Le case farmaceutiche stanno lavorando allo sviluppo e allo studio di trattamenti efficaci contro il Long Covid
Dopo aver prodotto in tempi record vaccini e trattamenti per l’infezione acuta Covid-19, ricercatori e case farmaceutiche sono ora concentrati alla ricerca di una cura per il Long Covid, un obiettivo sfuggente considerati i centinaia di sintomi diversi che affliggono milioni di persone. I principali produttori di farmaci, compresi quelli che hanno lanciato pillole antivirali e anticorpi monoclonali per Covid-19, stanno ora discutendo con i ricercatori su come colpire in anticipo la malattia, che attualmente secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), colpisce oltre 100 milioni di persone.
«Quando guardi i numeri per l’insufficienza cardiaca, per il diabete, ecc, questo è il campo di gioco di cui stiamo parlando», ha affermato Amitava Banerjee, coordinatrice del Long Covid trial. Il Long Covid è una sindrome post-virale che può debilitare una persona sotto molti aspetti anche per parecchie settimane dopo la negativizzazione, e cioè dopo la guarigione e la conseguente eliminazione del virus dall’organismo. I sintomi del Long Covid sono piuttosto vari ed eterogenei e non è ancora chiaro se siano causati direttamente dal virus o se siano provocati dallo stress o dal trauma dell’infezione.
Uno studio pubblicato su Lancet EClinMedicine ha elencato oltre 200 sintomi attribuibili a questa condizione. Sono in molti a presentare sintomi per oltre sei mesi dalla fine della fase acuta della malattia o dalla negativizzazione del tampone. Il sintomo più diffuso è la stanchezza, seguita dalla perdita del gusto e dell’olfatto. Un altro sintomo riportato molto frequentemente è la «nebbia mentale», condizione caratterizzata da problemi di memoria e di concentrazione in aggiunta alla costante sensazione di stanchezza. E poi: vertigini, mal di testa, difficoltà nel sonno, respiro corto, palpitazioni e battito irregolare, sintomi neurologici come ansia o stress, disturbi gastrointestinali, iper-sudorazione, eritemi cutanei, perdita di capelli, debolezza delle unghie, dolori muscolari e problemi renali.
Negli Stati Uniti, si stima che il Long Covid colpisca 1 adulto su 7 in età lavorativa. Secondo un’analisi dei database degli studi clinici e una serie di interviste rilasciate da scienziati indipendenti e sostenuti dal governo degli Stati Uniti, ci sarebbero circa una ventina di studi clinici in corso che hanno l’obiettivo di testare farmaci, e solo una manciata di essi è andata oltre le fasi iniziali. Gli scienziati sperano che la ricerca sveli le cause del Long Covid, un ostacolo importante nella ricerca di obiettivi per nuovi farmaci o nell’identificazione di farmaci esistenti che potrebbero funzionare come trattamenti.
«Stiamo arrivando alla fase in cui stiamo ottenendo grande attenzione e per le persone che soffrono stiamo facendo testare diversi trattamenti», ha affermato David Strain, un docente della University of Exeter Medical School. Le grandi aziende farmaceutiche sono alla ricerca di biomarcatori specifici per la malattia che consentano di valutare il valore dei farmaci testati. «Quello con cui stanno lottando è una definizione del caso Long Covid», ha affermato Amy Proal, esperta di malattie post-virali presso la PolyBio Research Foundation di Mercer Island, Washington, che avrebbe partecipato a una serie di riunioni riservate con grandi società farmaceutiche.
Le possibili cause che i ricercatori stanno studiando includono il danno causato dall’infezione originale, la presenza di serbatoi persistenti di virus nell’organismo, una risposta autoimmune, in cui il sistema immunitario attacca le proprie cellule, e una risposta immunitaria disregolata che causa un’eccessiva infiammazione. Ma la verità è che potrebbe essere una combinazione di questi o altri fattori Un importante studio finanziato dal Regno Unito guidato dall’University College di Londra testerà quattro farmaci su 4.500 pazienti con Long Covid. Tra questi gli antistaminici loratadina e famotidina, la colchichina per il trattamento della gotta e dell’infiammazione cardiaca – tutti disponibili come generici – e Xarelto (rivaroxaban), il farmaco della Johnson&Johnson che previene i coaguli di sangue. Su tutti questi farmaci ci sono studi preliminari i quali suggeriscono che potrebbero funzionare contro alcuni dei possibili bersagli della malattia del Long Covid, come l’infiammazione e i coaguli di sangue.
Banerjee, ricercatore capo di una di quelle sperimentazioni, ha affermato che i farmaci prenderanno di mira diversi potenziali meccanismi alla base del Long Covid, mentre cerca di capirne di più. «È impegnativo, perché stiamo andando verso un obiettivo confuso», ha detto. Axcella Therapeutics, con sede negli Stati Uniti, sta lavorando con l’Università di Oxford nel Regno Unito su un farmaco sviluppato per la steatoepatite non alcolica (NASH) nella speranza che ripristinerà la normale funzione dei mitocondri, le «fabbriche di energia» delle cellule. I mitocondri mal funzionanti possono spiegare lo schiacciante affaticamento a lungo termine sperimentato da molti pazienti. Come ha affermato la ricercatrice capo Betty Raman, se l’infezione acuta ha danneggiato la batteria, il farmaco mira a ripristinare quella batteria, in modo che le cellule possano svolgere le loro normali funzioni senza consumare troppa energia.
PureTech Health (PRTC.L), un’altra azienda di biotecnologie statunitense, sta conducendo una sperimentazione intermedia di un trattamento sperimentale per la fibrosi polmonare volto a prevenire le cicatrici polmonari a lungo termine legate al Covid. A Seattle, i ricercatori dell’Università di Washington e del Fred Hutchinson COVID Clinical Research Center stanno testando il trattamento sperimentale di Resolve Therapeutics mirato alla fatica nei pazienti con Long Covid. Il farmaco agisce dissolvendo un certo RNA nel sangue che è stato collegato all’aumento dell’infiammazione nei pazienti in malattie autoimmuni come il lupus e la sindrome di Sjogren, come ha spiegato James Andrews, un reumatologo dell’Università di Washington che sta conducendo lo studio.
Gli scienziati che credono che la causa principale del Long Covid potrebbe essere un virus persistente sono ansiosi di testare se i trattamenti o i vaccini anti-Covid esistenti potrebbero avere un impatto importante. Moderna sta donando il suo vaccino per le prime sperimentazioni nel Regno Unito per capire se può aiutare a la risposta del sistema immunitario e alleviare i sintomi del Long Covid. La ricerca sul Long Covid è anche una lotta alla caccia di finanziamenti, almeno per alcune aziende.
Berlin Cures Holding AG, un’azienda di biotecnologie tedesca, si è assicurata solo denaro sufficiente per la prima fase di test del suo farmaco autoimmune – precedentemente utilizzato per l’insufficienza cardiaca – che ha mostrato risultati promettenti in una manciata di pazienti. «»Le persone ci chiamano e piangono al telefono», ha detto alla Reuters Peter Goettel, Chief Operating Officer. «Alcune persone vogliono vendere la loro casa per farci donazioni, solo per avere una possibilità», aggiunge. È evidente che c’è un gran bisogno di cure efficaci, ma i laboratori sono in fermento e presto, si spera, si arriverà a una soluzione.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato