Sono sufficienti pochi mesi di utilizzo di farmaci per il trattamento del disturbo da deficit di attenzione/iperattività (Adhd ) per rivelare un aumento, seppur lieve, della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. A mettere in guardia sui potenziali effetti negativi per il cuore di queste terapie sono gli studiosi dell’Università di Southampton. Si stima che il disturbo da deficit di attenzione/iperattività colpisca in media circa il 4% dei bambini. Di questi, circa il 45% è trattato con farmaci. Tuttavia, la ricerca, pubblicata su The Lancet Psychiatry, suggerisce comunque che i benefici dell’assunzione di questi farmaci superano i rischi, pur evidenziando la necessità di un attento monitoraggio. Si tratta della più ampia e completa analisi degli effetti cardiovascolari dei farmaci per l’Adhd, basata sui risultati di studi clinici rigorosi per valutare gli effetti dei farmaci.
“Quando si tratta di assumere qualsiasi farmaco, rischi e benefici dovrebbero sempre essere valutati insieme – spiega Samuele Cortese, l’autore principale dello studio -. Abbiamo riscontrato un lieve aumento della pressione sanguigna e delle pulsazioni nella maggior parte dei bambini che assumevano farmaci per l’Adhd. Nel complesso, il rapporto rischio/benefici è rassicurante per chi assume farmaci per l’Adhd”. Per condurre questa ricerca sono stati analizzati i dati di 102 studi clinici, per un totale di 22.702 persone con Adhd. Gli scienziati hanno confrontato gli effetti di diversi farmaci, scoprendo che tutti quelli per l’Adhd sono generalmente associati a effetti complessivamente modesti sulla pressione sanguigna, sulla frequenza cardiaca e sui parametri dell’elettrocardiogramma.
Stando ai risultati ottenuti, esisterebbe un’unica eccezione, la guanfacina, un principio attivo che, a differenza degli altri utilizzati per il trattamento dell’Adhd, determina una riduzione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. Nessuna differenza significativa è stata invece riscontrata tra gli stimolanti e non stimolanti in merito ai loro effetti sulla pressione e sulla frequenza cardiaca. “I nostri risultati dovrebbero informare le future linee guida cliniche, sottolineando la necessità di monitorare sistematicamente la pressione e la frequenza cardiaca. I medici – concludono gli autori – potrebbero ritenere (erroneamente, ndr) che solo gli stimolanti abbiano un effetto negativo sul sistema cardiovascolare”.
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