Drew Weissman, 64 anni, e Katalin Karikò, 68 anni, sono i due nuovi vincitori del Nobel per la Medicina 2023. I due scienziati hanno sviluppato la tecnologia che ha permesso, nel giro di pochissimi mesi, di sviluppare i vaccini anti-Covid a mRNA, che hanno salvato milioni di vite umane nel mondo
Drew Weissman, 64 anni, e Katalin Karikò, 68 anni, sono i due nuovi vincitori del Nobel per la Medicina 2023. I due scienziati hanno sviluppato la tecnologia che ha permesso, nel giro di pochissimi mesi, a sviluppare i vaccini anti-Covid a mRNA, che hanno salvato milioni di vite umane nel mondo. «I vincitori hanno contribuito allo sviluppo del vaccino, con una velocità senza precedenti, durante una delle più grandi minacce alla salute umana dei tempi moderni», ha dichiarato il comitato del Premio Nobel. Oggi la stessa tecnologia dell’mRNA è oggetto di ricerca per lo sviluppo di vaccini efficaci anche per altre malattie, compreso il cancro.
Weissman, professore all’Università della Pennsylvania, e Karikò, senior vice president di BioNTech, sono stati premiati per il loro lavoro che ha permesso di modificare la chimica dei filamenti dell’mRNA, che ne ha reso possibile l’utilizzo nei vaccini. La tecnologia è stata concessa in licenza dall’azienda biotecnologica statunitense Moderna e dall’azienda biotecnologica tedesca BioNTech che ha poi collaborato con la multinazionale Pfizer. Entrambi hanno poi realizzato vaccini anti-Covid. L’mRNA è una molecola «messaggero» che consente alle informazioni genetiche immagazzinate nel DNA, nel nucleo della cellula, di essere trasportate alle fabbriche di produzione di proteine chiamate ribosomi in altre parti della cellula.
Da tempo esisteva un interesse nell’utilizzo dell’mRNA in medicina per istruire le cellule umane a produrre proteine che normalmente non produrrebbero. Ma se l’mRNA sintetizzato artificialmente viene iniettato nel corpo, sembra simile all’mRNA prodotto dai batteri e quindi viene distrutto da varie sostanze chimiche immunitarie. Mentre erano all’Università della Pennsylvania negli anni ’90, Karikó e Weissman hanno trovato un modo per modificare chimicamente l’mRNA sintetizzato in modo che assomigli alla versione prodotta naturalmente dalle cellule dei mammiferi, evitando così l’attacco da parte del sistema immunitario.
Nel vaccino contro il Covid-19, l’mRNA contiene le istruzioni per produrre la proteina «spike» del coronavirus, cioè la chiave d’accesso che il virus entra nella cellula. Quando a qualcuno viene somministrato il vaccino, le sue cellule iniziano a produrre questa proteina, che innesca una normale risposta immunitaria. I vaccini Moderna e Pfizer/BioNTech sono stati ampiamente lanciati nei paesi ad alto reddito dall’inizio del 2021 in poi. Inizialmente sono riusciti molto bene a impedire che le persone venissero infettate dal Covid-19. Poi hanno perso un po’ della loro efficacia con le varianti omicron del virus, che hanno iniziato a diffondersi alla fine del 2021. Tuttavia, i vaccini sono ancora efficaci nel ridurre la gravità della malattia e prevenire i decessi. E lo sono ancora di più da quando alcuni paesi, compresa l’Italia, ha avviato la campagna di richiamo con i vaccini «aggiornati».
I vaccini mRNA contro il Covid-19 hanno contribuito a prevenire innumerevoli morti e gravi malattie dovute al coronavirus e hanno consentito alle società di riaprirsi. Un altro vantaggio della tecnologia mRNA è che consente di produrre più rapidamente i vaccini contro qualsiasi virus o batterio. «Sono allo studio vaccini a RNA contro la malaria, la dengue, l’HIV o anche contro l’influenza stagionale», spiega Giuseppe Novelli, genetista dell’Università Tor Vergata di Roma. «Per quest’ultima si parla di vaccino ‘universale’, che non va aggiornato ogni anno come invece avviene al momento», aggiunge.
