppure attraverso l’assunzione di lassativi con conseguenze importanti sull’organismo. Questa patologia ha in comune con l’anoressia la bassa autostima, alterato rapporto con il cibo difficoltà a comunicare le proprie emozioni. Anche in questo caso le ripercussioni sul fisico sono una costante fluttuazione del peso, aritmie cardiache, vasi sanguigni rotti negli occhi, ghiandole della mascella ingrossate, traumi nella cavità orale, infiammazione dell’esofago, reflusso gastrico cronico”.
“Il Binge Eating Disorder a differenza della bulimia questa patologia non sfocia in condotte di eliminazione, chi ne soffre sviluppa una grave obesità. Le cause sono di varia natura come, per esempio, problematiche sociali e culturali, tra queste vi sono anche i continui commenti critici sul sovrappeso della persona e la vulnerabilità del soggetto porta a sviluppare questo disturbo. Inoltre, non va sottovalutato il comportamento di alcuni genitori che usano il cibo per premiare o confortare i figli. Le cause psicologiche sono la depressione, la solitudine e l’insoddisfazione verso il proprio corpo. I pazienti che soffrono di questa patologia utilizzano il cibo per anestetizzare le insoddisfazioni e il disagio. Le problematiche mediche sono legate all’obesità quindi diabete, ipertensione, problemi ormonali, problemi cardio-respiratori. Anche il Ministero della Salute ha redatto alcuni documenti di indirizzo, fortemente sollecitati sia dalle Associazioni dei familiari che dagli Operatori sanitari, per fornire strumenti pratici per la gestione delle persone affette da disturbi dell’alimentazione e l’invio ai Centri di cura più appropriati, attraverso la segnalazione della Mappa dei Servizi e delle Associazioni dedicati alla cura dei Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. A tal fine, è stata realizzata da Ministero e Istituto Superiore di Sanità la piattaforma interattiva, e costantemente aggiornata, dove sono censiti tutti i Centri dedicati alla cura dei Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione”.
“Io non sono guarita e la strada è ancora molto lunga, ma se non fosse stato per queste persone io semplicemente oggi non sarei qui, perché la mia testa mi avrebbe spinta a un limite non più sopportabile. Mi è capitato tante volte di sentirmi dire da persone ignoranti, ma non nel senso negativo del termine, semplicemente non informati, di ‘mangiare una pizza’ o di ‘smetterla di fare i capricci’, commenti che fanno solo male, così come i commenti in cui la colpa viene data alla famiglia o a un’assenza di forza di volontà. Il problema è proprio la mancanza di informazione su qualsiasi tipo di malattia che non colpisca il fisico. Se fosse così facile, come prendere una pillola, questi disturbi non esisterebbero nemmeno e saremo tutti guariti nel giro di pochi giorni. E invece le persone ci muoiono. A chiunque stia passando quello che ho passato io, direi prima di tutto di realizzare che da soli non ce la si può fare: non ci si può salvare da soli, non si può guarire con le proprie forze soltanto. Bisogna fidarsi e affidarsi; parlare con amici parenti, per quanto sia difficile. Io so di essere stata fortunata però vorrei ricordare a chiunque si senta nel mezzo di un tunnel buio e senza via di fuga, che la luce esiste e che quella voce che urla nella testa non vuole il tuo bene, ma il tuo male. La soluzione è urlare sempre più forte perché, se la testa urla vuol dire che stai facendo la cosa giusta. Piano piano le tue urla copriranno quelle della malattia, ogni volta che ci provi diventa un po’ più facile perché mollare significa cessare di vivere”.
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