Salute 23 Luglio 2024 17:16

Cancro al pancreas, nuove speranze terapeutiche dai farmaci antiparassitari. Lo studio

I ricercatori: “Questo studio dimostra l’efficacia del riposizionamento di farmaci, il cosiddetto ‘drug repositioning’. Questo approccio permette di utilizzare farmaci già approvati per trattare patologie diverse da quelle per cui sono stati originariamente sviluppati”

di I.F.
Cancro al pancreas, nuove speranze terapeutiche dai farmaci antiparassitari. Lo studio

Dai farmaci antiparassitari una nuova arma contro l’adenocarcinoma duttale pancreatico, fra i tumori più aggressivi e difficili da trattare, perché capace di sopravvivere alla ‘fame’ e di resistere alle terapie. È la via tracciata da uno studio condotto da scienziati dell’Istituto Firc di oncologia molecolare (Ifom) di Milano e dell’università Statale meneghina, pubblicato su ‘Biomedicine & Pharmacotherapy‘ e finanziato da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro e dal mecenatismo, attraverso “una generosa donazione” della famiglia Ravelli a favore dell’Experimental Therapeutics Program (Etp) di Ifom. Le cellule dell’adenocarcinoma duttale pancreatico – spiegano da Ifom e UniMi – presentano mutazioni genetiche che ne alterano il metabolismo, permettendo loro di sopravvivere anche in ambienti poveri di nutrienti”.

Ecco come il tumore si ‘adatta’

Per riuscirci adottano una strategia che in gergo tecnico si chiama macropinocitosi: “È uno dei principali meccanismi adattativi utilizzati dal tumore – descrive Giorgio Scita, a capo del laboratorio Ifom Meccanismi di migrazione delle cellule tumorali e professore ordinario di Patologia generale in Statale -. Si tratta di un processo che permette alle cellule tumorali di assorbire, o più letteralmente ‘ingoiare’, nutrienti dall’ambiente circostante, garantendo loro un vantaggio in condizioni di carenza di risorse. Questo meccanismo è inoltre implicato nella resistenza a trattamenti come gemcitabina, 5-fluorouracile, doxorubicina e radioterapia con raggi gamma, poiché aiuta le cellule tumorali a mantenere la sintesi di nucleotidi necessari alla loro crescita”.

Le potenzialità racchiuse in quattro molecole

Grazie alla sinergia tra il gruppo di Scita e l’Etp dell’Ifom, programma specializzato nell’identificazione e caratterizzazione di farmaci oncologici, è stato possibile “sviluppare una serie di saggi cellulari basati sull’analisi delle immagini per identificare inibitori specifici della macropinocitosi”, sottolinea Ciro Mercurio che guida l’Etp. Il primo passo è stato creare un saggio in miniatura con cui mimare questa strategia di sopravvivenza in cellule tumorali del pancreas in coltura e misurare quantitativamente l’assorbimento di nutrienti fluorescenti. Quindi, “partendo da circa 3.600 molecole tra farmaci approvati e composti in varie fasi di sperimentazione clinica – prosegue Mercurio – abbiamo identificato 28 potenziali inibitori della macropinocitosi. Studi successivi hanno ristretto la lista a quattro molecole attive, tra cui l’ivermectina e il pirvinio pamoato, originariamente utilizzate per il trattamento di infezioni parassitarie”.

Nuove prospettive di cura all’orizzonte

“Questi inibitori – riferisce ancora Mercurio – sono stati validati in colture in tre dimensioni di cellule tumorali e fibroblasti, in grado di simulare almeno in parte anche il microambiente tumorale. Il pirvinio pamoato, tra l’altro, è un composto in fase di sperimentazione clinica per il trattamento dell’adenocarcinoma pancreatico”. I risultati dello studio milanese potrebbero facilitare lo sviluppo di nuovi trial clinici e la definizione di nuovi trattamenti per l’adenocarcinoma duttale pancreatico, migliorando così le prospettive di cura per i pazienti affetti da questo aggressivo tipo di tumore, prospettano gli autori. “Questo studio – conclude Mercurio – dimostra l’efficacia del riposizionamento di farmaci, il cosiddetto ‘drug repositioning’. Questo approccio permette di utilizzare farmaci già approvati per trattare patologie diverse da quelle per cui sono stati originariamente sviluppati. Negli ultimi anni si è rivelato promettente poiché può ridurre significativamente i tempi e i costi necessari all’approvazione di nuovi farmaci, oltre a offrire nuove opportunità per individuare strategie antitumorali innovative”.

 

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