Quella fame d’aria che non passa anche dopo aver superato il virus: il long Covid per molti significa affanno respiratorio per settimane. Con lo pneumologo Mauro Carone analizziamo le categorie più colpite e le terapie a disposizione
La vita dopo Covid-19 non è uguale per tutti. Alcuni si riprendono in fretta e senza conseguenze, altri affrontano quello che è stato definito long Covid con sintomi a volte invalidanti che ricalcano quelli della malattia. I più frequenti in assoluto sono l’affanno respiratorio e la stanchezza, ma sono anche descritti dolori vari, muscolari, articolari, respiratori, perdita di olfatto e gusto, secchezza di occhio e bocca, senso di vertigine, sintomi cognitivi quali deficit dell’attenzione o della memoria, depressione ed ansia, annebbiamento mentale (brain fog), eruzioni cutanee, acufeni, tachicardia e perdita di capelli.
Dopo la sindrome da stanchezza cronica, affrontiamo il secondo fenomeno più riportato: l’affanno respiratorio o dispnea. Per fare luce Sanità Informazione ha incontrato il prof. Mauro Carone, presidente eletto AIPO (Associazione italiana pneumologi ospedalieri) e direttore dell’IRCCS Maugeri di Bari.
Dopo Covid-19 la maggior parte dei pazienti recupera in 3-4 settimane, il 15-20% lamenta sintomi per tempi più prolungati (ongoing Covid infection), tra le 4-12 settimane. Dopo le 12 settimane si parla più propriamente di sindrome post Covid-19. Dalle quattro settimane in poi ciò che riferiscono i pazienti si può definire long Covid.
«L’affanno respiratorio, più propriamente la dispnea – spiega l’esperto – si manifesta come evidente difficoltà respiratoria. È descritta dai pazienti come fame d’aria, sensazione di non respirare adeguatamente, difficoltà a prendere fiato, fiato corto, dolore durante la respirazione».
In realtà, aggiunge, ogni paziente la riferisce in maniera differente: «Abbiamo persone con patologie importanti post Covid che hanno desaturazione da sforzo, quindi perdono ossigeno sotto sforzo, ma che hanno affanno scarsissimo. Altre che, in condizioni buone di saturazione, riferiscono affanno importante».
L’affanno si può presentare anche in pazienti con un’infezione lieve e che non avevano necessitato di ricovero. «Le donne con meno di 60 anni di età hanno il doppio di probabilità di essere colpite da long Covid rispetto agli uomini di pari età, specie se affette da asma o altre malattie respiratorie croniche. Dopo i 60 anni però il rischio diventa simile a quello degli uomini». Età avanzata e sovrappeso influiscono allo stesso modo su chi rileva dispnea, così come la percentuale di persone che nei primi giorni di infezione ha riportato almeno cinque sintomi tipici.
«Quello che possiamo tentare di trattare è il danno d’organo causato dall’infezione da coronavirus, ad esempio il danno polmonare – specifica Carone -. Per il long Covid si ipotizza una eccessiva risposta immunitaria. Si pensa che il virus determini mimetismo molecolare, cioè abbia alcuni elementi in comune con componenti dell’organismo. A causa di ciò la risposta immunitaria contro il virus poi può rivolgersi anche contro alcuni organi o tessuti del nostro organismo, l’autoimmunità. Se questa ipotesi sarà poi confermata potrebbe anche spiegare la maggior frequenza di long Covid nelle donne, già normalmente maggiormente soggette a malattie autoimmuni».
«Per la dispnea persistente – aggiunge – vi è poi un’altra ipotesi: sembra che vi sia una particolare interazione tra la famosa proteina Spike del virus e le cellule presenti nelle vie aeree. Questa interazione potrebbe causare alterazioni prolungate dell’espressione genica delle cellule delle vie aeree e, conseguentemente, disturbi respiratori».
Si può curare questa fame d’aria e quanto dura? Sono queste le domande che tutti i pazienti che ne soffrono si pongono ogni giorno. «Ciò che mi sento di generalizzare è l’utilizzo di protocolli riabilitativi, soprattutto se gestiti tramite una equipe multidisciplinare. In particolare, l’uso di esercizi aerobici nel long Covid può migliorare l’immunità e la funzionalità respiratoria. Sono altresì utili esercizi di respirazione controllata in grado di ridurre il livello di dispnea, gli esercizi di mobilizzazione e di rinforzo dei distretti articolari».
Nella maggior parte dei casi l’affanno respiratorio è un disturbo temporaneo, rassicura il presidente eletto AIPO. Resta opportuno però rivolgersi al proprio medico curante e, su sua indicazione, a una clinica long Covid. Oppure alle strutture dove è stato istituito un Day Service ambulatoriale (PACC Percorso ambulatoriale complesso e coordinato) dedicato al follow up nel tempo dei pazienti post-Covid. Come avviene a Bari dove opera il prof. Carone.
Qui si valuterà la necessità di ossigenoterapia, di riabilitazione, di supporto psicologico per i pazienti con disturbi neurocognitivi o simili al disturbo da stress post traumatico. Nonché l’utilità di farmaci specifici quali gli steroidi, gli anticoagulanti, gli antibiotici e gli antifibrotici.
«Ai pazienti – conclude l’esperto – dico che non bisogna disperare, ma chiedere aiuto. Ai colleghi professionisti che dobbiamo prendere in carico meglio il paziente per aiutarlo a recuperare tutte le proprie funzioni, ascoltarlo fino in fondo».
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