Salute 9 Dicembre 2020 10:22

Intervista ad Adriana Albini, unica scienziata italiana nella lista Bbc di chi sta guidando il cambiamento post-Covid

La docente di Patologia generale all’università Milano Bicocca, studia il natural killer e dice «in futuro sempre più smart-working, vita sana e attenzione alle comorbilità». È tra le cento donne più influenti al mondo in questo 2020

di Federica Bosco
Intervista ad Adriana Albini, unica scienziata italiana nella lista Bbc di chi sta guidando il cambiamento post-Covid

Scienziata, docente e nel tempo libero appassionata di scherma, Adriana Albini è l’unica italiana tra le 100 donne più influenti al mondo e l’unica italiana ad essere inserita dalla Bbc nell’elenco di coloro che stanno guidando il cambiamento post Covid. La docente di Patologia generale dell’Università Milano Bicocca e presidente del Top Italian Women Scientists, il club delle scienziate italiane più citate in campo biomedico, è anche la prima italiana ad essere inserita nel Board of Directors di una delle associazioni di ricerca oncologica più prestigiose al mondo, la American Association for Cancer Research.

Dare una mano ad altre donne nel cambiamento 

«Questo riconoscimento rappresenta una grande soddisfazione per me – ammette sorridendo la dottoressa Albini, in collegamento dal suo studio milanese –, è un panel formato da donne che dovrebbero dare una mano ad altre donne nel cambiamento». Moglie e madre di due figli, Albini racconta di essere riuscita a coniugare professione e famiglia grazie alla collaborazione del marito, anch’esso scienziato, e al welfare americano, che negli anni delle sue gravidanze non l’ha penalizzata, ma ha riconosciuto la sua maternità come valore aggiunto alla carriera. Un atteggiamento che l’ha proiettata verso i traguardi raggiunti e che oggi le permette di avere una marcia in più in questa battaglia contro un nemico invisibile come Covid-19.

Una squadra per scovare il natural killer

«Il cambiamento può essere di vario tipo – riprende – essenzialmente puntiamo ad essere pronte ad affrontare altri virus e altre pandemie velocemente, con tutte le misure di sicurezza disponibili. È fondamentale avere anche un legame con la medicina del territorio – analizza -. Riuscire più rapidamente a raccogliere i dati della ricerca e proiettarci in una dimensione più tecnologica, cercando di lavorare molto con internet, con i collegamenti internazionali, e quindi anche lo smart-working può in un certo modo aiutarci a salvare il pianeta».

«Da un lato, infatti, possiamo avere minor impatto nei viaggi, nei trasporti, nella logistica, nell’affollare uffici, nello spendere per riunioni; dall’altra, siccome la presenza è fondamentale, dobbiamo imparare ad adottare entrambe le modalità», aggiunge.

Un lavoro di ricerca che Albini ha affrontato con una squadra di colleghi con cui vuole condividere il riconoscimento ottenuto. «Ci sono due ambiti che accompagnano il mio viaggio professionale e in particolare questa fase – racconta – uno è l’attenzione alle sostanze che possono essere importanti per la prevenzione dei tumori, come piante e cibi naturali, e questo concetto si lega alla capacità di intercettare una malattia complessa nella fase primordiale. L’altro è l’attenzione alle infiammazioni che ci hanno permesso di riconoscere una cellula del sistema immunitario che si chiama natural killer e che dovrebbe occuparsi di colpire tumori, virus e batteri».

Il Covid non deve far dimenticare malattie oncologiche e cardiovascolari

Traguardi importanti che possono essere determinanti anche alla luce di quel cambiamento preventivato nell’anno della pandemia, come ha rimarcato la scienziata milanese, secondo la quale occorre fare tesoro dell’esperienza e migliorare alcuni comportamenti. «Dobbiamo innanzitutto dare un senso ai numeri, ovvero non dobbiamo dimenticare che la mortalità cardiologica e vascolare rimane più alta di quella da Covid quindi quando siamo arrivati a conteggiare 50mila morti per il virus, occorre tenere presente che nel 2020 sono previsti 180mila morti per malattie oncologiche e 260mila morti per patologie cardiovascolari».

«Il che significa cercare una soluzione a Covid – prosegue – ma non per questo dimenticare tutte le altre patologie ancor più letali. A questo proposito è fondamentale imparare a non trascurare le comorbilità, perché il virus uccide principalmente persone che hanno già problemi di salute in corso come l’ipertensione, il diabete o la sindrome metabolica, che non devono essere trascurati. Quindi, in prospettiva futura, sarà fondamentale occuparsi di queste malattie, considerandole tali, dando loro la giusta rilevanza perché se trascurate possono avere conseguenze letali».

 

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