I ricercatori: «La tecnologia potrebbe distrarre e assorbire, o alterare lo stato mentale del paziente, riducendo così l’esperienza soggettiva del dolore e/o potenziando la loro capacità di far fronte agli impatti fisici e psicologici della loro condizione»
Trascorrere del tempo nella realtà virtuale immersiva può alleviare le sofferenze provate nella vita reale, anche quelle che derivano da patologie gravi come il cancro. A dimostrarlo un recente studio pubblicato sulla rivista BMJ Supportive & Palliative Care e condotto presso il Queens University di Belfast. La realtà virtuale immersiva, ovvero che consente di percepirsi fisicamente presenti in un mondo non fisico, potrebbe essere un toccasana per diversi pazienti, non solo quelli oncologici. Le evidenze scientifiche, infatti, indicano che questa tecnologia potrebbe aiutare anche quei malati che vivono in altre condizioni, ma ugualmente stressanti a lungo termine, come ad esempio la sclerosi multipla (SM), la malattia renale e la demenza.
Per giungere a questa conclusione, i ricercatori hanno esaminato banche dati di ricerca per individuare studi che analizzavano l’uso e l’efficacia della realtà virtuale immersiva. Hanno trovato 31 studi, pubblicati tra il 1993 e il 2023, in cui la tecnologia era stata utilizzata in pazienti con cancro, demenza, malattie cardiovascolari, SM, malattia renale, malattia infiammatoria intestinale e malattia polmonare ostruttiva cronica. Gli studi variavano per dimensioni, da 30 a 50 partecipanti, con un’età media di 51 anni. Tre partecipanti su quattro erano donne. In media, una sessione di realtà virtuale durava 20 minuti, con una frequenza che andava da un’applicazione singola a giornaliera.
Gli studi hanno esaminato interventi di realtà virtuale immersiva basati sull’ambiente e su giochi, progettati per rilassare il paziente prima del trattamento medico con una combinazione di una passeggiata nella natura e meditazione. L’analisi ha mostrato che i pazienti erano ben disposti ad utilizzare la realtà virtuale immersiva e che ha aiutato le persone con cancro, demenza, malattie cardiovascolari, SM e malattie renali a far fronte meglio ai trattamenti medici necessari e all’impatto emotivo della loro condizione.
«Non è ancora chiaro il modo in cui la realtà virtuale possa esercitare i suoi effetti fisici e psicologici sui pazienti – affermano i ricercatori -. La tecnologia potrebbe distrarre e assorbire, o alterare lo stato mentale del paziente, riducendo così l’esperienza soggettiva del dolore e/o potenziando la loro capacità di far fronte agli impatti fisici e psicologici della loro condizione. Questi risultati – concludono gli autori dello studio – sono promettenti in una popolazione a rischio e suggeriscono che la realtà virtuale immersiva può offrire un intervento non farmacologico che è considerato accettabile da medici, caregiver e pazienti».
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