Il segretario generale del Sindacato Medici Italiani sottolinea: «Il 60% delle donne medico ha solo un figlio. E la percentuale delle donne medico single rispetto agli uomini è sicuramente maggiore». Sul tema della parità di genere, poi, aggiunge: «Sono l’unica donna alla guida di un sindacato medico. Questo la dice lunga»
«È importante che le donne medico festeggino l’8 marzo perché c’è ancora molto da fare per arrivare alla parità». Pina Onotri, medico generico e segretario generale del Sindacato Medico Italiano, traccia un quadro del ruolo dei camici rosa in Italia. Ieri la FNOMCeO aveva fornito alcuni numeri: 159.669 i medici donna in Italia, 11.825 le odontoiatre, 4.439 le professioniste iscritte a entrambi gli Albi. In totale quasi 176mila professioniste che, nelle fasce di età sotto i 50 anni, hanno ‘sorpassato’ per numero i colleghi uomini. Un quadro che si scontra con la realtà, che vede, ad esempio, ancora poche donne medico nelle posizioni apicali della sanità e il 70% delle aggressioni ai camici bianchi coinvolgere donne.
Dottoressa, secondo i dati riportati dalla FNOMCeO, sotto i 50 anni le donne sono maggioranza tra i medici. Nonostante questo nelle posizioni apicali del mondo sanitario non sono adeguatamente rappresentate. Come si spiega questa discrepanza?
«Perché il nostro Paese non ha mai fatto nulla riguardo ai tempi di conciliazione. Il carico genitoriale ma anche il carico di accudimento di persone anziane ricade sempre sulle spalle delle donne, che siano medico o meno non fa la differenza. Tra l’altro noi facciamo una professione per cui non timbriamo il cartellino, ci dobbiamo dedicare a tempo pieno. Questo spiega il perché quasi il 60% delle donne medico abbia solo un figlio. E la percentuale delle donne medico single rispetto agli uomini è sicuramente maggiore. Oggi fare la donna medico significa che siamo anche di fronte a condizioni di violenza che vengono perpetrate verso le donne proprio in quanto donne che svolgono una determinata professione. È di questi giorni la notizia di un tentativo di stupro nei confronti di una collega pugliese durante il servizio notturno di guardia medica. Tutto questo avviene nonostante noi sulla violenza abbiamo fatto una battaglia, abbiamo svolto diverse audizioni in Commissione Sanità al Senato, ci siamo fatti promotori di una raccolta di firme dopo gli ultimi accadimenti in Sicilia dove una collega è stata sequestrata e violentata per tutta la notte. Purtroppo, però, ancora oggi siamo lontani dall’avere una soluzione. Subiamo violenze come le subiscono tutti gli operatori sanitari che stanno in condizioni di front office e anche violenze di genere perché l’aggravante che abbiamo è l’essere donne».
Proprio ieri i dati della FNOMCeO dicevano che il 70% delle aggressioni avvengono nei confronti di operatori sanitari donne…
«Sì perché all’aggressione verbale, a mano armata, alle violenze e alle percosse si aggiunge anche la violenza di genere. Le persone che hanno perso la vita per questi fatti sono tutte donne. In Puglia due, in Sardegna una, e ancora oggi, a tanti anni da questi accadimenti, siamo ancora qui a chiederci cosa si può fare per arginare il fenomeno. Credo che mai come oggi la festa della donna in generale, e per le donne medico in particolare, andrebbe festeggiata».
Lei è anche sindacalista. Nel mondo sindacale com’è la situazione?
«Per quanto riguarda i sindacati medici io sono l’unica donna che è segretario generale di un sindacato. Questo la dice lunga».
Lei è medico di base. Il medico di base è un ruolo delicato, ha un rapporto molto stretto con i pazienti. La donna può avere una marcia in più in questa professione?
«Noi donne siamo un po’ più empatiche, in genere siamo più accudenti. In fondo, al di là delle patologie che hanno e che ci presentano, i pazienti vogliono essere accolti. Ciò non toglie che esistono dei colleghi uomini che sono bravissimi anche sotto questo aspetto».
Magari c’è qualche paziente che preferisce un medico donna…
«Tanti mi scelgono perché sono donna e lì si instaura un rapporto di fiducia».