Per il presidente del Collegio Italiano dei Chirurghi, che ha organizzato cun convegno sul tema, il fenomeno è collegato anche a «un momento di particolare criticità» che sta vivendo il sistema sanitario. Il deputato-ortopedico Misiti (M5S): «Maggioranza ha dovere di raccogliere suggerimenti che arriveranno sul tema»
Riconoscimento del ruolo di pubblico ufficiale ai camici bianchi, istituzione di una giornata per dire “no” alla violenza contro il personale sanitario e istituzione di un Registro specifico per le segnalazioni delle aggressioni. Sono i tre punti principali della proposta di legge contro il fenomeno delle aggressioni ai medici redatta da Marina Cannavò, Responsabile del centro studi del Tribunali dei diritti e dei doveri del medico, e fatta propria dal Collegio Italiano dei Chirurghi che ha organizzato il convegno “Aggressione ai sanitari, un fenomeno sociale?”, a cui hanno aderito politici, sindacalisti e camici bianchi.
«Noi siamo in prima linea – spiega Filippo La Torre, Presidente CIC – viviamo il fenomeno nei grandi ospedali così come nei piccoli, lo vivono anche gli operatori sanitari del territorio che non hanno possibilità di essere sottoposti a vigilanza. I numeri sono cresciuti in maniera esponenziale e a mio giudizio sono legati anche a un sistema sanitario che vive un suo momento particolare di criticità legato al mancato turn over».
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Un fenomeno, quello della violenza degli operatori, che ha spinto anche il Ministro Giulia Grillo ad intervenire con un disegno di legge ad hoc che inasprisce le pene, proposta che si accompagna a quelle di altri parlamentari come il Ddl della vicepresidente della Commissione Affari Sociali Michela Rostan (LeU) e quello di Maria Teresa Bellucci (FdI).
«Anche il mondo dei chirurghi – continua La Torre – sente questo problema perché il chirurgo offre un particolare tipo di offerta sanitaria al paziente, viene visto come una sorta di ‘salvavita’. Nel momento in cui l’azione ha qualche risultato che non è soddisfacente da parte dell’utente si rischia di andare incontro a fenomeni di rivalsa che non devono essere violenti. Tuttavia l’aggravamento delle pene non è sufficiente, bisogna modificare la figura dell’operatore sanitario».
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L’appello è stato raccolto dal mondo politico e sindacale presente al convegno, da Guido Quici presidente di CIMO, a Federica Dieni, vicecapogruppo M5S alla Camera e Sara Foscolo (Lega). Anche Carmelo Massimo Misiti, Cinque Stelle e ortopedico, da medico-parlamentare sente molto vicino il tema: «O mettiamo un presidio fisso di pubblica sicurezza negli ospedali o quantomeno inaspriamo le pene nei confronti di chi aggredisce il sanitario o gli esercenti la professione sanitaria», spiega Misiti a Sanità Informazione, non escludendo anche che si possa arrivare all’estensione della qualifica di pubblico ufficiale al personale medico: «Di fatto c’è già articolo del Codice penale secondo cui chi esercita la professione sanitaria è un pubblico ufficiale. Bisogna soltanto applicarlo. Le forze governative devono cercare di raccogliere tutti quelli che sono i suggerimenti che arriveranno». Per Misiti fermare le aggressioni è anche cercare di fermare l’emorragia di camici bianchi dal servizio pubblico: «Non penso che soltanto aumentando la tutela dei medici si possa avere questo tipo di autolimitazione dell’esodo dalle strutture pubbliche. Però è certo che una tutela del medico favorirebbe una maggiore partecipazione dell’attività sanitaria pubblica rispetto a quella del privato».