Erika Stefani, ministro per le Disabilità: «L’inclusione, specie nel mondo del lavoro, non può essere prevista soltanto da una legge. Serve una nuova visione della disabilità, un rinnovato approccio culturale. L’attività legislativa deve essere seguita da campagne di comunicazione e di sensibilizzazione efficaci»
Un viaggio tra le tappe politiche, giuridiche e sociali che hanno conferito centralità ai diritti dei disabili: è questo il cammino che la senatrice dell’Udc Paola Binetti ha tracciato nel suo ultimo libro “Abili, disabili, ma tutti diversamente abili”. Un testo che vede la pubblicazione proprio a ridosso dell’approvazione del Testo unico sulle Malattie rare e della legge sulla disabilità, dopo trent’anni dalla legge 104/1992”. «Oggi, in Senato – commenta Binetti -, ho scelto di presentare il mio ultimo libro assieme alle associazioni di categoria, coinvolgendo anche l’impresa e la filiera dello sport poiché ritengo urgente cambiare prospettiva sui diritti delle persone disabili. Senza dubbio l’assistenza è essenziale e va potenziata ma non basta. È necessario, infatti, investire in maniera strategica e strutturale sull’inserimento lavorativo di queste persone, rendendole parte attiva della società».
La necessità di sviluppare un approccio diverso in materia di disabilità è condivisa anche da Erika Stefani, ministro per le Disabilità, intervenuta con un videomessaggio durante la presentazione del libro. «L’inclusione specie nel mondo del lavoro, non può essere prevista soltanto da una legge – sottolinea il ministro -. Serve una nuova visione della disabilità, un rinnovato approccio culturale. Pensiamo troppo spesso che una legge possa risolvere qualsiasi problema. L’iter legislativo è essenziale e contribuisce al miglioramento della vita delle persone fragili ma non basta. L’attività legislativa deve essere seguita da campagne di comunicazione e di sensibilizzazione efficaci. Eventi come quello di oggi ne sono la dimostrazione». Presenti all’iniziativa l’onorevole Giusy Versace, Vincenzo Falabella, presidente Fish, Federazione italiana per il superamento dell’handicap, Luca Pancalli, presidente del Comitato italiano paralimpico e il manager Michelangelo Simonelli.
«Nel mio libro – continua Binetti – ho affrontato il tema della disabilità da due punti di vista: sanitario e sociosanitario. Il primo riguarda l’evoluzione che c’è stata nella cultura contemporanea della valutazione e della comprensione della realtà concreta in cui vivono le persone disabili, cercando di disegnare un itinerario che inizialmente poteva andare dalla protezione un po’ “separatista” con cui venivano guardate le persone con gravi disabilità per cui o rimanevano in casa o venivano accolte in istituti o in quelle realtà composite che hanno alle loro spalle la testimonianza dei grandi santi del Novecento. Successivamente, a metà del secolo scorso, è partita una grande operazione: piano piano ci si è resi conto che avere un approccio esclusivamente sanitario, era una condizione necessaria, ma assolutamente insufficiente. Così, siamo passati a quello che è l’approccio sociosanitario. Un approccio che peraltro viene colto bene anche dalla legge 104, in cui i bisogni dei pazienti vengono considerati in questo modo, quindi includono per esempio le iniziative per l’inclusione scolastica e il welfare sportivo (la possibilità di svolgere attività sportive o comunque di poter coltivare interessi personali). L’approccio sociosanitario vero e proprio è stato determinante, perché ha cambiato la percezione di queste persone. Ha fatto capire agli altri che le persone con disabilità avevano in qualche modo bisogno di esprimere un potenziale di capacità e non solo – conclude la senatrice – di essere arroccate in diagnosi di incapacità».
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