«Grazie al lavoro e alle scoperte di Weissman e Karikò si è aperta la strada anche allo sviluppo di vaccini a mRna contro i tumori», evidenzia Pier Francesco Ferrucci, direttore dell’Unità di Bioterapia dei Tumori presso l’istituto Europeo di Oncologia e presidente del Network Italiano per la Bioterapia dei Tumori (Nibit). «Adesso sono in fase di sviluppo vaccini contro il cancro quindi le scoperte dei due scienziati hanno consentito di rendere questa molecola solitamente fragile e molto degradabile in una molecola bersaglio per i vaccini», aggiunge. Attualmente sono oltre 40 vaccini anti-cancro a mRNA alla verifica clinica nel mondo, alcuni dei quali in fase avanzata di sperimentazione. Tanto che nel 2024 uno dovrebbe entrare in Fase III, la più importante.
«I vaccini anti-Covid a mRNA sfruttano la stessa tecnologia adottata per il Covid – spiega Ferrucci –. Ovvero sono vaccini che si avvalgono dell’RNA messaggero (mRNA), una sorta di ‘postino’ che trasmette importanti informazioni alle cellule. Per i vaccini anti-cancro si utilizzano mRNA sintetici progettati per ‘istruire’ il sistema immunitario a riconoscere una proteina chiamata ‘neoantigene’, che è espressione di una mutazione genetica avvenuta nella cellula malata. Si tratta di una specie di ‘impronta digitale’ specifica e personale, presente nelle cellule tumorali di quel paziente. I vaccini antitumorali a mRNA personalizzati sono quindi progettati ‘su misura’ con lo scopo di innescare il sistema immunitario ad uccidere selettivamente ed esclusivamente le cellule tumorali in quel paziente e nei pazienti in cui i tumori esprimono la stessa mutazione».
L’incontro tra Weissman e Karikò è stato casuale. I due scienziati si sono incontrati casualmente all’Università della Pennsylvania. davanti a una fotocopiatrice. «E’ divertente il modo in cui Kati (Kariko, ndr) e io ci siamo incontrati», racconta Weissman. «Litigavamo per la fotocopiatrice. A quei tempi, l’unico modo per leggere gli articoli di giornale era fotocopiarli. E litigavamo – continua – per la fotocopiatrice per poter leggere gli articoli. Abbiamo iniziato a parlare e a confrontare ciò che facevano gli altri». Erano poco più che 30enni e non potevano essere più diversi di così.
Weissman, classe 1959, è nato ed cresciuto a Lexington in Massachusetts, Stati Uniti. Ha conseguito la laurea in Medicina e il dottorato di ricerca all’Università di Boston nel 1987. Ha svolto la sua formazione clinica presso il Beth Israel Deaconess Medical Center della Harvard Medical School e attività di ricerca post-dottorato ai National Institutes of Health (Nih), sotto la supervisione di Anthony Fauci. Nel 1997 ha fondato il suo gruppo di ricerca presso la Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania. E’ Roberts Family Professor in Vaccine Research e direttore del Penn Institute for Rna Innovations. In un ritratto pubblicato qualche tempo fa dal Washington Post, Weissman viene descritto dai suoi familiari come una persona molto seria, padrone di sè, intelligente e divertente.
Karikò è nata nel 1955 a Szolnok, in Ungheria. Figlia di una contabile e di un macellaio, aveva 30 anni quando decise di fare la valigia e partire per gli Stati Uniti, portando con sé 1.200 dollari nascosti nell’orsacchiotto della figlia di due anni. Approdò prima alla Temple University di Philadelphia e poi all’Università della Pennsylvania, dove rimase fino al 2013 non senza difficoltà. Si ritrovò a lottare contro l’indifferenza e lo scetticismo dei suoi superiori, non riuscendo a vincere quei finanziamenti che le avrebbero permesso di ottenere l’indipendenza che le serviva nella ricerca. Senza mezzi adeguati, si ritrovò perfino a riportare a casa le attrezzature di laboratorio rotte affinché il marito le riparasse.
Nel 1997 la svolta, con la nascita della collaborazione con Drew Weissman, allora professore di immunologia. E’ del 2005 il loro lavoro decisivo sulle modificazioni chimiche dell’Rna che avrebbero permesso di introdurre questa molecola nelle cellule senza causare una pericolosa infiammazione. Seguirono anni difficili, in cui le loro ricerche sembravano non suscitare interesse nella comunità scientifica. Nel 2013, per Karikò, è poi arrivato il doloroso addio al mondo accademico. «Sono stata costretta a lasciare l’università», racconta nell’intervista rilasciata alla Fondazione Nobel. E’ stato un periodo «spiacevole», dice ancora Karikò, ma «ho sempre avuto il sostegno di mio marito» e «alla fine sono andata in Germania». Così è cominciata la sua seconda vita professionale come vice presidente della BioNTech Rna Pharmaceuticals, l’azienda che ha gettato le basi del vaccino a mRna contro Covid-19.
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