Cristina Patrizi (Consigliere OMCeO Roma) ha coordinato un corso sul tema: «Medici “front-office” di tanti problemi: mancanza di cultura, liste d’attesa interminabili e una spaventosa carenza di organico aggravano il lavoro di Pronto soccorso e ambulatori di primo intervento». Intanto si è svolto il primo incontro tra assessore regionale D’Amato, il Prefetto di Roma e il Presidente dell’Ordine
«Chiediamo che le aziende sanitarie lavorino a fianco dei professionisti che denunciano e si facciano parte attiva e vigile monitorando a sei mesi tutte le situazioni di rischio di cui è a conoscenza, che vanno dalle postazioni di continuità assistenziale ai presidi di Pronto soccorso». Cristina Patrizi, Consigliere dell’OMCeO Roma, è stata la coordinatrice di un corso ECM dal titolo eloquente: “No alla violenza contro medici e operatori sanitari” che si è svolto all’Ordine dei Medici di Roma. Un tema molto caldo anche alla luce dei continui episodi che si susseguono in tutta Italia e che hanno messo in allarme tutti gli operatori del settore. Dal corso, che ha visto anche la testimonianza di Serafina Strano, la dottoressa del presidio di Trecastagni (Catania) violentata lo scorso settembre, sono emerse delle proposte in particolare riguardo al tema delle aggressioni, fisiche e verbali, agli operatori.
I numerosi atti violenti contro il personale medico e infermieristico rappresentano un’emergenza di cui è ben consapevole il Presidente dell’OMCeO Roma Antonio Magi: «La violenza contro medici e professionisti sanitari spesso riguarda le donne (guardie mediche ed operatori di pronto soccorso in primis): nei giorni scorsi abbiamo affrontato la questione con l’Assessore alla sanità ed i direttori generali delle Asl di Roma e provincia, in quanto questi avvenimenti accadono in strutture sanitarie ed è compito del datore di lavoro proteggere i lavoratori. Allo stesso modo, si tratta di una seria problematica che va discussa con i medici e gli operatori stessi, avviando un confronto su analisi e proposte concrete per cercare di – commenta Antonio Magi -. Insieme all’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, abbiamo incontrato il Prefetto di Roma, Paola Basilone, per concordare un piano di sicurezza e verificare l’effettiva presenza delle forze dell’ordine nei presidi sanitari. Inoltre, è stato fatto il punto sulla situazione per studiare una strategia comune per contrastare un fenomeno in preoccupante aumento», specifica. Un incontro in cui è stato fatto il punto della situazione e che sarà seguito da altri appuntamenti.
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È opportuno «realizzare una campagna informativa rivolta ai cittadini per un’educazione “culturale” del paziente. In una struttura sanitaria pubblica ci sono medici a nostra disposizione, è vero, ma a cui va portato il rispetto che meritano», ricorda il Presidente dell’Ordine capitolino.
Non è sufficiente condannare, è quanto mai necessario pianificare delle strategie per fermare l’escalation di violenza ormai quotidiana ai danni di professionisti che si impegnano, anche tra tante difficoltà, per garantire il diritto alla salute e all’assistenza a tutti i cittadini. Le soluzioni vanno individuate assicurando il necessario livello di sicurezza negli ospedali: «posti di polizia nei Pronto soccorso, attività di sorveglianza fisica e videosorveglianza», propone il presidente Magi.
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Strategie individuate anche dal consigliere dell’OMCeO Roma Cristina Patrizi: «Abbiamo presentato un documento al presidente Magi e a tutto il consiglio con i punti che riteniamo siano essenziali da perseguire per contrastare efficacemente questa deriva vergognosa – spiega a Sanità Informazione – Tutti gli operatori del servizio sanitario pubblico (medici, infermieri, assistenti sociali, psicologi) sono spesso vittime di attacchi a causa di gravi carenze organizzative e strutturali del sistema che i medici subiscono essendo un front-office di una serie di problemi: liste d’attesa interminabili per un sottorganico spaventoso di professionisti, mancanza di cultura del corretto utilizzo del SSN aggravano il lavoro pesantissimo di Pronto soccorso e ambulatori di primo intervento». Nella maggior parte dei casi i camici bianchi che denunciano un’aggressione sono lasciati soli: «Una violenza verbale deve essere di pari dignità di quella fisica, seppure con livelli di gravità diversa. Il SSN ha subìto un danno e deve intervenire in prima persona. Per questo, chiediamo che le aziende lavorino a fianco dei professionisti che denunciano e si facciano parte attiva e vigile monitorando a sei mesi tutte le situazioni di rischio di cui è a conoscenza, che vanno dalle postazioni di continuità assistenziale ai presidi di Pronto soccorso che devono essere idonei affinché i professionisti possano esplicare il loro lavoro in modo sicuro – sottolinea la dottoressa Patrizi – Chiediamo, inoltre, che le procedure aziendali per la segnalazione degli eventi sentinella siano implementate e portate all’attenzione di tutto il personale infermieristico, medico e convenzionato. Molti dei medici aggrediti, infatti, sono ai margini del sistema, perché si tratta di professionisti convenzionati e non dipendenti», conclude la dottoressa Patrizi.