Lo studio apre la strada ad un futuro metodo rapido e semplice di diagnosi anche per molte malattie rare. I ricercatori hanno analizzato i dati relativi a oltre 3mila proteine ottenuti da un gruppo di 40mila individui
Nel sangue ci sono i ‘segni’ di 67 diverse malattie, tutte singolarmente rilevabili, e quindi diagnosticabili, con un semplice test ematico. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Nature Medicine, frutto di una collaborazione tra l’azienda farmaceutica GlaxoSmithKline, Università di Cambridge, University College di Londra, Università Queen Mary di Londra e Istituto di Sanità di Berlino. La ricerca apre la strada ad un futuro metodo rapido e semplice di diagnosi anche per molte malattie rare che, attualmente, possono richiedere anche mesi o anni per essere diagnosticate. Il sangue e le proteine che vi circolano si confermano, così, una miniera di informazioni preziose. Solo pochi mesi fa, due studi britannici pubblicati sulla rivista Nature Communications, avevano annunciato la ‘scoperta’ di 618 proteine presenti nel sangue e indicative di ben 19 tipi di tumore: 107 di queste molecole potrebbero addirittura segnalare il pericolo con almeno sette anni di anticipo.
Un altro lavoro, pubblicato a dicembre 2023 su Nature, ha riguardato, invece, la possibilità di predire, sempre tramite un semplice test del sangue, quale organo invecchierà prima in individui apparentemente sani: ciò potrebbe consentire di indirizzare le cure mediche persino prima che la persona si ammali. In questo caso, i ricercatori coordinati da Julia Carrasco-Zanini, Robert Scott e Claudia Langenberg hanno analizzato i dati relativi a oltre 3mila proteine ottenuti da un gruppo di 40mila individui selezionati casualmente all’interno del campione della vasta banca dati britannica Biobank. Si tratta del più vasto studio di proteomica, la disciplina che analizza l’insieme delle proteine prodotte da un organismo. Per ciascun disturbo, gli autori dello studio hanno poi individuato la ‘firma’ specifica, costituita dalle 5 alle 20 proteine più importanti. Il metodo così ottenuto si è rivelato più efficiente nel predire la malattia rispetto a quelli basati su informazioni standard attualmente in uso.
“Siamo estremamente entusiasti dell’opportunità di identificare nuovi marcatori per lo screening e la diagnosi tra le migliaia di proteine ora misurabili nel sangue umano”, afferma Claudia Langenberg, delle Università di Cambridge, Queen Mary e dell’Istituto tedesco, che sottolinea, però, anche la necessità di fare studi di questo tipo su popolazioni diverse e diversi gruppi etnici, in modo da estendere la validità del metodo.“Ciò di cui abbiamo urgentemente bisogno – dice Langenberg – sono studi su diverse popolazioni per convalidare i nostri risultati”.
“Una sfida fondamentale nello sviluppo dei farmaci sta nell’identificare i pazienti che hanno maggiori probabilità di trarre beneficio dai nuovi composti – aggiunge Robert Scott, vicepresidente di Gsk -. Questo lavoro dimostra il potenziale delle tecnologie proteomiche utilizzate su vasta scala per individuare le persone ad alto rischio per un’ampia gamma di malattie. Ulteriori lavori – conclude – amplieranno le nostre conoscenze e miglioreranno la nostra comprensione di come queste possano essere applicate al meglio per rendere più efficienti la scoperta e lo sviluppo di farmaci”.
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