Oggi 10 milioni di italiani si rivolgono a questi professionisti. «Dal punto di vista dei risultati clinici il maggior successo è sul dolore, sull’autonomia, sulla qualità della vita e sulla mobilità» sottolinea la presidente che ha lanciato per gennaio la “Settimana Nazionale della cura osteopatica della lombalgia cronica”
Il 29 settembre del 1989 si costituiva, su iniziativa di Eddy Deforest e Pasquale D’Antonio, il Registro degli Osteopati d’Italia – ROI, prima associazione italiana dedicata all’osteopatia. 30 anni dopo gli osteopati del ROI si sono dati appuntamento a Palazzo Giustiniani a Roma per celebrare i 30 anni dell’associazione. Un periodo nel quale l’osteopatia ha fatto passi da gigante in Italia fino a diventare ufficialmente, con la legge 3 del 2018, una professione sanitaria conosciuta da due italiani su tre e a cui si rivolgono 10 milioni di pazienti.
Durante l’evento – a cui hanno preso parte oltre a Paola Sciomachen la senatrice Paola Binetti, il Vicepresidente del ROI Mauro Longobardi, il Segretario Generale Chiara Arienti, il Presidente dell’Associazione Italiana Scuole di Osteopatia Gina Barlafante e la socia ROI e ricercatrice del dipartimento di ricerca dell’Istituto Superiore di Osteopatia Silvia Ratti – è stato annunciato per gennaio 2020 il lancio della “Settimana Nazionale della cura osteopatica della lombalgia cronica”. La campagna ha l’obiettivo di raccogliere dati qualitativi finalizzati a evidenziare il ruolo dell’osteopatia nella gestione della cronicità e si inserisce nel progetto di ricerca “CronOs: Cronicità e Osteopatia” presentato lo scorso luglio durante la Maratona Patto per la Salute proprio per dimostrare l’efficacia del trattamento manipolativo osteopatico nelle patologie croniche.
«Il ROI è arrivato al suo 30° anniversario più forte che mai, insieme ai suoi 4mila soci che svolgono uno straordinario lavoro sul territorio prendendosi quotidianamente cura dei loro pazienti. Nell’evento di oggi abbiamo parlato del ruolo che abbiamo come clinici, come formatori, come ricercatori e di quello che vorremo poter avere nel futuro contesto sanitario italiano, portando il nostro contributo di esperienza e di conoscenza a favore del cittadino, nella massima collaborazione con tutti i professionisti della salute», ha sottolineato la Presidente ROI Paola Sciomachen.
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Presidente Sciomachen, che bilancio traccia di questi 30 anni di attività del ROI?
«Sono stati 30 anni di grande crescita perché 30 anni fa l’osteopatia non esisteva in Italia. C’è stato un piccolo gruppo di osteopati che si sono formati in Italia e poi sono andati all’estero ad incrementare le loro conoscenze e competenze e hanno pian piano raggiunto dei livelli e degli standard qualitativi veramente di eccellenza paragonabili con quelli degli altri paesi europei, anzi hanno anche stimolato la crescita e lo sviluppo della ricerca essendo anche i primi in Europa ad aver prodotto evidenze rispetto agli altri paesi. Il percorso è stato in salita ma è stato un percorso molto interessante di sviluppo e conoscenza della professione e parallelamente abbiamo portato avanti anche le istanze di riconoscimento che hanno avuto esito positivo con la legge 3 del 2018. Stiamo lavorando con il ministero della Salute per attuare questa legge, scrivere i decreti attuativi, cioè il profilo professionale e percorso formativo che sarà un percorso universitario».
Come si diventa osteopati?
«Adesso ci sono delle scuole private di formazione che si rifanno come percorsi formativi a delle indicazioni europee in particolare in riferimento alla norma CEN del 2015 e speriamo poi che con il passaggio verrà definito un ordinamento a livello di università».
L’osteopatia è importante per la cura delle malattie croniche. Perché?
«Parecchi pazienti accedono ai nostri ambulatori perché hanno patologie croniche e dal punto di vista dei risultati clinici il maggior successo è sul dolore, sull’autonomia, sulla qualità della vita e sulla mobilità».