Il carcinoma mammario triplo negativo è una malattia in genere aggressiva, che cioè tende a diffondersi velocemente e a ripresentarsi dopo i trattamenti. Lo studio
Nuove speranze di cura per le donne affette da carcinoma mammario triplo negativo, un particolare tipo di tumore della mammella così definito perché le sue cellule non presentano i recettori per gli estrogeni (ER), né per il progesterone (PR) e, inoltre, non si rileva un’espressione aumentata di HER2. Clinicamente è una malattia in genere aggressiva, che cioè tende a diffondersi velocemente e a ripresentarsi dopo i trattamenti. Ora, i ricercatori dell’Ateneo fiorentino, coordinati da Andrea Morandi, hanno scoperto come influenzare la sensibilità delle cellule tumorali alla ferroptosi e favorirne così la morte. Lo studio, pubblicato sulla rivista Embo Molecular Medicine e sostenuto da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, Fondazione Cr Firenze e Associazione Annastaccatolisa Odv, mostra come colpire il metabolismo lipidico anomalo, tra i fattori di rischio che più contribuiscono allo sviluppo dei carcinomi mammari triplo negativo.
Il gruppo di ricerca ha individuato una maggiore concentrazione di acidi grassi polinsaturi nelle cellule più aggressive di questo tipo di tumore. Gli scienziati hanno pensato di sfruttare il metabolismo lipidico anomalo del tumore quale bersaglio per nuovi trattamenti, oltre che per individuare marcatori diagnostici innovativi. “Un sottogruppo di questi carcinomi con prognosi peggiore mostra alti livelli degli enzimi Fads1 e Fads2, coinvolti nella produzione di acidi grassi polinsaturi – spiega Andrea Morandi -. Le cellule tumorali che contengono una maggiore concentrazione di acidi grassi polinsaturi sono più vulnerabili alla ferroptosi, una particolare forma di morte cellulare”, che “può essere innescata da farmaci che finora hanno dimostrato una certa efficacia in modelli preclinici ma che necessitano di ulteriori sviluppi e di sperimentazioni prima di poter essere utilizzati nei pazienti”. Lo studio ha “in particolare dimostrato che è possibile influenzare la sensibilità delle cellule tumorali alla ferroptosi e favorirne così la morte. L’effetto desiderato si ottiene interferendo con gli enzimi Fads1 e Fads2 o abbassando la concentrazione dei lipidi polinsaturi all’interno della cellula”. “Auspichiamo – conclude Morandi – che i problemi di tossicità legati ai farmaci in grado di indurre la ferroptosi siano quanto prima superati”.
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