Aborti in calo in Italia, anche se il trend è in diminuzione. Campania e Provincia di Bolzano maglie nere dei punti Igv. Cresce, seppur di poco, il numero degli obiettori. Sono alcuni dei dati contenuti nella Relazione annuale del Ministero della Salute al Parlamento sull’applicazione della Legge 194 del 1978, che si riferisce al 2016 […]
Aborti in calo in Italia, anche se il trend è in diminuzione. Campania e Provincia di Bolzano maglie nere dei punti Igv. Cresce, seppur di poco, il numero degli obiettori. Sono alcuni dei dati contenuti nella Relazione annuale del Ministero della Salute al Parlamento sull’applicazione della Legge 194 del 1978, che si riferisce al 2016 anche se la rilevazione è proseguita fino ad ottobre 2017.
In primo piano il dato generale sulle interruzioni di gravidanza, per la prima volta sotto i 60mila per le cittadine italiane. Il calo non è una novità, segue una tendenza che va avanti da tre anni, anche se quest’anno è di entità minore rispetto al 2014 e al 2015. Una diminuzione che potrebbe essere almeno in parte collegata alla determina Aifa che ha eliminato, per le maggiorenni, l’obbligo di prescrizione medica dell’Ulipristal acetato (ellaOne), contraccettivo d’emergenza noto come “pillola dei 5 giorni dopo”.
Il numero di aborti totali eseguiti riferito dalle Regioni è stato di 84.926, in calo del 3.1% rispetto al 2015, anno in cui fu registrato un -9.3%. Dato più che dimezzato rispetto ai 234.801 del 1982, anno in cui fu riscontrato il valore più alto in Italia. Il rapporto di abortività, ossia il rapporto tra il numero di aborti volontari su 1000 nati vivi, è di 182.4, con un decremento pari a 1.4% rispetto al 2015. Non bisogna dimenticare, però, il calo demografico: in questi due anni i nati sono diminuiti di 7.910 unità. Per quanto riguarda l’aborto farmacologico con la pillola RU486, rappresenta il 15,7% del totale contro il 15,2% dell’anno scorso. I consultori sono solo 0,6 ogni 20mila abitanti.
Dalla relazione emergono disomogeneità sui tempi di attesa tra le Regioni, che in linea generale sono in calo. Le interruzioni volontarie di gravidanza vengono effettuate nel 60,4% delle strutture nazionali disponibili con una copertura adeguata, tranne che in Campania e nella Provincia di Bolzano dove risulta un numero di punti Ivg inferiore al 30% delle strutture censite. Raggiunge quasi il 70,9% la percentuale di medici ginecologi obiettori nel nostro Paese (dato del 2016), un dato che sembra stabilizzarsi (era il 70,5% nel 2015). Aumento anche tra gli anestesisti obiettori: più 1,3%, passando dal 47,5 al 48,8%. Forti differenze tra Regioni: in Molise si raggiunge il 96,6% tra i ginecologi, in Basilicata l’88,1%, in Puglia l’86,1%, in Abruzzo l’85,2. Il numero degli obiettori non sembra, però, influire sui tempi di attesa: ad incidere è il modo in cui le strutture sanitarie si organizzano nell’applicazione della Legge 194/78.
Per le donne italiane il tasso di abortività per il 2016 è stato pari a 3.1 per 1000. Valore identico a quello del 2015, ma in diminuzione rispetto agli anni precedenti, con livelli più elevati nell’Italia centrale. Tuttavia il dato resta sempre più basso rispetto agli altri Paesi dell’Europa Occidentale. Dalle informazioni fornite dalle Regioni emerge che le giovanissime, tra i 15 e i 20 anni, delle generazioni più recenti mostrano un andamento diverso rispetto a quello di altre fasce d’età: negli ultimi anni è stato registrato un aumento, seguito da una stabilizzazione e poi da una diminuzione. Al tempo stesso in questa fascia di età risulta una minore diffusione dell’uso della pillola. La bassa percentuale tra le giovani italiane sia di gravidanze che di interruzioni volontarie rispetto ai Paesi Nord Europei, viene spiegata con il fatto che restano più a lungo in famiglia e gestiscono quindi anni di attività sessuale, non solo in età adolescenziale, continuando a vivere con i genitori. Questo fa sì che la frequenza dei rapporti sessuali e il numero dei partner siano inferiori rispetto ai coetanei di altri Paesi europei.
Gli aborti sono in diminuzione anche per le donne straniere residenti nel nostro Paese. Un terzo delle interruzioni di gravidanza volontarie viene praticato da loro e, secondo i dati, le donne straniere in età fertile hanno un maggior rischio di abortire rispetto alle italiane. Sia per le donne italiane che per le straniere, nelle ultime generazioni, sono le ventenni a mostrare un ricorso più elevato all’aborto volontario. Molto interessante il dato relativo al livello di istruzione: donne con titolo di studio più basso presentano valori di abortività più elevati in tutte le generazioni.