Ciacci (gastroenterologa): «Alcolici e sovrappeso responsabili delle patologie epatiche del futuro»
Il consumo di alcolici è un trend in continua crescita da anni, in entrambi i sessi e soprattutto nelle fasce d’età più giovani. Eppure, come emerso da una serie di studi, sondaggi e ricerche di marketing, durante la pandemia è stata registrata un’inversione di tendenza, con una riduzione del consumo di bevande alcoliche e, in generale, una rinnovata attenzione verso un’alimentazione corretta.
Di necessità virtù, imposta dalle restrizioni e dal venir meno della possibilità di darsi ad aperitivi e pasti al ristorante? Non solo. Tuttavia, sono soprattutto le nuove generazioni a necessitare di una maggiore consapevolezza rispetto ai rischi derivati dall’abuso di alcolici. Ne abbiamo parlato con la professoressa Carolina Ciacci, Responsabile UOC di Gastroenterologia presso l’AUO S.Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno.
«Insieme al gruppo che coordino, durante il primo lockdown abbiamo preparato un questionario che abbiamo condiviso sui social per capire se e come si stessero modificando le abitudini alimentari degli italiani, paragonando i risultati con i dati in nostro possesso relativi allo stesso modo del 2019. Ebbene – spiega la professoressa – attraverso i 1378 questionari compilati da utenti con età media 40 anni, ci siamo resi conto che la pandemia ha avuto un effetto “salutare” sullo stile di vita adottato dalle persone».
«La paura di ammalarsi ha sicuramente giocato un ruolo inedito nel curare di più l’alimentazione, anche se abbiamo riscontrato una maggior frequenza di disturbi gastrointestinali dovuti probabilmente alla maggiore sedentarietà e al fatto di mangiare mediamente di più. Nonostante ciò, il livello di aumento ponderale medio è stato in generale basso. Questo perché chi non faceva sport prima della pandemia, durante il lockdown ha iniziato a casa con cyclette o tapis roulant, e di pari passo, il consumo di alcol non è aumentato, non tanto per le difficoltà di reperimento, quanto per il venir meno di tutto l’ambito sociale che spesso caratterizza e viene caratterizzato dal consumo di alcolici: aperitivi, cene, discoteche eccetera. In alcuni Paesi dell’Est Europa – aggiunge – si diffuse per un periodo la diceria che i superalcolici avessero un effetto protettivo dal Covid, mentre nel nostro Paese c’è sempre stata una maggiore consapevolezza e cultura dell’alimentazione».
«Il consumo di alcol e il sovrappeso sono fattori che spesso coesistono – spiega ancora Ciacci – e che determineranno le malattie epatiche del futuro: l’epatite B è stata sconfitta coi vaccini, l’epatite C è gestita con le terapie, mentre l’aumento del consumo di alcolici a livello mondiale soprattutto tra le fasce più giovani porterà inevitabilmente alla diffusione della alcoholic liver disease, con steatosi epatica, epatite alcolica e cirrosi alcolica, che causano a loro volta epatocarcinoma».
«Questo non significa – sottolinea – dover demonizzare completamente gli alcolici: molti studi attestano un effetto protettivo del vino rosso rispetto alle malattie cardiovascolari. L’obiettivo più difficile da raggiungere è educare i giovanissimi ad un consumo moderato di alcolici: il problema non è il bicchiere di rosso a cena o il calice di prosecco nelle ricorrenze, ma l’abuso di superalcolici nascosti nei cocktail insieme a succhi di frutta e altri ingredienti “soft”. Si ritiene – aggiunge la specialista – che oltre il 25% dei liceali italiani consumi almeno una volta alla settimana cocktail alcolici, abitudine che getta le basi per un consumo via via più importante col passare del tempo».
«L’organismo delle donne ha una tolleranza minore all’impatto degli alcolici rispetto all’organismo maschile – afferma Ciacci – ma in entrambi i sessi è presente ugualmente la correlazione tra abuso di alcolici ed insorgenza di tumori, in primis il tumore al pancreas e il cancro gastrico, a carico di esofago e stomaco, che sarebbero neoplasie rare se non fosse per la diffusione del consumo di alcolici. L’alcol è un cancerogeno naturale e la sua frequente associazione al fumo ha da un lato un impatto ancora maggiore sullo sviluppo di neoplasie, dall’altro – conclude – rende difficile quantificare con precisione il fattore di rischio dato rispettivamente dall’uno e dall’altro».
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