Il Ministero della Salute: “Rinforzare il sistema dei controlli attraverso la disposizione di una serie di misure straordinarie, al fine di scongiurare un’ulteriore diffusione della malattia e nell’ottica di adottare misure di contrasto uniformi sul territorio”
Sei focolai di Peste suina africana (Psa) in cinque giorni, tra il 26 e il 30 luglio, tutti rilevati all’interno di stabilimenti di suini: è questo il bilancio del ministero della Salute, al lavoro per elaborare una nota informativa al territorio. L’obiettivo, scrive il Ministero, è “rinforzare il sistema dei controlli attraverso la disposizione di una serie di misure straordinarie, al fine di scongiurare un’ulteriore diffusione della malattia e nell’ottica di adottare misure di contrasto uniformi sul territorio”. La Direzione Generale del Ministero ha immediatamente informato anche la Commissione Europea e gli Stati Membri, convocando l’Unità Centrale di Crisi per mercoledì scorso, 31 luglio. La Peste suina africana, spiega il Ministero della Salute in una Faq dedicata alla patologia “è una infezione virale che colpisce i suini domestici e selvatici, non trasmissibile all’uomo. È una malattia altamente infettiva e spesso mortale per gli animali colpiti, sostenuta da un virus della famiglia Asfaviridae, genere Asfivirus. Questo virus è incapace di stimolare la formazione di anticorpi neutralizzanti, fattore che rende estremamente complicata la preparazione di un vaccino”.
Il primo focolaio, confermato il 26 luglio, si è verificato nel Comune di Trecate, provincia di Novara, in uno stabilimento da riproduzione. È stata anche avviata l’indagine epidemiologica per controllare le movimentazioni ed è stato disposto il sequestro e la sorveglianza rafforzata in un allevamento della stessa filiera in provincia di Milano, che ospita animali movimentati circa un mese fa. Il Servizio veterinario, della competente Asl lombarda, ha già effettuato i controlli previsti e non ha evidenziato al momento alcun sospetto. Le autorità sanitarie della regione Piemonte hanno riferito di aver predisposto il piano di abbattimenti, cominciato lunedì 29 luglio. Il secondo focolaio è stato accertato nel Comune di Besate, provincia di Milano, ugualmente in uno stabilimento da riproduzione. L’allevamento non risulta appartenere ad alcuna filiera e al momento i controlli preliminari non hanno evidenziato movimentazioni di animali a rischio, sia in entrata, che in uscita dall’allevamento. Il terzo focolaio, confermato il 27 luglio, è nel Comune di Mortara, provincia di Pavia, e le procedure di abbattimento sono state attivate dallo scorso 29 luglio. Il quarto focolaio, accertato il 28 luglio, si trova nel Comune di Gambolò, in provincia di Pavia, in uno stabilimento da riproduzione. Il quinto focolaio, confermato il 30 luglio, si è verificato nel Comune di Vernate, provincia di Milano, a circa 10 km da Besate, sede del primo focolaio. Il sesto focolaio, confermato il 30 luglio, ha coinvolto l’Emilia Romagna, nel Comune di Ponte dell’Olio, in provincia di Piacenza.
“Con oltre due milioni di cinghiali liberi su tutto il territorio nazionale e operazioni di contenimento che procedono a rilento, non ci può essere freno alla peste suina africana – commenta la posizione della Cia-Agricoltori Italiani -. Lo scenario si è complicato, vista l’eccessiva presenza dei cinghiali soprattutto nelle zone coinvolte, ora chiediamo celerità nelle risposte”. Il comparto suinicolo, infatti, già in forte sofferenza, “ha bisogno di risorse importanti per consentire tenuta e ripresa delle aziende, ma gli indennizzi sono fermi allo scorso novembre”. Per la Cia “non si può più aspettare e l’allerta è massima per gli allevatori: la peste suina rischia davvero di mettere ko un settore chiave del made in Italy agroalimentare, che genera oltre 13 miliardi tra produzione e industria”.
Proprio per contrastare la Psa, varie le misure previste anche nel dl Agricoltura, approvato in via definitiva lo scorso 11 luglio: vengono stanziati 20 milioni di euro per finanziare interventi di biosicurezza (oltre ai 50 di precedenti norme). Previste anche 177 unità di personale delle Forze Armate, così come l’impiego di visori notturni per la caccia al cinghiale, l’estensione all’attività di caccia e l’ampliamento del numero delle associazioni venatorie legittimate allo svolgimento dell’attività di vigilanza venatoria.
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