Il segretario regionale Vincenzo Bencivenga: «Le aggressioni sono infortunio su lavoro, con Inail stiamo lavorando per istituire un osservatorio ad hoc». Maurizio Cappiello (Direttivo Nazionale): «Al vaglio due proposte di legge, auspichiamo certezza della pena per questi reati»
Insulti, minacce, aggressioni. Non c’è pace per il personale sanitario italiano, capro espiatorio di un sistema le cui lacune assistenziali si ripercuotono, paradossalmente, su chi quell’assistenza si impegna quotidianamente a fornirla. In Campania il problema delle aggressioni al personale sanitario raggiunge dimensioni preoccupanti. Un corto circuito culturale che è necessario spezzare: non si tratta più solo di garantire agli addetti ai lavori tranquillità professionale. Sempre più spesso ad essere a rischio è la mera incolumità fisica. Sanità Informazione ha indagato le cause di questo fenomeno e le possibili soluzioni, a livello sociale ed istituzionale, insieme ai dottori Vincenzo Bencivenga, segretario regionale Anaao Assomed Campania e Maurizio Cappiello, Direttivo Nazionale Anaao Assomed, entrambi impegnati in prima linea nel combattere questo problema agendo su due fronti: sensibilizzare l’opinione pubblica ed esortando il legislatore ad adottare misure concrete.
Il problema delle aggressioni ai medici e al personale sanitario è radicato soprattutto nel Sud Italia. Perchè?
Cappiello: «Il problema è trasversale, interessa tutto il Paese ma in particolare la Campania e la città di Napoli. C’è purtroppo un vero e proprio cortocircuito culturale, ossia una serie di condizioni che rendono l’opinione pubblica avversa e ostile verso chi rappresenta le istituzioni. Ci sono delle spiegazioni che, lungi dal rappresentare delle giustificazioni possono aiutare a comprendere il fenomeno. Fenomeni che avvengono nella maggior parte dei casi in strutture adibite alle emergenze, quindi i Pronto soccorso, e nei reparti psichiatrici. Una delle spiegazioni è sicuramente il sovraffollamento dei PS che dilata inevitabilmente i tempi di attesa dei codici a bassa priorità (bianchi e verdi). Questo tempo si trasforma in rabbia e la rabbia si trasforma in aggressione».
Quali potrebbero essere le soluzioni da apportare sul lungo e sul breve periodo per contrastare questo fenomeno?
Bencivenga: «La nostra idea è innanzitutto quella di sensibilizzare l’utenza. Chi va in un luogo per essere aiutato non dovrebbe aggredire chi quell’aiuto cerca di offrirlo. A brevissimo termine potenziare l’attività delle guardie giurate presenti nelle strutture, così come poter utilizzare telecamere a circuito chiuso. È obbligo del datore di lavoro proteggere i propri dipendenti e quindi far scattare da subito, senza necessità di querela di parte, la denuncia per questo tipo di reati. Da qui la proposta di Anaao Campania, portata avanti da Anaao Nazionale con un disegno di legge depositato in Senato ed ora al vaglio delle istituzioni: la possibilità che il personale sanitario, nell’esercizio delle proprie funzioni, venga dichiarato pubblico ufficiale, cosicchè la denuncia in caso di aggressione possa scattare in automatico. A proposito del monitoraggio di questo fenomeno, è importante precisare che l’aggressione subìta è un vero e proprio infortunio sul lavoro, e come tale preso in carico dall’Inail. Proprio l’Inail, a livello regionale e nazionale, evidenzia le mancate denunce all’ente da parte delle persone aggredite. Noi ci siamo fatti promotori, insieme ai rappresentanti dell’Inail, di una proposta di legge regionale per istituire un Osservatorio regionale sulle aggressioni in sanità».
Come ci si sta muovendo a livello istituzionale per contrastare questo fenomeno?
Cappiello: «Oltre alla già citata proposta di legge fatta nel luglio 2018 da parte dell’on. Michela Rostan, vicepresidente della Commissione Affari Sociali alla Camera – sull’approvazione della qualifica di pubblico ufficiale per il personale sanitario nell’esercizio delle sue funzioni, attualmente è in fase istruttoria un ulteriore disegno di legge incardinato nell’attività della Commissione Igiene e Sanità, il quale però non ci soddisfa in toto perchè punta sull’inasprimento delle pene per coloro che si macchiano del reato di aggressione al personale sanitario. Quello a cui noi puntiamo, invece, non è l’inasprimento delle pene, ma una maggiore certezza della pena, in cui ravvisiamo un deterrente più forte verso questo tipo di reati».