Gli esperti di Amigay aps: «Il pediatra non può dare per scontato l’identità e l’orientamento sessuale del paziente, potrebbe farlo sentire escluso, ignorato e abbandonato. Con il “Sex Orienteering” è possibile analizzare 4 parametri utili ad inquadrare la sessualità: corpo, mente, comportamento e affettività»
Le emozioni sono amplificate, i problemi appaiono irrisolvibili. L’adolescenza è un periodo burrascoso, non solo per la miriade di nuove esperienze e “prime volte”, ma anche perché è l’età in cui avviene il maggiore sviluppo evolutivo del cervello, da bambino ad adulto. «In adolescenza si realizzano la definizione dell’identità e dell’orientamento sessuale, lo sviluppo della funzione sessuale e la sperimentazione dei primi rapporti di coppia – spiegano a Sanità Informazione Emma Acampora e Carlo Alfaro, pediatri ospedalieri presso l’Unità operativa complessa di Pediatria degli Ospedali Riuniti Stabiesi e soci Amigay aps, l’associazione nazionale delle problematiche sanitarie delle persone Lgbt+ -. Benché identità e comportamenti della vita sessuale da adulto traggano le loro radici nell’infanzia, sin dall’epoca perinatale, è in adolescenza che la questione sessuale diventa centrale nel costrutto dei pensieri e nelle relazioni sociali».
Il medico-pediatra dovrebbe sempre tener conto del fatto che il suo paziente appartenere al gruppo LGBTQIA+ (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer, Intersessuali, Asessuali) e sapere come gestire la sua sessualità. «Può farlo – dice Acampora – attraverso il Sex Orienteering, uno strumento di screening per le persone Lgbt+ approvato dalle linee guida della World Psychiatric Association 2016, riconosciute in Italia dalla Società Italiana di Psichiatria».
«Accogliere un adolescente dando per scontato identità e orientamento sessuale del paziente – aggiunge Alfaro – potrebbe farlo sentire escluso, ignorato, abbandonato, come se la sua condizione non avesse dignità di esistenza, oppure ghettizzato, marchiato. Il professionista deve subito mettere in chiaro, in modo semplice, che il suo compito come sanitario non sarà mai quello di giudicare o riferire quanto condiviso e trasmettere un atteggiamento friendly e accogliente. Le persone Lgbt+ rappresentano circa il 10% della popolazione, ma non è una minoranza omogenea, sia per quanto riguarda le intrinseche caratteristiche delle categorie incluse nel gruppo, sia per la profonda differenza tra chi vive apertamente la propria condizione e chi non lo fa».
L’adolescente può trovarsi in una delle varie fasi del percorso di riconoscimento e accettazione della propria identità, di conseguenza il ruolo del medico dovrebbe essere quello di aiutarlo a superare confusione, negazione, vergogna, auto-svalutazione, paura, isolamento, stress. Il “Sex Orienteering” è un’indagine che si basa sull’analisi di 4 parametri utili ad inquadrare la persona dal punto di vista della sessualità: corpo, mente, comportamento e affettività.
«Il tuo corpo appartiene al genere maschile, femminile o altro? È questa la prima domanda del Sex Orienteering – dice la pediatra -. Per la maggioranza delle persone è maschile o femminile, ma esistono soggetti intersessuali per la presenza di elementi dell’uno e dell’altro genere (genetici, cromosomici, anatomici, morfologici). Alcuni sono diagnosticati alla nascita (genitali ambigui o atipici), altri si manifestano alla pubertà (mancato o anomalo sviluppo puberale)».
La seconda domanda è: a quale genere senti di appartenere, a prescindere dal sesso assegnato alla nascita? «L’identità di genere è il processo tramite cui la persona riconosce, aderisce o si distanzia dalle caratteristiche tipiche del genere maschile o femminile. Le persone “Cisgender” ritengono congruente sesso e identità di genere. I “Gender Variant” si riconoscono nel genere opposto a quello assegnato alla nascita o in un genere non binario – spiega Acampora -. Non si usa “Transgender” nei minori perché molti “desistono” dal convincimento di appartenere a un genere diverso dal sesso assegnato alla nascita nel passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza».
Il terzo quesito riguarda il comportamento: il tuo si adegua a quello atteso per il tuo genere o se ne discosta? «Il comportamento virago-androgino-effeminato è innato quanto quello conforme al genere per le persone Cisgender: gli adolescenti Lgbt+ cercano solitamente di modificarlo, per adeguarlo agli stereotipi maschili e femminili», aggiunge Alfaro.
L’interrogativo numero 4 riguarda l’affettività: verso chi rivolgi il tuo desiderio e i tuoi sentimenti? «Negli adolescenti è comune la bisessualità, intesa come possibilità di amare o desiderare persone di entrambi i sessi o di ogni genere o comportamento. Anche se l’età dei primi rapporti intimi è sempre più bassa, la sessualità dell’adolescente non va distinta dall’affettività e dal romanticismo, perché tutti sono elementi fondamentali nella costruzione del progetto di vita, come delle relazioni sociali», dice lo specialista.
Benché sia una tecnica riconosciuta a livello mondiale, è ancora molto poco diffusa: «È importante – commenta Acampora – che, attraverso l’indagine sulla sua natura, il medico mostri all’adolescente di accoglierlo senza pregiudizio e, nel caso si identifichi come Lgbt+, sia disposto e pronto a stabilire con lui una solida alleanza terapeutica che sia funzionale alle sue esigenze di benessere psicologico e qualità della vita».
Non individuare gli adolescenti bisognosi di aiuto li espone a rischi non trascurabili: «Le prime discriminazioni sono spesso percepite innanzitutto all’interno delle mura domestiche – dice Alfaro -. Sono proprio i familiari a far sentire il giovane inadeguato, con il risultato di aumentare il rischio di Minority Stress (lo stress a cui sono sottoposte le minoranze discriminate). Il comportamento è l’aspetto che più genera discriminazione, violenza e bullismo. Ma – conclude il pediatra – cercare di cambiare quanto predisposto dalla natura non è possibile».
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