Tra i temi caldi i vaccini, il mantenimento delle misure di igiene e prevenzione, il nuovo ruolo dei Tecnici di Prevenzione e degli specialisti in Igiene e Medicina Preventiva
«La pandemia è stata una tragedia, ma anche l’occasione per introdurre e rafforzare tutti gli strumenti della sanità pubblica in modo omogeneo in tutto il paese. Le varianti rappresentano oggi la sfida più difficile, ma i prossimi 6 mesi saranno decisivi per contribuire tutti assieme ad una ripartenza dove la sanità pubblica possa continuare a garantire alle comunità salute e benessere. In gioco c’è il futuro dei nostri giovani».
Si è aperto così, con l’intervento di Silvio Brusaferro presidente dell’ISS, il 53° Congresso Straordinario “La prevenzione al tempo del Covid”, organizzato dalla Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI). La tre giorni è stata l’occasione per fare il punto sulla situazione pandemica in Italia, dalla campagna vaccinale al ruolo giocato dalle varianti passando per la messa in campo di tutte le misure di prevenzione ed igiene necessarie a contrastare il virus. Oltre a questo, il Congresso ha esaminato la risposta delle istituzioni sanitarie all’emergenza pandemica e le prospettive future del nostro Ssn in materia di sanità pubblica.
«La messa a punto di vaccini efficaci, in meno di un anno, è stato un risultato straordinario – osserva Gianni Rezza, Direttore Generale della Prevenzione presso il Ministero della Salute – In Italia procediamo ad un ritmo di oltre 500mila dosi al giorno e il 38% degli italiani ha completato il ciclo vaccinale. C’è bisogno ora di un ulteriore sforzo, la variante ‘delta’ determina la necessità di raggiungere a breve termine coperture vaccinali complete più elevate». Perché, come sottolineato anche da Gaetano Maria Fara, Emerito di Igiene e Past President della Società Italiana di Igiene «se non si insiste a completare la vaccinazione le varianti si diffonderanno e ne compariranno di nuove che potrebbero essere più contagiose o più aggressive».
«La campagna vaccinale contro il Covid dev’essere uno stimolo ulteriore per riprendere ed implementare tutte le altre vaccinazioni del Piano – afferma Carlo Signorelli, Past President SItI e Ordinario di Igiene presso Università di Parma e Università “Vita Salute” San Raffaele di Milano – a cominciare dalla vaccinazione antinfluenzale che, nella stagione invernale 2020-21ha fatto segnare un aumento della copertura generale della popolazione, in particolare di quella anziana, che è tornata ai livelli di dieci anni fa, con un confortante 65%. Dobbiamo incentivare questa vaccinazione – afferma il Prof Signorelli – anche perché se i più anziani ed i più fragili sono protetti dall’influenza, questo rappresenta un vantaggio per loro, ma anche per i sanitari, che dovranno comunque gestire ancora una fase endemica dell’epidemia da SARS-CoV-2 nel nostro Paese, in attesa che la copertura vaccinale si completi e salga a dei livelli percentuali che impediscano o riducano fortemente la circolazione del virus».
«La risposta dei Dipartimenti di Prevenzione durante la pandemia ha riflettuto sicuramente le differenze presenti tra regione e regione- spiega Michele Conversano, Past President SItI e Direttore Dipartimento Prevenzione Asl di Taranto – alcune hanno risentito della precarietà di alcuni pilastri del modello organizzativo. I due pilastri sono stati sicuramente quelli del contact tracing e della campagna vaccinale. E per quanto riguarda il primo, sicuramente complice il dato epidemiologico, nelle regioni del Sud c’è stato più tempo per organizzarsi. Ma quello che è mancato davvero è stata l’interoperatività tra i sistemi di sorveglianza, e ce ne accorgiamo ancora oggi con i rilasci dei green pass. Tuttavia, l’impegno dei Dipartimenti di Prevenzione è stato da subito totale, anche come impiego di risorse, e hanno raggiunto in molti casi risultati eccellenti in ottica di prevenzione e sorveglianza». «I Dipartimenti di Prevenzione nel primo anno – sintetizza Luca Sbrogiò, Direttore Dipartimento di Prevenzione Azienda Ulss 3 Serenissima e Coordinatore Gruppi di Lavoro “Dipartimenti di Prevenzione” della SItI – sono stati impegnati nel contact tracing, ovvero nell’andare a cercare intorno al positivo quella rete di contatti all’interno dei quali il virus circolava. Dal 27 dicembre del 2020 con l’arrivo dei vaccini i Dipartimenti di Prevenzione sono stati impegnati a garantire la vaccinazione, dapprima agli anziani e ai fragili ed ora ai ragazzi dai 12 anni in su. Unico limite è la disponibilità dei vaccini ma con vaccini efficaci e sicuri, la vittoria sulla pandemia può essere raggiunta».
«La figura del Tecnico della Prevenzione è stata essenziale e trasversale in questo contesto pandemico. Ci siamo messi in gioco, abbiamo dovuto confrontarci con qualcosa di nuovo: dal contact tracing alla sorveglianza – afferma Giuseppina Pezzarossi, Dipartimento Igiene e Sicurezza Alimentare Asl di Trento – e oggi riteniamo che sempre più, in termini di salute pubblica il nostro ruolo che da sempre mira a modificare e correggere tutti quei fattori che, in tutti i contesti (alimentare, ambientale, lavorativo) possano aumentare i rischi per la salute, possa supportare le varie aree della sanità lavorando in sinergia con le altre professionalità». «Ci muoviamo oggi in un contesto di One-Health – afferma Virginia Casigliani, Dipartimento di Igiene e Medicina Preventiva dell’Università di Pisa – in cui la pandemia ha riportato al centro della scena alcune regole basilari in materia di Igiene e Prevenzione. Eppure, durante l’emergenza si è riscontrata una grande carenza di specialisti in Igiene e Medicina Preventiva, un gap formativo che dovrà assolutamente essere colmato. In futuro, le competenze della nostra branca saranno sempre più essenziali in salute pubblica. Contemporaneamente, sarà necessario investire maggiormente nell’organizzazione e nella crisis communication».
«Continuare a lavarsi frequentemente le mani, disinfettarsi, mantenere il distanziamento tra una persona ed un’altra (almeno un metro all’esterno) ed utilizzare le mascherine dove c’è un assembramento o ci sono luoghi chiusi è sempre essenziale per evitare il contagio – commenta Antonio Ferro, Presidente della Società Italiana di Igiene -. La vaccinazione rimane il primo mezzo di prevenzione della malattia: deve essere fatta da tutti e, dal nostro punto di vista di sanità pubblica, dovrebbe essere resa obbligatoria per partecipare alla vita sociale del Paese. È solo in questo modo che potremo arrivare a raggiungere alte coperture, soprattutto nei soggetti sopra i 50 anni di età, ed è questo quello che potrebbe prevenire, ed in qualche modo rinforzare, il Sistema Sanitario Nazionale».
«La pandemia è stata più grande dei modelli organizzativi esistenti – ha affermato in conclusione Pierluigi Lopalco, Assessore alla Salute della Regione Puglia ed Ordinario di Igiene presso l’Università del Salento – ma deve essere uno stimolo per unire in futuro le attività di epidemiologia, di prevenzione ambientale e individuale e di preparazione ai prossimi eventi epidemici. La fase post-pandemica sarà un’occasione irripetibile per un rilancio di queste attività attraverso modelli organizzativi innovativi che valorizzino le attività tipiche della sanità pubblica e inducano a revisioni normative».
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