Il segretario della Cisl Medici Lombardia rilancia il modello dei ‘presidi territoriali’ per decongestionare i Pronto soccorso come durante l’Expo: «Chi deve lavorare, deve essere sereno e dedicarsi a chi sta male veramente, non ai codici bianchi o verdi che possono e devono essere gestiti sul territorio»
Tre aggressioni al giorno, oltre 1200 casi negli ultimi 9 mesi di cui 456 al Pronto Soccorso, 400 in corsia e 320 negli ambulatori. Numeri preoccupanti resi noti dall’Inail che, nella giornata nazionale contro le aggressioni agli operatori sanitari celebrata il 12 settembre, riaccendono i riflettori su un tema particolarmente delicato. Da un lato aumentano le aggressioni, dall’altra prosegue l’emorragia di camici bianchi e paramedici. Una combinazione di eventi che rischia di piegare la sanità pubblica. Perché tutto ciò non accada, Ordini professionali e sindacati lanciano appelli e suggeriscono soluzioni alle istituzioni. E così dopo il tweet di Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, che chiede al Ministro Speranza più coraggio per affrontare quella che definisce «un’emergenza sociale», si sono fatti sentire anche i sindacati con Danilo Mazzacane, segretario generale Cisl Medici Lombardia che ha puntato il dito su alcuni aspetti di primo piano: «I medici dovrebbero avere la qualifica di pubblico ufficiale – esordisce mettendo subito in campo idee e soluzioni – questo indurrebbe la gente ad avere un atteggiamento più rispettoso in attesa di risolvere un problema giuridico connesso. Infatti, in Italia ci sono le leggi, ma non vengono applicate e quindi oggi non c’è la certezza della pena».
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Esistono poi tutta una serie di correttivi elencati da Mazzacane che dovrebbero essere messi in atto per rendere più agevole il ruolo di medici e paramedici. «La gente è spaventata perché esiste un eccesso di medicalizzazione e vorrebbe tutto, subito e gratis. Da questo punto di vista sarebbe opportuno fare un programma di educazione sanitaria che dovrebbe iniziare sin dall’età scolare per formare una certa coscienza. D’altra parte occorre anche tenere sempre ben presente che nonostante tutte le difficoltà della categoria (turni massacranti, livelli di stress elevati, richieste di produttività, mancanza di sicurezza sul lavoro per la propria persona, stipendi non adeguati a causa del mancato rinnovo dei contratti), il sistema sanitario italiano funziona ancora e gli operatori con grande abnegazione si adoperano per farlo funzionare – dichiara il segretario generale di Cisl Medici Lombardia – ma esiste un problema organizzativo perché se le statistiche dicono che a livello di Pronto soccorso l’80% dei pazienti sono codici bianchi e verdi, per le indicazioni che vengono date sulle priorità di visita, va da sé che occorre cambiare registro. Oggi però il cittadino finisce al Pronto soccorso perché a livello territoriale non c’è una struttura di riferimento – ammette Mazzacane – e quindi le varie riforme sanitarie, come il Patto della Salute, che avrebbero dovuto andare in quella direzione, per lo più sono rimaste inespresse».
«Chi deve lavorare, deve essere sereno e dedicarsi a chi sta male veramente, non ai codici bianchi o verdi che possono e devono essere gestiti sul territorio – commenta il segretario di Cisl Lombardia – e questo comporta la necessità di investire più risorse in quella prospettiva».
Una riorganizzazione delle strutture, secondo i sindacati, dovrebbe quindi prevedere fuori dal Pronto Soccorso, ambulatori che lavorano dalle 8 alle 20 dove medici di medicina generale e specialisti ambulatoriali possano dare le risposte necessarie ai pazienti. «In Lombardia era stato fatto qualcosa nel 2015 in concomitanza di Expo – ricorda Mazzacane -. Era stato creato un ambulatorio a Rugabella per soddisfare in un primo momento le esigenze dei turisti, ma a disposizione anche dei residenti con medici di medicina generale e specialisti nelle branche più importanti. Un progetto che ha funzionato, ma purtroppo concluso Expo, non è più stato riproposto. Questa potrebbe essere la soluzione, si potrebbero chiamare ‘presidi territoriali’. Oggi a Milano ci sono 22 poliambulatori in parte fatiscenti e con poco personale. Piuttosto che averne 22 così, se ne potrebbero fare dodici, la città si dividerebbe in quattro grandi zone, mettendo un poliambulatorio hub in ognuna di esse con medici di medicina generale. Intorno al poliambulatorio si metterebbero poi tre piccoli Spock di supporto al poliambulatorio con specialisti come oculista, cardiologo e otorino con la strumentazione necessaria per eseguire anche i primi esami diagnostici. In questo modo si risolverebbero due problemi: code interminabili ai Pronti Soccorsi e liste di attesa per gli esami più brevi».